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Perdere o guadagnare le stelle

Deve essere un dramma insuperabile per uno chef di rango perdere un gallone conquistato con tanta fatica e sudore della fronte.

Sarà capitato chissà a quanti vedersi togliere un cappello, una forchetta, una stella, e altri fregi simili che valgono come riconoscimento e testimonianza del valore sul campo, il campo della cucina. E che pianti e stridor di denti, un vero inferno da quel momento. Ma se dal vero Inferno non c’è salvezza, la vita culinaria offre ogni anno possibilità di riscatto, e prima o poi i galloni si possono riguadagnare.

Basta impegnarsi, e come si impegnano le centinaia di aspiranti ad una coroncina da esibire nel curriculum! Non è poca fatica spremere le meningi per trovare un piatto da rivisitare, sperimentare accostamenti nuovi e sempre più audaci, studiare chimica, botanica, architettura, e financo fisica, per realizzare un piatto con qualcosa dentro che mandi in estasi l’avventore.
E poi trasmettere tutto il sapere agli aiutanti chef, i quali alla fin fine sono gli autori materiali della realizzazione di ciò che va sulle tavole, mentre magari il boss titolare è in giro per il mondo a inaugurare altri ristoranti o in tv a fare show cooking.

Un continuo stress per la brigata di cucina. Se qualcuno sgarra, la frittata è fatta! A chi andrà la colpa del voto negativo?

D’altro canto, se la promozione o la riconferma arrivano, ne godono tutti, lo chef di più, osannato per tutto l’anno, corteggiato e invitato a destra e a manca, lasciando la cucina in mano ai fidati sottoposti, così riprendono le danze, in attesa delle incursioni, attese, dei soli noti critici gastronomici.

Stella che va, stella che viene, e se vogliamo dirla tutta, intorno ai gradi assegnati dalle svariate Guide gira una marea di sponsorizzazioni. Perdere una stella (o quello che sia) spesso rappresenta soprattutto un danno economico, oltre che all’immagine, per il locale.

Come se i problemi dell’umanità fossero questi!

Maura Sacher


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