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Sul Garda un brindisi europeo

Alla tradizionale anteprima di Vinitaly organizzata da Gianpaolo Girardi patron di Proposta Vini  erano presenti 137 aziende: tutte le regioni italiane e 4 nazioni: Francia, Spagna, Austria e Ungheria.

Molto interesse per i vini estremi, i biologici Piwi resistenti agli attacchi fungini, gli ancestrali, i Vini dell’Impero , i vini delle Isole minori, i vini delle Città italiane, i Vini dell’Angelo, le bollicine da antiche varietà d’uva italiane e per il mitico “Ciso” di Mama d’Avio, un Lambrusco a faglia frastagliata franco di piede d’inizio Novecento salvato da alcuni vignaioli trentini dell’associazione “I Dolomitici”.

Dalla Spagna all’Austria, dalla Francia all’Ungheria, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, dal Trentino Alto Adige alla Sardegna.

Per tre giorni il centro congressi Benacus dell’Hotel Resort Parchi del Garda di Lazise ha ospitato la convention annuale di Proposta Vini, l’azienda di Cirè di Pergine specializzata nella selezione e commercializzazione di vini e spumanti.

Una vera e propria anteprima di Vinitaly (Verona 7-10 aprile) che ha richiamato sulle sponde del Lago di Garda migliaia di buyer, enotecari, ristoratori, wine lover e opinion leader.

Centotrentasette le aziende presenti con le loro etichette più prestigiose, aziende che operano nel rispetto e nel mantenimento delle tradizioni dei loro territori d’origine.

Piccoli produttori, in qualche caso produttori eroici, per i quali Proposta Vini cura la commercializzazione e la distribuzione dei loro prodotti permettendo così alle aziende di potersi concentrare sul lavoro in campagna e in cantina.

L’edizione numero 33 della convention gardesana ha ruotato attorno al tema delle denominazioni legate alla territorialità, alle tradizioni, al “genius loci”.

Dobbiamo riconoscere che l’Italia non è la Francia – ha sottolineato Gianpaolo Girardi, patron di Proposta Vini presentando l’evento – ed è certamente più facile per un produttore di Champagne, di Bordeaux o di Borgogna conquistare il mercato.

Nel nostro Paese non è così: salvo rare e lodevoli eccezioni i produttori devono fare i conti con un mercato che non conosce le innumerevoli espressioni enoiche italiane.

Ecco perché dobbiamo legare sempre più i nostri vini alla storia e alle tradizioni di un determinato territorio.

Oggi, ad esempio, il paese di Furore grazie al vino e alla lungimiranza di alcuni produttori è più famoso di Amalfi, Ravello e Positano. Sarebbe come se il comune di Dolo fosse più conosciuto di Venezia e Padova.

Lo stesso vale per Soave, Lugana, Custoza, Bardolino, Barolo, Montalcino, Bolgheri, Frascati, Taurasi, Cirò e la lista potrebbe continuare all’infinito. Ecco allora che il vino presentato nel e con il suo territorio ne diventa l’ambasciatore in Italia e nel mondo.

Presi d’assalto gli stand dei vini “eroici”

Tornando alla “kermesse” gardesana, il Trentino era presente in gran spolvero con sedici aziende: Albino Armani, Battistotti, Borgo dei Possèri, Casata Monfort, La Cadalora, Longariva, Consorzio Cembrani Doc, Alfio Nicolodi, Paolazzi, Pelz, Francesco Poli, Pravis, Salizzoni, Vallarom, Villa Persiani, Rudi Vindimian.

Presi d’assalto tutti gli stand, in particolare quelli che proponevano i vini cosiddetti “eroici” (vini prodotti in condizioni estreme, geograficamente impervie con uve coltivate in minuscoli fazzoletti di terra strappati alla montagna, alle rocce, al mare), i vini ancestrali, i vini  delle Isole minori, i vini delle Città, i vini dell’Impero, le bollicine da antiche varietà d’uva italiane, i Vini dell’Angelo (una trentina di varietà presenti in Trentino fino alla Grande Guerra recuperate e riportate a nuova vita con l’obiettivo di salvaguardare la biodiversità: Pavana, Turca, Portoghese, Valderbara, Groppello, Casetta, Rossara, Peverella, Vernaza, solo per fare qualche esempio).

Affollatissima la corsia degli Champagne

Affollatissima la corsia della Francia con gli Champagne Encry e Georges Vesselle, con i grandi vini di Bordeaux, Bourgogne, Languedoc e Val de Loire. E così pure le postazioni della Spagna (Cava Recaredo), dell’Austria (Kastner) e dell’Ungheria con il leggendario Tokaji Aszù 6 Puttonyos della cantina Fuleky.

Molta curiosità hanno suscitato le cantine che proponevano i vini biologici Piwi (acronimo di Pilzwiderstandfaehig), vitigni resistenti agli attacchi fungini: Solaris, Johanniter, Bronner.

Ed altrettanto successo ha riscosso, allo stand di Francesco Poli, il Lambrusco a foglia frastagliata del gruppo di vignaioli “I Dolomitici” dedicato al mitico Narciso, soprannominato “Ciso”, il contadino di Mama d’Avio che ci ha consegnato intatto dopo 110 anni un vigneto storico legato ad una antica varietà della Vallagarina: il Lambrusco.

Il vigneto a pergola doppia fu piantato ad inizi Novecento ed è composto da 727 ceppi di Lambrusco a foglia frastagliata franchi di piede. Il merito di averlo strappato all’estinzione è di dieci vignaioli trentini (Cesconi, Dalzocchio, Foradori, Eugenio Rosi, Fanti, Francesco Poli, Gino Pedrotti, Maso Furli, Vilar, Marco Zani) che hanno deciso di produrre un vino in grado di esprimere l’essenza di questa storica varietà e il sapore genuino della terra in cui affonda le sue antiche radici. Emozionante l’assaggio del “Perciso” annata 2014. Piacevolissimo per schiettezza e tipicità. In alto i calici.

Giuseppe Casagrande


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