Tribuna

Il Vino Rosa Unicorno: l’anti-cultura del vino

La nuova aberrazione dell’eno mondo si allarga e diventa cromatica. E’ appena arrivato il nuovo figlio di una cultura malata del bere. Parliamo udite udite del Vino di Unicorno, presentato dall’Azienda produttrice Gik Live come prodotto dalle lacrime dell’animale forse più mitologico di tutti in assoluto.

Sulla scia del Vino Blu ecco ora apparire l’interprete di una nuova tendenza già in voga che, almeno a sentire il parere degli analisti di settore sarà uno dei “food trend più pop del 2019”. Definizione quest’ultima, che pronunciata da sola fa sorgere il dubbio su cosa abbia a che fare tutto questo con il mondo del vino.

L’azienda Iberica che lo produce punta forte sulle indicazioni fornite dal mondo giovanile Spagnolo, che utilizza largamente il colore per intercettare le preferenze dei giovani. La bevanda si presenta di un colore rosa pastello, cosa che farebbe impallidire qualsiasi “normale” wine lovers. Normale in questo caso si intende una persona appassionata di vino per quello che riguarda il suo immenso bagaglio culturale, che spazia tra popoli e tradizioni accompagnando l’uomo nel suo percorso attraverso la storia.

Il bouquet olfattivo oltre all’esuberanza della componente fruttata, elenca marcatori a dir poco raccapriccianti se riferiti ad un profilo organolettico, come “bubblegum” ad esempio. L’azienda produttrice però lo considera un vino come tutti gli altri, creato appositamente per i Millenials non proprio introdotti al mondo del vino e con poche esperienze di degustazione.

In pratica la chiave di volta per uccidere nella culla il futuro del consumo del vino, indirizzando questi giovani palati su bevande senza identità che nascono e muoiono solo per inseguire i numeri del mercato. Si perché checché ne dicano i produttori, non possiamo certo definire vino una bevanda il cui punto di forza è un “ingrediente segreto”, in grado di farlo brillare a seconda di come  viene esposto alla luce.

Le “lacrime di Unicorno” una componente per la quale dall’Azienda si sentono in dovere di vantarsi, specificando che il processo di estrazione (?) è completamente naturale. Metodo per cui sarebbero addirittura in attesa di registrazione del brevetto. L’Indubbia abilità di questa operazione di Marketing è quella di cavalcare l’Unicorn-mania, tendenza che ha fatto grandi numeri negli ultimi anni.

Prima è stata la volta dell’Unicorn Hair, moda che per trasformare la propria chioma in mitologica richiedeva preventivamente addirittura una decolorazione del capello. Poi anche la moda ha fatto la sua parte, proponendo ampiamente l’animale fantasy anche per accessori come zainetti ed altro. Ma il top si è visto certamente nell’Unicorn-food con il quale l’unicorno è diventato protagonista di cibi e bevande.

Ha iniziato la Californiana Cream & Sugar, seguita a ruota da Starbucks che gli ha dedicato una versione del suo Frappuccino. Poi è stata la volta di spaghetti, insalate, pizza e tanto altro ancora. Adesso con il Vino Unicorno la proposta enogastronomica sembra completata.

Quello che lascia pensare non è certo la presenza di un prodotto o di una moda, in quanto nell’ambito della legalità ognuno è libero di consumare quello che vuole. Malgrado ciò l’operazione di Marketing che lega una bevanda come questa al termine vino, rimane comunque moralmente discutibile e forse ingiustificata.

Uno sfruttamento della parola “Vino” fine a se stesso, che punta esclusivamente ad utilizzare il suo potere evocativo a scopo glamour, per meglio diffonderlo sui social network. Forse qualcuno si chiederà se è il caso di assaggiarlo prima di emettere giudizi, ma per quanto mi riguarda il dubbio non si pone nella maniera più assoluta, perché Il vino è una cosa seria e la sua dignità gli è dovuta.

Bruno Fulco


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