Stile e Società

Topinambùr mon amour

Non avrei mai pensato fossero così preziosi quei bulbi bitorzoluti della pianta infestante, con foglie spinosette, quando ogni primavera aiutavo mia madre ad estirpare dal terreno intorno al roseto delle strane piantine o in autunno i rigidi steli rimasti, sulla cui cima svettavamo belle margherite giallo oro, ed emergevano radici così anomale.

Che ne capivo allora di cucina, mentre divoravo la vellutata di topinambur, di casa, con i crostini di pane tostato! Sapevo solo che mi piaceva da impazzire.
A furia di estirparli si sono estinti, intanto io avevo spiccato il volo per altri lidi. Li ho scoperti una ventina d’anni dopo in un supermercato e, ricorrendo all’esperienza culinaria della mamma, ho realizzato la medesima ricetta, che – ciclo della vita – ha fatto impazzire il palato della mia figliola.
Da allora ogni anno, appena li scopro in vendita, stessa minestra!
A volte, dopo averli puliti e affettati per la zuppa, una parte la friggo in olio come fossero chip e li faccio anche trifolati (senza cipolla). Una delizia di contorno!

La navigazione a tavolino per elaborare un pezzo che renda tutto l’onore che merita questo tubero mi ha fatto trovare una serie di ricette, dall’impiego nel risotto all’abbinamento con i funghi, con le capesante, in pure di patate e sedano rapa, in salsa di pomodoro. Ma tranquillamente si può assaporarlo crudo, in insalata, per chi ama il gusto, e il retrogusto, tra la patata dolce e il carciofo.
In Piemonte, infatti, chiamato “ciapinabò”, è usato con la “bagna cauda”, antico abbinamento al tradizionale piatto autunnale contadino.

A casa mia del topinambur piace essenzialmente il sapore genuino da protagonista assoluto, però ho trovato una ricetta sfiziosa che copierò per il pranzo di Natale: crespelle farcite al forno con besciamella.

Ecco la sintetica scheda del Topinambur.
Nome scientifico Helianthus tuberosus, della famiglia delle Asteracee, varietà di Girasoli, con infiorescenza a capolino. Si adatta a tutti i tipi di terreni, cresce facilmente lungo le strade e i fossi, in prossimità di corsi d’acqua. Le piante in autunno formano macchie ben visibili sia per la loro altezza che raggiunge i 3 metri sia per il colore giallo acceso dei fiori che sembrano grandi margherite.
È diffuso spontaneamente in quasi tutta l’Europa e in quasi tutte le regioni italiane. Coltivazioni sono presenti soprattutto in pianura padana.
È di origine americana, portato in Europa nei primi anni del ‘600 e apprezzato prima della patata.
È conosciuto con i più svariati nomi: patata del Canada, carciofo di Gerusalemme, rapa tedesca, tartufo di canna, pera di terra, girasole del Brasile.
 
In Portogallo si chiama anche “batata tupinamba” o “tupinambò”, giacché è una delle varietà di tuberi da sempre coltivata e consumata dagli amerindi, scoperta dai Colonizzatori portoghesi presso il gruppo etnico dei Tupi o Tupinambà, che ha dominato quasi tutta la costa brasiliana fino all’arrivo degli europei.

Le sue proprietà: è a basso contenuto calorico, contiene proteine e poco grasso, ricco di fibre e di inulina, un carboidrato non assorbito dall’intestino. Ideale per i diabetici. Sfruttato dai vegetariani e dai crudisti.

Maura Sacher


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