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L’addio a Michele Chiarlo, patriarca del vino piemontese

L'addio a Michele Chiarlo, patriarca del vino piemontese

L’addio a Michele Chiarlo, patriarca del vino piemontese

Nel 1988 l’acquisizione dei vigneti Cerequio a La Morra

Le colline dell’Astigiano piangono la scomparsa di Michele Chiarlo, uno dei pionieri della viticoltura piemontese, il patriarca, il re della Barbera, del Barolo e del Moscato. Se ne è andato in punta di piedi, serenamente, in una luminosa giornata d’autunno, all’età di 88 anni, nella sua abitazione di Calamandrana.

Produttore vinicolo, fondatore dell’azienda che porta il suo nome, è stato protagonista assoluto per la denominazione Nizza e ambasciatore della cultura enologica italiana nel mondo.

Lo avevo conosciuto 30 e più anni fa su quelle colline che degradano dolcemente verso Canelli,  un tempo ricoperte di olmi e querce nane (queste ultime chiamate “calamandrine” come confermano alcuni vecchi atlanti del Settecento) che una pattuglia di coraggiosi vignaioli nel dopoguerra ha trasformato in un paradiso di splendidi vigneti. Tra questi pionieri c’era anche Michele Chiarlo. 

“Voglio ricordarlo – ha scritto il direttore di WineNews Alessandro Regoli – soprattutto per la sua visione pionieristica nell’immaginare il vigneto come luogo d’arte e di cultura, oltre che come luogo dove coltivare grandi uve per produrre grandi vini.

Voglio ricordarlo per la capacità di pensare ai territori del vino come un volano per il turismo, quando all’epoca questo aspetto era ancora una chimera”. Parole che condivido e che erano sempre al centro delle conversazioni con Michele Chiarlo durante i nostri incontri a Calamandrana. 

Suoi compagni di studi furono Pietro Ratti, Ezio Rivella, Giacomo Tachis 

I vertiginosi vigneti di Cannubi. Qui nasce il Barolo di Michele Chiarlo

Nato il 25 maggio 1935, Michele Chiarlo ha dedicato la sua vita alla creazione di vini di qualità e alla valorizzazione del territorio.

Figlio di viticoltori, dopo le scuole medie, riuscì a farsi iscrivere alla scuola enologica di Alba “a patto di essere sempre promosso”.

Suoi compagni di studi furono, come lui, i futuri protagonisti dell’enologia italiana: Pietro Ratti, Ezio Rivella, Franco Ziliani, Giuliano Noè e Giacomo Tachis. 

Nel 1956, a soli 23 anni, decise di iniziare la sua carriera di imprenditore vitivinicolo, avviando con la sorella un’attività di imbottigliamento e contemporaneamente iniziando a occuparsi della cascina e dei vigneti di famiglia. 

Convinto sostenitore della tradizione vinicola piemontese, l’aspirazione all’eccellenza lo portò ad una minuziosa opera di selezione e acquisizione dei più vocati appezzamenti di Langhe, Moferrato e Gavi.

Dal resort Palàs Cerequio alle vertiginose pendenze di Cannubi

Non solo un percorso di crescita imprenditoriale, ma anche una forte volontà di rivalutare il territorio, a partire dall’acquisizione nel 1988 della borgata Cerequio a La Morra, la conseguente ristrutturazione e l’apertura del resort Palás Cerequio.

Nel 1989 acquisì due ettari sulla collina di Cannubi, difficilissimi vista la pendenza che sfiorava il 50%, realizzando il primo vigneto a ciglioni inerbiti delle Langhe, per contribuire a combattere l’erosione e il dissesto idrogeologico.

Si impegnò anima e corpo per ridare prestigio al vitigno Barbera

Motore trainante per il territorio Astigiano, Michele Chiarlo ha sempre creduto nel potere della condivisione e del fare squadra per raggiungere un obiettivo maggiore e comuni. 

Intuì ben presto le potenzialità di questa zona, impegnandosi a fondo per dare prestigio al vitigno Barbera. Fautore e primo presidente dell’Associazione dei Produttori del Nizza docg, a partire dalla metà degli anni ’60 è tra i primi produttori piemontesi a credere nel successo del vino italiano all’estero, battendo instancabilmente i mercati del Nord Europa e quelli americani, guadagnando la fiducia degli importatori e dei consumatori in tutto il mondo.

Nella sua carriera di imprenditore, durante gli anni ’80 ha ricoperto anche il ruolo di Presidente del Consorzio della Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, oltre ad essere stato tra i fondatori storici del Consorzio Grandi Vini – prima associazione sovraregionale di produttori vitivinicoli nata per favorire l’esportazione dei vini italiani di qualità – e dell’Istituto Grandi Marchi, per la promozione della cultura e la tradizione del vino italiano all’estero.

Nel 2003 la creazione dell’Art Park La Court, un museo tra i filari

Nel 1995 Michele Chiarlo acquista Tenuta La Court, a Castelnuovo Calcea, un corpo unico di oltre 20 ettari, disposti su due colline.

Per Michele Chiarlo il vino non è mai stato soltanto “vino”, piuttosto la somma di elementi che sono alla base di una comunità: la storia, la cultura, l’arte, le tradizioni, la convivialità e, soprattutto, il territorio, la vera origine di ogni etichetta.

Con questa visione e con la collaborazione degli amici Emanuele Luzzati e Ugo Nespolo, nel 2003 nasce l’Art Park La Court, il primo esempio di parco artistico tra i filari, un museo a cielo aperto con installazioni di artisti di fama internazionale come i già citati Luzzati e Nespolo, Giancarlo Ferraris e Chris Bangle.

Michele lascia la moglie Giuseppina e i figli Alberto e Stefano, da anni entrati in azienda a fianco del padre. La famiglia Chiarlo ringrazia tutti coloro che hanno condiviso con Michele questa straordinaria avventura, con la gentile richiesta di non donare fiori, ma un’opera di bene alla Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro.

(Giuseppe Casagrande)

 


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