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Sicilia, vendemmia 2023 da archiviare in fretta

Netto calo di produzione in diversi ambiti territoriali rispetto alla vendemmia 2022, ciò dovuto alle fitopatologie (peronospora e oidio) e alle alte temperature registratesi nell’ultima decade del mese di luglio, dopo una primavera piovosa.

La vendemmia in Sicilia è iniziata da qualche giorno, con le varietà precoci a bacca bianca, ma registra dati allarmanti in alcuni areali, e nella norma in altri. Il dato che emerge al momento è il netto calo di produzione che si attesta tra il 50 e il 60 per cento in diversi ambiti territoriali, quindi in meno rispetto alla vendemmia 2022, ciò dovuto alle fitopatologie (Peronospora e oidio) e alle alte temperature registratesi nell’ultima decade del mese di luglio, dopo una primavera piovosa. La produzione regionale, di vino e mosti dovrebbe oscillare tra i 2.288.000 e 2.746.000 di ettolitri, contro i 4.577.000 del 2022 (Fonte Ismea su dati Agea e Organismi pagatori).

 

In sintesi, la quantità delle uve dovrebbe attestarsi, in tutto il territorio regionale tra i 3.050.000 e 3.661.000 quintali circa, contro i 6.102.000 della vendemmia 2022, con una perdita complessiva regionale del 50/60 per cento circa. Per la vendemmia 2023, in Italia, sono previsti 43 milioni di ettolitri, ciò dovuto alla comparsa di fitopatologie ed eventi atmosferici riscontrate nelle diverse regioni dello stivale. Notizie ampiamente riportate in vari comunicati stampa. A livello nazionale, la produzione di vino e mosto, nella precedente campagna vitivinicola (2022) è stata di ettolitri di 50.232.000 ((Fonte Ismea su dati Agea e Organismi pagatori), ed è prevista, per la vendemmia 2023, una perdita di 7 milioni di ettolitri, pari al 14/15 per cento circa in meno, per un valore commerciale che sfiora se non addirittura supera il mezzo miliardo di euro. Non a caso la vendemmia 2023 sarà ricordata fra le peggiori della storia vitivinicola nazionale. In sintesi, quanto riscontrato e verificato in Sicilia.

 

Nel trapanese, si registra il dato più allarmante, con una perdita che supera il 50/60 per cento e con molti vigneti totalmente colpiti da peronospora e oidio; uve che non verranno raccolte. Maggiormente colpite il Nero d’Avola, il Perricone, il Nerello Mascalese (uve a bacca rossa) l’Insolia, il Grillo, lo Zibibbo (che risulta totalmente distrutto), lo Chardonnay (uve a bacca bianca). Maggiormente risultano colpiti i vigneti a coltivazione biologica, nella via di mezzo quelli coltivati in convenzionale, soprattutto perché i viticoltori sono intervenuti con trattamenti preventivi e ripetuti nel periodo pre-invaiatura. Un dato di fatto che risulta sotto gli occhi di tutti è stato il periodo di fine luglio (18/21) dove le alte temperature hanno totalmente compromesso la qualità e la quantità delle uve. Nelle zone costiere di Marsala e Petrosino non si registrano danni significativi, l’uva, in alcuni areali infatti risulta di buona qualità, previsto in questa zona costiera un calo del 30 per cento a causa dal caldo torrido del mese di luglio. Nell’isola di Pantelleria, la peronospora ha di fatto compromesso parte della produzione. Al momento è previsto un calo di produzione (rispetto all’eccellente annata del 2022) che si attesta fra il 40 e 50 per cento di uve zibibbo. I danni maggiori si sono registrati nel mese di maggio, il forte vento di scirocco ha distrutto i tralci della vite e compromesso l’uva in fioritura.

danni peronospera territorio marsala

Nel palermitano, le abbondati piogge primaverili hanno colpito buona parte dei vigneti coltivati nell’Alto Belice e nella Valle dello Jato, in questi areali a farne le spese sono state le uve coltivate in regime biologico e le varietà, come Insolia, Nero d’Avola, e Perricone registrando perdite del 60 per cento; lo Chardonnay fino al 40 per cento, Cabernet Sauvignon e Syrah sino al 30 per cento. Al contrario, si sono difese bene il Catarratto, il Trebbiano e il Petit Verdot, superando quasi indenni l’attacco della peronospora, per le uve coltivate in convenzionale. Anche in questo comprensorio il caldo torrido e la siccità hanno fatto il resto, determinando una perdita di produzione del 20 e del 30 per cento, i produttori, inoltre, sono stati condannati dai consorzi irrigui che non hanno erogato acqua per l’irrigazione per vetustà delle condotte e per altri fattori di natura gestionale. In questo areale che include Corleone, San Cipirello e Camporeale si registra un ritardo nella maturazione di oltre dieci giorni rispetto alle annate precedenti. Nell’agrigentino, l’andamento stagionale ha compromesso nell’ordine del 30 per cento la produzione di uve, bianche e rosse. I danni maggiori più consistenti sono stati determinati dal caldo torrido di fine luglio, con temperature che hanno sfiorato i 50°C, che ha bruciato gli acini e bloccato la maturazione delle uve stesse. Le condizioni climatiche atipiche dei mesi primaverili, durante le fasi della fioritura, con la comparsa di umidità e piogge ha determinato la diffusione della peronospora, danneggiando i grappoli e la formazione di grappoli spargoli, determinando un calo di peso degli acini. Molti produttori non hanno potuto irrigare i propri vigneti, nel mese di luglio, in quanto l’acqua del lago Arancio non era utilizzabile per uso agricolo per la comparsa dell’alga rossa.  Un divieto stabilito dall’Asp di Agrigento per gli alti livelli di inquinamento.

 

Nel messinese, nella zona della Doc Faro e Mamertino si registrano cali del 40 per cento, imputabili all’attacco della peronospora e alle alte temperature di fine luglio. Nel nisseno, la situazione rispecchia quella delle altre province siciliane, la peronospora ha totalmente danneggiato i vigneti coltivati in bio, con danni dal 60 nel Nero d’Avola al 100 per cento nel Grillo. Danni del 30 per cento circa si registrano nei vigneti coltivati in convenzionale, tutto ciò è stato riscontrato nel territorio di Riesi. Operazioni vendemmiali previste per il 21 di agosto, con ben dieci giorni di ritardo sulle medie delle ultime vendemmie. Nel ragusano, la vendemmia è prevista a partire dal 21 di agosto, anche se per le varietà Pinot Nero e Pinot Grigio la raccolta è iniziata il 3 di agosto. Le piogge insistenti del mese di maggio e quelle di fine giugno hanno scatenato la proliferazione della peronospora. Alcuni vitigni, per lo stato fenologico in cui si trovavano, sono stati più colpiti, come lo Zibibbo e la Malvasia per l’80 per cento, rispetto al Nero d’Avola e al Grillo che invece, registrano cali per il 50 per cento. Le altre varietà hanno subito un danno che si attesta tra il 20 e il 30 per cento. Del tutto distrutto il prodotto nelle aziende vitivinicole a conduzione biologica. Modesta controtendenza in alcune zone marittime, come Ispica dove si registra un modestissimo aumento di quantità nell’ordine del 10 per cento rispetto al 2022 nel Moscato e la qualità delle uve risulta eccellente. Nell’ennese, le operazioni vendemmiali inizieranno a breve per i vitigni a bacca bianca. Nel territorio di Enna non si sono registrati attacchi di cicalina. Le eccessive piogge di giugno e il caldo torrido di luglio hanno avuto effetti collaterali molto negativi, facendo registrare un calo di produzione tra il 40 e il 50 per cento.

danni peronospera territorio di caltanissetta

Nel siracusano, i danni da peronospora sono quantificabili tra il 15 e 20 per cento con alcune zone colpite anche da oidio, ma il caldo del mese di luglio, nella zona di Avola ha compromesso la produzione con una perdita superiore al 50 per cento rispetto allo scorso anno. La maturazione delle uve è in ritardo, a causa del caldo torrido di fine luglio la maturazione si è bloccata. Discreta controtendenza in alcune zone marittime, come l’areale di Pachino dove si registra un modestissimo aumento di quantità nell’ordine del 10/15 per cento rispetto al 2022, e la qualità delle uve risulta eccellente. I vigneti presenti nel territorio di Noto risultano in ottime condizioni fitosanitarie, non è previsto calo produzione e la vendemmia risulta in linea con le annate precedenti. Nelle isole Eolie, da quantificare il calo di produzione, che comunque è in linea con quello medio regionale. Risultano colpiti in toto dalla peronospora i vigneti situati a 300 mt s.l.m., i vigneti a quota più bassa registrano danni al 50 per cento. I danni si sono accentuati durante il caldo torrido di fine luglio, con temperature che hanno superato i 48°C, ma che risentono di una primavera molto piovosa. Attacchi di peronospora si sono verificati a Salina, nella zona di Malfa e Valdichiesa, invece sporadici risultano gli attacchi a Capofaro di Salina.

 

Nel comprensorio Etneo, la situazione non muta di molto, peronospora, (Etna Nord) caldo torrido e grandine dei mesi primaverili, hanno danneggiato i vigneti coltivati in biologico nell’ordine del 80/90 per cento per il Nerello Mascalese, mentre dal 30 al 40 per cento per il Carricante. Per i vigneti coltivati in convenzionale le perdite si aggirano dal 40 al 50 per cento. In questo comprensorio si registra un ritardo nella maturazione delle uve nell’ordine di 15/20 giorni, con il clou delle operazioni vendemmiali previsti tra il 10 e il 30 di ottobre. Situazione differente in zona Etna Sud (Trecastagni, Santa Venerina, Zafferana) che manifesta invece, uve sane e di qualità. Non si sono registrati danni imputabili a parassiti, siccità e malattie crittogamiche. Un comunicato redatto dal Consorzio Doc Etna invita tutti i produttori a vigilare sull’eventuale compravendita di uve, mosti e vini, provenienti da altre province siciliane e informando gli stessi produttori etnei, di aver fatto richiesta al comando dei Carabinieri di Catania di vigilare sui mezzi in transito da e per il comprensorio etneo.

 

I danni riscontrati, causati da peronospora, oidio, e soprattutto dalle alte temperature, che hanno compromesso la quantità e la qualità delle uve, si stimano, in termini di valore tra 150 e 180 milioni di euro per la sola Sicilia, che vanta una superficie vitata pari a 98.755 ettari ed una incidenza del 14,7 per cento sulla superficie vitata nazionale. Un danno notevole per la Sicilia, e che pagano soprattutto i viticoltori che hanno scelto di coltivare i loro vigneti in regime di agricoltura biologica e meno in quelli coltivati in convenzionale. La Sicilia paga un caro prezzo, serve cambiare rotta, per le criticità che soprattutto negli ultimi anni ha manifestato il comparto. Le cause sono da ricercare in una politica di sviluppo inadeguata, che ha portato negli anni ad uno sgretolamento dell’intero settore vitivinicolo, portando, gli stessi agricoltori ad abbandonare i loro vigneti, per la scarsa remunerazione delle uve.

 

Tutte queste cause che lentamente stanno portando il comparto al collasso, potrebbero essere risolte indirizzando una quota parte delle somme destinate all’OCM vino investimenti verso tutti quei viticoltori attenti alla gestione del territorio ed in possesso di fascicolo aziendale; ed invece vengono utilizzate per l’ammodernamento delle strutture cooperativistiche e privatistiche, che da anni godono di importanti e significativi finanziamenti. È necessario fare rete tra gli operatori, evitando disaccordi commerciali a beneficio della parte piu’ debole della catena produttiva (viticoltori), prevedendo accordi e protocolli d’intesa, atti a garantire un’adeguata remunerazione delle uve e il benessere dell’intero mondo vitivinicolo. Senza questi aiuti o premi la viticoltura siciliana nel giro di pochi anni, registrerà “SUUM FINEM” (la propria fine).

 

Giacomo Alberto Manzo

 

Per le informazioni riportate in questo articolo si ringraziano i colleghi enologi, agronomi a amici produttori che operano nelle diverse province siciliane.

 

 


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Piero Rotolo

Direttore Responsabile vive a Castellammare del Golfo Trapani

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