Tribuna

Salviamo l’anguilla marinata di Comacchio

Salviamo l'anguilla marinata di Comacchio E' tra i 18 Presìdi Slow Food della pesca da salvare sulla mitica Arca di Noè poichè

Salviamo l’anguilla marinata di Comacchio

La cattura delle anguille selvatiche nelle Valli di Comacchio

E’ tra i 18 Presìdi Slow Food della pesca da salvare sulla mitica Arca di Noè poichè il ciclo vitale è messo in pericolo dalla pesca illegale e dai cambiamenti climatici.

Dalle anguille delle Valli di Comacchio, il cui ciclo vitale è messo in pericolo dalla pesca illegale e dai cambiamenti climatici, alla tinca dorata di Ceresole d’Alba, oggi al centro di una sperimentazione che unisce allevamento e coltivazione del riso di Vercelli per rigenerare le risaie e creare nuovi ecosistemi agricoli sostenibili. 

Ed ancora: dalla bottarga di muggine, prodotto simbolo dello Stagno di Cabras (Sardegna) alla pesca tradizionale nello Stretto di Messina, un unicum al mondo di biodiversità tra due mari: lo Ionico e il Tirreno.

Sono storie di resistenza e rinascita quelle narrate dai Presìdi Slow Food a “Slow Fish” 2025, l’evento organizzato a Genova da Slow Food Italia con il patrocinio del Ministero dell’Agricoltura e della Regione Liguria e con il sostegno di Fondazione Carige, Camera di Commercio di Genova e Liguria Gourmet. 

Un evento dedicato agli ecosistemi acquatici e costieri, che nei giorni scorsi ha festeggiato 20 anni di storia al Porto Antico di Genova.

Il lungo viaggio dell’anguilla (9.000 chilometri) dall’Adriatico al Mar dei Sargassi 

L’anguilla marinata tradizionale delle Valli di Comacchio confezionata nelle antiche latte di alluminio

In totale, sono 18 i Presìdi della pesca che Slow Food Italia intende salvare sulla mitica Arca di Noè.  Tra i Presidi da salvare, c’è quello dell’anguilla europea, la cui popolazione è in forte declino: negli ultimi 30 anni è diminuita fino al 90%, a causa di una serie di fattori, tra cui la pesca illegale, i cambiamenti climatici, le alterazioni delle correnti oceaniche, la perdita di habitat e la pressione crescente di specie invasive come il granchio blu e il pesce siluro. 

Nonostante la gravità della situazione, emergono segnali positivi. 

In Emilia-Romagna, dopo oltre dodici anni di monitoraggi, si registra un aumento di giovani anguille (cieche) nei corsi d’acqua, un dato che suggerisce l’efficacia delle misure europee di tutela e delle attività di ricerca e sensibilizzazione condotte in ambito locale e internazionale. 

L’Università di Bologna, ad esempio, ha sviluppato un’app per il monitoraggio delle anguille, che viene utilizzata in tutta Europa per raccogliere dati sullo stato delle popolazioni. 

“Tutte le volte che parlo ai miei studenti del ciclo vitale dell’anguilla rimangono incantati – ha spiegato Oliviero Mordenti, docente di Acquacoltura all’Università di Bologna nella conferenza su “Le Valli di Comacchio e la cultura dell’anguilla” – e non meno incantati siamo noi studiosi. Le anguille dell’Adriatico affrontano la migrazione più lunga: 9.000 chilometri senza nutrirsi, fino al Mar dei Sargassi, dove si riproducono a oltre 1.000 metri di profondità. 

È un viaggio unico al mondo. Qualsiasi alterazione delle condizioni ambientali può comprometterlo in modo irreversibile”. 

Il Presidio Slow Food dell’anguilla marinata come esempio di sostenibilità

Il Presidio Slow Food dell’anguilla marinata delle Valli di Comacchio rappresenta un perfetto esempio di come scienza, tradizione e sostenibilità possano lavorare insieme per la conservazione della specie. 

Creato per proteggere una pratica artigianale antica, oggi il Presidio tutela sia la pesca sostenibile dei lavorieri sia la lavorazione artigianale dell’anguilla, unendo l’approccio scientifico con il rispetto delle tradizioni locali. 

Un modello integrato che rappresenta il risultato del lavoro congiunto tra pescatori, ricercatori e istituzioni. Un’alleanza fondamentale per il futuro della pesca.

Cotte allo spiedo, marinate con aceto, sale, alloro e confezionate nelle latte 

Le anguille rigorosamente selvatiche e catturate da ottobre a dicembre, sono marinate unicamente nella stagione invernale secondo un antico disciplinare le cui tracce risalgono al 1700. 

La lavorazione tradizionale avviene ancora oggi nella Sala dei Fuochi della Manifattura dei Marinati, in due dei dodici camini e qui nel periodo autunnale-invernale è possibile vedere l’intero ciclo di preparazione dell’Anguilla Marinata Tradizionale di Comacchio.

Le anguille cotte allo spiedo sono poste in recipienti di legno, detti zangolini, insieme alla salamoia. Il segreto sta nella cottura e nella materia prima: l’anguilla selvatica di valle. Importante anche la composizione della salamoia: la ricetta classica prevede l’amalgama, in ogni litro di aceto di vino bianco, di circa 70 grammi di sale marino di Cervia e un bicchiere d’acqua. 

Infine si aggiunge una foglia d’alloro. Si conservano tutto l’anno nei tradizionali barattoli di latta.

Tuteliamo la vera bottarga di muggine dello Stagno di Cabras (Sardegna)

La bottarga di muggine dello Stagno di Cabras- è tutelata dal Presidio Slow Food

Altro Presidio Slow Food è quello della bottarga di muggine e della pesca tradizionale dello Stagno di Cabras (Sardegna) che tutela, oltre al tradizionale prodotto ottenuto dalla lavorazione dell’ovario dei pesci, anche altre particolari preparazioni: la merca e su pisci affumau (il muggine affumicato e messo in salamoia). 

Questo Presidio nasce dall’esigenza del territorio di differenziare il proprio prodotto dagli altri, in particolare dalla bottarga che spesso viene chiamata di Cabras anche se di Cabras non è, perché ottenuta con materie prime provenienti dall’estero.

 “Il 95% di quella che si trova in commercio con il nome di bottarga di Cabras viene sì lavorata qui, ma i muggini arrivano da fuori” ha spiegato Giuliano Cossu, presidente del Nuovo Consorzio Cooperative Pontis, che riunisce i produttori che aderiscono al Presidio. 

I pescatori sono circa 130 e utilizzano le stesse tecniche di cattura del passato: bloccano i muggini nei lavorieri nel loro spostamento dallo Stagno al mare aperto, e li pescano con le mani, aiutandosi in parte con una particolare rete a maglie larghe che consente di lasciar liberi gli esemplari più piccoli.

 “Serve delicatezza per non danneggiare la sacca ovarica e competenza per riuscire a catturarli, altrimenti sfuggirebbero”, ha aggiunto Cossu. 

Allo stesso modo, occorre esperienza e competenza per lavorare la materia prima: salatura ed essiccatura, tecniche tramandate da generazioni per conservare più a lungo un prodotto altrimenti facilmente deperibile.

Il Presidio che tutela la pesca tra i due mari e unisce Sicilia e Calabria

La pesca tradizionale con l’arpione tra i due mari nello Stretto di Messina

Ma c’è anche il Presidio tra i due mari, che unisce Sicilia e Calabria. Lo Stretto di Messina è un unicum di biodiversità nel Mediterraneo, area di transito e migrazione di moltissime specie, grazie alla sua particolare posizione di incontro tra lo Ionio e il Tirreno. 

Tuttora, in queste acque, 11 società di pescatori si dedicano alla pesca costiera, con tecniche tradizionali e reti selettive (lenze, nasse, tremagli, palangari). 

Tra le specie pescate vi sono seppie, gamberi di nassa, cicirelli, pesci pettine, pesci sciabola, e poi il pesce spada, catturato con un metodo antichissimo, che prevede l’uso dell’arpione e delle feluche, piccole imbarcazioni munite di una passerella lunghissima (35-40 metri) e di un albero molto alto (un’antenna di 22 metri). 

A tenere le fila del Presidio della pesca tradizionale dello Stretto di Messina è Antonella Donato, giovane pescatora e presidente dell’Associazione Pescatori Feluca dello Stretto, che a “Slow Fish” ha raccontato come ha raccolto la conoscenza profonda del mare dal nonno, insieme alla sorella Giusy, e come l’ha reinventata in una chiave moderna, associando pesca e turismo ittico.

E grazie alle risaie il Presidio della tinca dorata di Ceresole d’Alba

La tinca dorata di Ceresole d’Alba, uno dei primi Presìdi Slow Food

Tra i protagonisti di “Slow Fish” 2025 va ricordato quello della tinca dorata di Ceresole d’Alba, uno dei primi Presìdi Slow Food avviati in Piemonte e in Italia, che torna oggi al centro di un progetto innovativo in collaborazione con il Presidio del riso Gigante di Vercelli.

 L’idea è semplice ma rivoluzionaria, e si ispira all’antica pratica orientale dell’allevamento dei pesci d’acqua dolce nelle risaie: portare i riproduttori di tinca nelle risaie, ricreando un modello agroecologico virtuoso, che permette agli avannotti di crescere in un ambiente ricco di risorse naturali, come fitoplancton e larve di zanzara, contribuendo al tempo stesso al controllo biologico delle infestazioni e al miglioramento della qualità dell’acqua. 

“La tinca è un pesce slow perché cresce lentamente e rispetta i ritmi della natura – ha sottolineato Giacomo Mosso, l’allevatore che ha rilanciato il Presidio, partendo dalle peschiere storiche del Pianalto di Poirino, a Torino – ma è anche un’opportunità per il territorio: può valorizzare le risaie, offrire un’alternativa sostenibile ai metodi intensivi e far rivivere una tradizione quasi scomparsa. 

Il progetto, già avviato in forma sperimentale nel 2007, trova oggi nuova linfa grazie all’alleanza tra produttori e alla crescente attenzione verso modelli agricoli resilienti e rispettosi degli ecosistemi.

Le sfide per salvare le telline e i mitili selvatici (moscioli) di Portonovo

In tutto, sono 18 i Presìdi Slow Food italiani che tutelano le specie ittiche, le tecniche di pesca tradizionali e le pratiche artigianali di lavorazione. Alcuni di questi – come la bottarga di muggine di dello Stagno di Cabras, la cozza nera di Taranto, la piccola pesca di Porto Cesareo e la piccola pesca di Torre Guaceto – hanno raccontato le loro storie a “Slow Fish” con le sfide quotidiane di chi lavora in equilibrio con il mare, i fiumi e le lagune, portando avanti un modello economico e culturale che mette al centro qualità, cultura, saperi locali e rispetto per gli ecosistemi. 

Alcuni danno segni di difficoltà a causa del riscaldamento delle acque, che in alcune zone dell’Adriatico sta causando gravi problemi alla mitilicoltura. 

Quest’anno non sarà disponibile il mosciolo selvatico di Portonovo: i mitili selvatici caratteristici di Portonovo (Ancona) non sono cresciuti sulle rocce a causa delle temperature a anche dell’eccesso di raccolta dovuto a raccoglitori non professionisti. 

Gli altri Presìdi sparsi in tutta la nostra penisola sono: la Pesca tradizionale delle secche di Ugento, la Pesca artigianale del Golfo di Noli, l’Alaccia salata di Lampedusa, le Alici di menaica, la Masculina da magghia, la Pesca artigianale dell’Isola del Giglio, la Pesca tradizionale del Golfo di Selinunte, la Pesca tradizionale del Lago Trasimeno, la Pesca tradizionale dello stretto di Messina, la Sardina essiccata tradizionale del lago di Iseo e la Tellina del litorale romano.

In alto i calici. Prosit! (GIUSEPPE CASAGRANDE)


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