Tribuna

Incontri di affari a tavola – 3 parte, cosa si mangia in un pranzo d’affari?

Precedentemente ho scritto che, nell’invitare qualcuno a trattare di affari attorno ad una tavola anziché davanti ad una scrivania, è bene aver già selezionato un posto dove il cibo è di buona qualità e il servizio affidabile, con una particolare attenzione all’ubicazione del locale, perché dove si mangia corrisponde anche a “cosa” si mangia.

Ma soprattutto il locale scelto corrisponde all’idea che l’invitante ha dell’invitato, ma sarebbe meglio che corrispondesse allo stile di chi invita, giacché è lui che deve condurre il gioco.

Se già non è facile non lasciare sconcertati o diffidenti il proprio interlocutore d’affari davanti ad una proposta d’incontro “extra moenia”, tuttavia, ci sono casi in cui entrambi concordino sull’opportunità di trovarsi in ambiente neutro, magari al solo fine di non mettere in soggezione l’interlocutore. E, sotto sotto, allo scopo di studiarlo nella sua personalità più profonda, giacché davanti ad una tavola imbandita tutti noi possiamo rivelare lati vulnerabili e liberarci da preconcetti.

Se si conosce bene l’ospite si può optare per un locale più adatto ai suoi gusti, per età o abitudini alimentari, ma non si faccia l’errore di credere che, se l’invitato è maggiore di età, debba per forza apprezzare un menù di cucina tradizionale, come del resto se è più giovane vada matto per l’esotico, oppure se si tratta di una donna che costei sia a perenne dieta vegetariana.

Nel dubbio si opti per un locale con la maggiore varietà di pietanza alla carta e chi ospita si adatterà alle esigenze del proprio commensale. Altrettanto faranno gli eventuali accompagnatori.

Tutto inizia con il menù davanti, prima di tutto l’invitante chieda all’ospite se ha delle preferenze e lo si lascia studiare le pietanze della carta. Nel caso lui scelga una pietanza di ogni portata, pasto completo, e noi, invece, siamo abituati diversamente specie in giornata di lavoro, non faremo una piega, magari scegliendo dalla lista i piatti più “leggeri”. Non possiamo saltarne uno per due motivi: per non dare l’impressione di voler risparmiare sul conto e in secondo luogo perché non è carino per l’ospite mangiare da solo e per di più osservato.
Oppure lo si sentirà dire “Io salterei il primo e prenderei solo un secondo con dei contorni”, mentre il menù ha stimolato il nostro appetito. Viso a buon gioco, in fondo siamo lì per condurre delle trattative d’affari non per riempire lo stomaco.

Non è disdicevole bere alcol (aperitivo, vino, frizzantino) in un incontro d’affari, qualunque sia il luogo scelto, e accompagnare il pasto con una bottiglia di vino normalmente è indispensabile oltre che gradito. Potrebbe capitare che il privilegiato commensale si dichiari astemio, non c’è problema: mentre quello berrà acqua, una bottiglia di vino starà legittimamente in tavola per noi, il vino è una bevanda sacra. Tuttavia, non si esagererà con i bicchieri, l’organizzatore dell’incontro deve restare lucido per ottenere lo scopo prefissato. Il pranzo di lavoro è pur sempre un pranzo di lavoro.

Un ultimo cenno al “brindisi”: non si brinda all’inizio del pasto, pur se il gesto augurale è nelle abitudini di mezzo mondo, il brindisi è ammesso solo per festeggiare la positiva conclusione dell’affare.

donna Maura


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