Un occhio sul mondo

Quella salama (da sugo) che sposa lo Champagne

Quella salama (da sugo) che sposa lo Champagne Peccaminosa sorpresa, con relativa provocazione,

Quella salama (da sugo) che sposa lo Champagne

Peccaminosa sorpresa, con relativa provocazione, l’altra sera al Residence Costabella di Villazzano (Trento) dove abita il sottoscritto. 

Reduce da una trasferta enogastronomica in quel di Alghero (quella zuppa di pesce alla catalana e quel sarago al sale del “Rafel Restaurant” valevano il viaggio) la mia adorata “Sgarbina” ferrarese mi ha lettteralmente preso per la gola con i suoi mitici tortelli di zucca e 

– autentica sorpresa, non ne sapevo nulla – con una peccaminosa salama da sugo che mia figlia Elena e il marito Matteo avevano acquistato alla Sagra della Salamina da Sugo al Cucchiaio di Madonna Boschi, 

un paesino di 300 anime in provincia di Ferrara che a Sua Maestà la Salama ha dedicato un monumento. 

Per la gioia di Mario Soldati che sul finire degli anni Cinquanta del secolo scorso fece conoscere l’insaccato ferrarese al grande pubblico televisivo.

Sei ore di cottura, si mangia con il cucchiaio e il puré di patate (o zucca)

Salama da sugo specialità dell’alto ferrarese necessita di ben 6 ore di cottura e non deve toccare le pareti della pentola, deve cuocere in sospensione

Tra i grandi insaccati della norcineria italiana la salama da sugo – come ben sanno i buongustai gaudenti e impenitenti – ha un sapore intenso che inebria il palato. 

Si ottiene con un impasto di carne suina macinata con vino rosso (preferibilmente la Fortana del Bosco Eliceo), sale, pepe, noce moscata, cannella e chiodi di garofano e altri ingredienti che nessun artigiano è disposto a rivelare. 

Viene stagionata per un anno e, proporzionalmente alla sua dimensione, cotta da sei a otto ore in acqua bollente. Come contorno va accompagnata con un purè di patate o di zucca.

 La “Sgarbina”, dopo averla amorevolmente “sorvegliata” per sei ore, l’ha servita al cucchiaio (non vi dico il profumo) con un purè di patate. Risultato: straordinario. 

Parere non solo mio, ma anche degli ospiti che erano seduti al desco.

Quel peccaminoso abbinamento con la Grande Réserve Brut Nicolas Feuillatte

Da standing ovation anche l’abbinamento con il vino: anzichè il tradizionale Lambrusco o l’altrettanto tradizionale Bursòn di Bagnacavallo ecco la provocazione: uno Champagne. 

In questo caso la Grande Réserve Brut Nicolas Feuillatte (Chardonnay, Pinot Noir e Meunier) che sempre Elena e Matteo mi avevano omaggiato al rientro dal tratto francese della Via Francigena (da Canterbury alle Alpi Svizzere) percorso a piedi attraversando per chilometri e chilometri la zona dello Champagne: le Montagne de Reims, la Vallée de la Marne, la Côte des Blancs, la Côte de Bar e la Côte de Sézanne.

A questo punto che altro aggiungere?

 Ricordando Mario Soldati e confessando i miei peccati di gola, non mi resta che dire: evviva la salama da sugo. 

Con la promessa che, in prossimità del Natale, questa volta la accompagnerò con un Trentodoc Riserva.

 Non ho che l’imbarazzo della scelta. 

In alto i calici. 

Prosit!

(GIUSEPPE CASAGRANDE)


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