Stile e Società

Il vino Italiano si presenta al Vinitaly con ottimi numeri, ma vigilare è d’obbligo

I numeri si sa vanno interpretati e presi per quello che sono, ma forniscono sempre una fotografia reale di come si muovono le tendenze. Quelli del vino italiano restituiscono un settore in salute e in crescita, ed anche se molto è ancora da fare, la performance attuale lascia intravedere una potenzialità ancora da sfruttare a pieno.

A fornire questi indicatori è l’Area Mediobanca, con la sua ricerca annuale che precede il Vinitaly e che segnala per il 2017 una crescita dei ricavi pari al 6,5%. Il campione di riferimento sono le 155 aziende che insieme coprono il 76% del mercato e che insieme, fanno registrare anche un aumento dei dati dell’export per un 7,7%.

Le interviste effettuate da Mediobanca presso queste Aziende, forniscono un quadro d’insieme che giustifica lo slancio di ottimismo nutrito da operatori e addetti ai lavori anche per l’anno in corso. Per la quasi totalità di queste (93%), sarà ancora un anno di ricavi in crescita, ed il 17,4% di loro si aspetta incrementi superiori al 10%. La visone pessimista rimane in quota ridotta, sostenuta dal 7% che teme un passo indietro.

La classifica 2017 in base ai fatturati dei produttori conferma “i soliti noti”. In testa c’è il Gruppo Cantine Riunite-GIV con 594 milioni, che registra un +5,1% sul 2016, seguito da Caviro   315 milioni e un +3,9%, con Antinori 221 milioni e +0,4% a completare il podio. Tra i gruppi più forti figurano anche Zonin con 201 milioni e un +4,2% e Fratelli Martini, con 194 milioni che si segnala anche per una significativa crescita del 13%.

Altro dato significativo fornito dalla ricerca di Mediobanca è quello che mostra la forza delle aziende in base alla solidità di bilancio, permettendo anche di osservare la distribuzione delle performance sul territorio nazionale e di conseguenza, dove la capacità di fare impresa sia più forte. In questa classifica imprenditoriale del vino italiano, il Veneto si afferma come regione più virtuosa piazzando ben sei Aziende tra le prime dieci, davanti alla Toscana con tre e il Piemonte con una.

Numeri interessanti anche quelli relativi al mercato interno, che superata la sua crisi ha ripreso a viaggiare ininterrottamente dal 2014 ai giorni nostri. Nell’ultimo anno ha registrato un aumento dei fatturati quantificabile in un +5,2%, ma il costante incremento annuale non permette lo stesso di abbassare la guardia. Pensare che tutto vada avanti da se sarebbe un grande errore, anche perché sono diverse le minacce alle abitudini di consumo degli Italiani.

L’ossessione dell’export però, colpisce molte delle aziende italiane, che  si curano del consumo nazionale in maniera minore. Alcuni produttori cadono addirittura dalle nuvole quando gli si chiedendo riferimenti sulla distribuzione italiana dei loro vini. La risposta più frequente è un sorriso di circostanza, accompagnato dal commento “bè….la maggior parte della nostra produzione è per il mercato estero”.

Fortunatamente tra loro, sono ancora molti ad avere ben chiara l’importanza del consumatore nazionale. Sarebbe grave il contrario perché in questo mondo di meltin pot e globalizzazione, le tendenze insidiano pericolosamente da vicino le abitudini tradizionali del bere Italiano. Il consumo di vino a tavola è in costante diminuzione, mentre aumenta l’assunzione di alcol fuori dai pasti.

E’ specialmente il mondo dei giovani ad accentuare questa modalità. Figli dei tempi moderni e di una socialità modificata rispetto al passato, sostituiscono il vino ai pasti con la condivisione di alcolici in aperitivi ed altri appuntamenti. Questo fenomeno è stato quantificato dal Ministero della Salute, congelato in un report sugli interventi realizzati in materia di alcol e problemi correlati, poi recapitato in parlamento.

Tematiche di mercato a parte, i numeri forniti dalla ricerca rivestono tutt’altra importanza e non sono da prendere sottogamba. Soprattutto perché si parla anche di minori tra i 16 e i 17 anni dove è in aumento la modalità  “binge drinking” ovvero, l’assunzione di molto alcol in breve tempo e lontano dai pasti. Questi al 2016 erano già il 17%,  con ulteriori 800.000 individui a rischio in questa fascia d’età.

Non va meglio tra gli over 65, dove le persone che in breve tempo potrebbero essere interessate al problema sono 2,7 milioni. Ma qui il tema scivola rapidamente nella drammaticità e merita ben altri approfondimenti lontani dal tema del consumo. Qui ci si limita a richiamare l’importanza del consumo interno e del bere responsabile, il cui teatro naturale è la tavola. E’ una parte di quel Made in Italy che tutto il mondo ci invidia.

L’ammirazione di una cultura e uno stile di vita, che non bisogna dare per scontato intervenendo sin dalle giovani generazioni. Lavorare con gli ambasciatori futuri del made in italy, per creare le basi di una solida cultura alimentare, rispettosa dei propri prodotti e che sappia resistere alla girandola di tendenze che si succedono una dopo l’altra.

Un intervento possibile a partire dalla scuola, dove in maniera sinergica le varie componenti potrebbero collaborare e come in parte già si sta facendo, anche se non basta. Tra queste l’apporto dei produttori  di vino farebbe sicuramente la differenza con un ritorno sicuro, sia sul piano commerciale che come contributo sociale.

Bruno Fulco


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