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Bollicine estreme, una dichiarazione d’amore

Bollicine estreme, una dichiarazione d'amore Il sommelier professionisa Marcello Carli ha dedicato agli spumanti metodo classico del Trentino

Bollicine estreme, una dichiarazione d’amore

copertina bollicine estreme

Il sommelier professionisa Marcello Carli ha dedicato agli spumanti metodo classico del Trentino un elegante volume ricco di illustrazioni e racconti con le recensioni di 70 cantine.

 

Una dichiarazione d’amore, vibrante, appassionata, coinvolgente. E, manco a dirlo,  spumeggiante visto che parliamo di bollicine.

 

In questo caso di “Bollicine Estreme” come recita il titolo dell’elegante volume in carta patinata e cofanetto che Marcello Carli ha dedicato agli spumanti di montagna del Trentino. 

La profezia di Veronelli: “Il Trentino diventerà la Champagne d’Italia”

Miglior aedo il Trentino non poteva trovare per esaltare gli spumanti di un territorio unico al mondo per vocazione spumantistica.

Alvise Spagnolli presenta Disìo spumante di montagna (Cimone)

D’altronde lo aveva pronosticato negli anni Settanta del secolo scorso anche Gino Veronelli quando, incontrando il prof. Francesco Spagnolli,

preside emerito dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige nonché dirigente del Centro Istruzione e Formazione della Fondazione Edmund Mach, gli confidò 

(è stato anche il suo testimone di nozze) che grazie al clima, alla conformazione geologica e alla posizione geografica (46° paralello) in una parola grazie a questo “terroir”, il Trentino aveva tutti i requisiti per diventare la Champagne d’Italia. 

E lo si è visto a distanza di qualche anno se consideriamo che anche dal punto di vista qualitativo oggi gli spumanti metodo classico del Trentino ed in particlare le Riserve Trentodoc non hanno nulla da invidiare alle etichette più blasonate di Sua Maestà lo Champagne.

Atlante esplorativo degli spumanti di montagna, vallata per vallata

Marco Ress della Cantina Spumanti Ress (San Michele all’Adige)

Ribattezzato atlante esplorativo degli spumanti di montagna, il volume dedica ampio spazio alla conformazione geologica delle diverse vallate, delle colline e delle montagna e alle particolari condizioni pedoclimatiche che caratterizzano il territorio. 

Fondamentale, a tal proposito, è l’escursione termica tra il giorno e la notte che consente in agosto di raggiungere la maturazione ottimale delle uve (in particolare Chardonnay e Pinot Nero) e di ottenere così, dopo la rifermentazione in bottiglia, degli spumanti di straordinaria eleganza e complessità con quella sapidità che è tipica del Trentodoc. 

Il clima alpino dei vigneti di montagna, le dolci brezze delle colline che fanno da corona alla Valdadige, il clima mediterraneo della Valle dei Laghi mitigato dall’Ora del Garda o, ancora, il clima continentale del fondovalle, tutto ciò gioca un ruolo fondamentale nel determinare la personalità delle bollicine made in Trentino. 

Un imprinting che caratterizza ogni bottiglia, diversa a seconda del luogo d’origine, ma con una connotazione ben precisa che ritroviamo in ogni sorso: la freschezza, la sapidità, la mineralità. Parola quest’ultima che ritroviamo spesso, assime al “terroir” nelle pagine di Marcello Carli.

“Le emozioni che provo assaggiando gli spumanti metodo classico trentini”

Marcello Carli con il delegato dei sommelier ferraresi Francesco Mazzoni

Molti lettori si chiederanno perché l’autore ha rivolto l’attenzione solo agli spumanti metodo classico del Trentino e non ad altre zone spumantistiche della Penisola, ad esempio la Franciacorta, l’Oltrepo’ Pavese o l’Alta Langa?

 Ecco la risposta di Marcello Carli: “Il territorio del Trentino vanta qualcosa di unico nel suo genere: ampia biodiversità, variabilità climatica,  ampiezza delle vallate, pendenze dei vigneti, sbalzo termico tra giorno e notte, esposizioni solari, influssi di venti freschi nei periodi estivi, laghi che fungono da volani termici.”

Il secondo motivo è strettamente personale. “Amo – risponde – gli spumanti metodo classico trentini poichè in altri vini della stessa tipologia non ritrovo quelle emozioni che mi regalano le bollicine di montagna del Trentino.” 

Le aree vitivinicole più importanti: Vallagarina, Valdadige, valli laterali

L’atlante si articola in tre sezioni principali: la nascita della terra e delle Dolomiti in particolare, la storia enologica del Trentino, le aree vitivinicole più importanti (Vallagarina, Valdadige e valli laterali) con un’analisi approfondita e la descrizione delle aziende che fanno parte della denominazione Trentodoc.

 “Per ragioni personali ho anche deciso – confessa – di inserire alcune aziende che non fanno parte dell’Istituto Trentodoc, ma che per qualità di prodotto meritavano di essere raccontate. 

Nell’arco di due anni ho visitato e intervistato vignaioli, artigiani, produttori, direttori di cantine sociali. Sono tornato a casa (vive a Comacchio, ndr) con la certezza che gli spumanti prodotti in Trentino sono all’altezza dei loro concorrenti a livello mondiale.”

La leggenda di Dom Pérignon e la storia documentata delle prime bollicine

Franco Lunelli mostra a Marcello Carli la copia originale del libro di Francesco Scacchi

Marcello Carli ha dedicato un capitolo del volume all’annosa polemica sulla primogenitura dei primi spumanti metodo classico. 

La leggenda attribuisce la nascita dei primi vini effervescenti, vale a dire gli spumanti metodo classico (méthode champenois) al monaco benedettino Dom Pierre Pérignon, abate cellerario, nella Valle della Marna, dell’abbazia di Hautvillers, nelle immediate vicinanze di Epernay, che nel 1670 assemblò le uve di diversi vitigni. 

Ma recenti studi hanno dimostrato che la scoperta della rifermentazione in bottiglia è di un medico umbro-marchigiano, Francesco Scacchi, umanista e benefattore che cinquant’anni prima, nel 1622, scrisse un trattato “De Salubri Potu Dissertatio”. 

Al capitolo 21 dal titolo emblematico “Se il vino frizzante, comunemente detto piccante, sia utile alla salute” il medico umanista originario di Preci (Perugia), cittadino onorario di Fabriano (Ancona), ricordato nella città marchigiana come integerrimo sovrintendente del Monte di Pietà, la Banca dei poveri dell’epoca, descrisse in modo dettagliato il metodo per rendere frizzante un vino fermo: ovvero aggiungendo al vino base mosti o uve passite. 

Una copia di questo trattato (ne esistono solo sette al mondo) è stata acquistata nel 1997 ad un’asta a Sotheby’s per 14 mila sterline dalla famiglia Lunelli che lo conserva gelosamente nella sede di Ravina della maison spumantistica Ferrari. 

Fu Angelo Valentini, agronomo, enologo, bibliofilo, giornalista, nonché accademico della cucina e brillante conferenziere, a spingere Franco Lunelli  ad acquistare il prezioso libro che lo stesso Valentini è orgoglioso di mostrare agli amici (un onore essere annoverato tra costoro) nella sua residenza-museo di Perugia.

Una storia che prende le mosse dalla mitica figura di Giulio Ferrari

Roberto Sebastiani responsabile della maison Abate Nero (Lavis)

La storia trentina del metodo classico prende le mosse da Giulio Ferrari, giovane studente di Calceranica che, dopo aver frequentato l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, perfezionò gli studi a Montpellier e a Geisenheim. La svolta fu l’invito ricevuto da una casa spumantistica di Epernay per uno stage. 

Rientrato in italia ed avendo scoperto le analogie pedoclimatiche del Trentino con la zona dello Champagne, nel 1902 elaborò il suo primo e storico metodo classico a base di uve Chardonnay, la cui diffusione in italia iniziò proprio grazie a questa esperienza. 

Nacque il mitico Giulio Ferrari, poche bottiglie vendute a cifre astronomiche. Così come astronomica per l’epoca (23 milioni di lire) fu la cifra che Bruno Lunelli, nel 1952, versò al “sior” Giulio che cedette l’azienda poichè non aveva figli. 

«Firmai una montagna di cambiali» confidò Bruo Lunelli agli amici che all’epoca frequentavano la famosa enoteca di Largo Carducci per gustarsi un Marsalino o un vino dolce dei Castelli Romani.

Due date emblematiche della spumantistica trentina: 1899 e 1902

Giulio Ferrari (al centro) con Gino Salvaterra e Nereo Cavazzani

Ci sono due date che segnano la storia della spumantistica trentina. Due date emblematiche: il 1899 e il 1902. Protagonisti due lungimiranti e visionari imprenditori trentini: Arminio Valentini di Calliano e Giulio Ferrari di Calceranica. 

Ad Arminio Valentini (nomen omen, coraggioso e valente come il condottiero teutonico che sconfisse le legioni romane nella foresta di Teutoburg) si deve la primogenitura del primo spumante «methode champenoise» trentino.

Testimonianze orali tramandate da padre in figlio parlavano già alla fine dell’Ottocento di un vino con le bolle prodotto a Calliano. Ma il documento che ne certifica, senza ombra di dubbio, la presenza è una manchette pubblicitaria pubblicata nel 1899 dalla «Strenna dell’Alto Adige» (la copia originale è conservata presso la Biblioteca Civica di Rovereto) con l’etichetta di uno Champagne made in Vallagarina: lo Champagne Valentini prodotto a Calliano da un pioniere della tradizione spumantistica trentina, qualche anno prima del mitico Giulio Ferrari (1902).

Lo Champagne Valentini di Weinfeld e il ruolo di Cesare Battisti

La pubblicità dello Champagne Valentini di Calliano (1899)

Sulla bottiglia dello Champagne Valentini, oltre alla località, Calliano presso Trento, è riportato il commento di alcuni degustatori professionali: «Lo Champagne Valentini venne giudicato da persone competenti uno dei migliori, superando quello di molte marche, che anche a prezzo superiore, viene fabbricato in Austria». 

 E in basso a destra della manchette compare il nome del depositario trentino: Cesare Battisti, il martire trentino che all’epoca era il distributore dello Champagne Valentini (i genitori dell’eroe irredentista erano infatti titolari della Drogheria Battisti di via Dordi a Trento).

Va ricordato, a questo proposito, che nella stessa drogheria negli anni Venti del secolo scorso lavorò anche Bruno Lunelli, il patriarca della famiglia oggi proprietaria della maison Ferrari, la casa spumantistica trentina che la famiglia Lunelli acquistò nel 1952.

Tre anni prima, nel 1949 la Sav (Società Agricoltori Vallagarina), oggi Vivallis, aveva inglobato la casa spumantistica Valentini di Calliano con l’intento di mantenere vivo il brand del nobile casato continuando a produrre le bollicine Trentodoc con il marchio «Valentini di Weinfeld», omaggio doveroso al pioniere della spumantistica della Vallagarina.

I cambiamenti climatici un’opportunità per gli spumanti di montagna

Marcello Carli, parlando di unicità del metodo classico trentino, ha dedicato un importante capitolo anche alle quote alimetriche, alle escursioni termiche e ai cambiamenti climatici. 

A questo proposito ha riportato alcuni passi della relazione presentata alla Casa del Vino di Isera dal prof. Francesco Spagnolli, per oltre 20 anni direttore dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige ed oggi produttore con il figlio Alvise, in quel di Cimone, di una azienda spumantistica. 

Spagnolli ha evidenziato come le esposizioni e i cambiamenti climatici degli ultimi due decenni abbiano influito e possano influire anche in futuro sulla coltivazione della vite. 

Al convegno di Isera era presente anche un produttore dl Sussex, il quale ha sottolineato come in virtù dell’innalzamento delle temperature si stia verificando un fenomeno che sarebbe stato impensabile fino a qualche anno fa: ovvero la coltivazione della vite in Gran Bretagna se non  addirittura in Scandinavia. 

La regione della Champagne è sempre stata considerata l’area vitata più a Nord dell’Europa continentale, ma i vigneti ormai sono di casa anche nel Sud dell’Inghilterra (Kent, Sussex, Surrey e Hampshire), quindi ben oltre la ltitudine nord finora considerata come una sorta di confine climatici per la spumantistica. Conclusione: i vigneti del Sussex piantati ad una latitudine di 50,9° oggi si trovano in condizioni climatiche simili a quelle di cinquant’anni fa a Epernay.

I racconti e le storie delle settanta aziende recensite, zona per zona

Nel volume “Bollicine Estreme” Marcello Carli racconta, zona per zona, partendo dalla Vallagarina, la storia delle settanta aziende visitate con descrizione delle etichette metodo classico prodotte, i vini assaggiati e recensiti.

 Dalla A di Abate Nero alla Z di Zanotelli. La Vallagarina è suddivisa in Bassa e Alta Vallagarina, la Valle dell’Adige è configurata come Colline di Trento, Colline dell’Avisio e Piana Rotaliana, zona quest’ultima che fa storia a sè. Molto variegata è la viticoltura delle cosiddette Valli laterali: la Valle di Cembra, la Valsugana, la Valle dei Laghi, il Basso Sarca. 

Un accenno è dedicato anhe alla Val di Non, oggi regno di Melinda, dove a Revò nell’Ottocento fu fondata una delle prime cantine sociali del Trentino. La Val di Non guarda con sempre maggiore interesse alle nuove frontiere di una moderna agricoltura che punta sui vitigni resistenti (Piwi), sui vini biologici e sulle bollicine. 

La parola d’ordine è sostenibilità ambientale che significa drastica riduzione e progressivo abbandono della chimica in campagna. (GIUSEPPE CASAGRANDE)

In religioso silenzio sulla tomba di Dom Pérignon nell’abbazia di Hautvillers

Gino Veronelli con il prof. Francesco Spagnolli a Cimone nel 1979

In chiusura propongo nella versione integrale la prefazione del prof. Francesco Spagnolli, preside emerito e già dirigente del Centro Istruzione e Formazione della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige.


“Senza alcun dubbio Marcello Carli è un vero e proprio innamorato del Trento DOC.

 Che sia stato, come ben noto in altri campi, un vero e proprio colpo di fulmine – in

 questo caso, ovviamente, al primo assaggio – oppure un amore maturato

 progressivamente, poco importa. Lui ne ha costituito una vera e propria ragione di

 vita. 

Ha percorso e sta tutt’ora percorrendo il territorio – o meglio, il terroir alla francese –

 in lungo e in largo, setacciando un po’ alla maniera dei cercatori d’oro luogo per

 luogo, cantina dopo cantina, consultando vignaioli, enotecnici ed enologi, ricercatori

 e scienziati che hanno a che fare con questo grande spumante. Più e più volte, per

 scrivere di spumanti, mi sono soffermato in religioso silenzio sulla tomba di Dom

 Pierre Pérignon all’interno dell’abbazia di Hautvillers, nelle immediate vicinanze di

 Epernay, cuore pulsante di tutte le bollicine che portano il nome di Champagne. 

Marcello invece ha attinto dalla memoria di Giulio Ferrari e poi di Nereo Cavazzani,

 incarnando le parole che Ugo Foscolo scrive al verso 151 dei suoi Seplocri: “A

 egregie cose il forte animo accendono l’urne de forti‘. In lui si è acceso eccome

 quell’anelito a proseguire ‘virtude e conoscenza‘, come ci direbbe Dante, e soprattutto

 a trasmetterle agli altri. Il Trentino del vino, ma soprattutto il Trentino spumantistico, 

 ti sarà sempre e comunque grato per il tuo appassionato lavoro”.

(Francesco Spagnolli)

Marcello Carli, l’autore del volume “Bollicine Estreme”, nato a Comacchio nel 1985, è sommelier professionista con master Alma Ais. Amante dell’avventura e dei viaggi, matura esperienze in molti Paesi: Gran Bretagna, Messico, Nuova Zelanda concentrandosi sul mondo della spumantistica. Tornato in Italia diventa manager e bartender dell’Armani Hotel a Milano. Ha ricoperto il ruolo di sommelier alla Locanda Margon con Alfio Ghezzi, due stelle Michelin. Da alcuni anni conduce laboratori di formazione e degustazione collaborando con aziende del settore vitivinicolo e degli spirits.


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