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Siccità prolungata e invasi, problema per l’agricoltura

La siccità è un dramma per l’agricoltura, ma anche la raccolta dell’acqua piovana è un problema. Adesso è piovuto abbastanza e pure sta nevicando in montagna, che si fa di questa grazia di Dio?

Si provvede a costruire un maggior numero di bacini o vasche o comunque potenziare qualche tipo di invaso per raccogliere l’acqua da usare nei tempi di siccità?

 

Signori politici e amministratori della cosa pubblica, avete un piano?

O, per risparmiare l’utilizzo, dobbiamo noi cittadini a continuare mettere in pratica le recenti raccomandazioni: lavarci non troppo spesso e con poca acqua, piatti a mano e non in lavastoviglie, lavatrice a carico pienissimo, e quant’altro, a nostro ulteriore sacrificio?

È ben vero che le aziende agricole possono stipulare polizze assicurative agevolate per proteggere le proprie coltivazioni da fenomeni atmosferici catastrofici imprevisti e imprevedibili, come ad esempio sistemare coperture a protezione dalla grandine. Ovviamente sborsando di persona.
E chi compensa la perdita dei raccolti ortofrutticoli a causa della siccità?

Non dobbiamo nemmeno ignorare il dramma del settore zootecnico.
Senza abbeverarsi le mucche non producono il latte, e le bovine da latte assumono anche 20 litri d’acqua alla volta per 7-12 volte al giorno.

Inoltre è ben vero che la rete idrica nazionale è un colabrodo e noi paghiamo anche l’acqua che va persa. Ma chi deve provvedere?

 

I cicli storici si ripetono anche rispetto al clima

Non cadete dal seggiolone, non fate gli ignoranti, la teoria dei cicli e ricicli va accettata.

Bisogna accettare i cambiamenti climatici, bisogna tener conto che le zone cosiddette “temperate” della Terra si stanno nuovamente riscaldando (dopo la “piccola glaciazione” durata dall’anno Mille fino a circa a metà dell’Ottocento).
E dobbiamo, pertanto, anche sapere che il crescente aumento delle temperature, unitamente alla maggiore evaporazione delle superfici acquee, produrrà sempre più estesi fenomeni siccitosi.

Non sono sufficienti i grossi temporali – del resto sempre più violenti, nubifragi, quasi dei tornado con bombe d’acqua repentine e fortunatamente di breve durata – a fornire al terreno l’umidità necessaria.

È sensato correre ai ripari e gestire la disponibilità di risorsa idrica, giacché particolarmente a rischio è tutta la filiera alimentare.

Come interviene lo Stato, e quando?

Oh, sì, certo, qualche Regione, dopo la crisi d’acqua di questa primavera, ha provveduto a istituire bandi a sostegno di agricoltori (in possesso di un bel po’ di precisi requisiti) che investono/investiranno in opere di raccolta e stoccaggio delle acque pluviali da destinare ad uso irriguo aziendale.

In pratica il Governo scarica sui singoli e sulle amministrazioni locali le spese, e la responsabilità, della realizzazione di invasi/vasche/serbatoi.

Burocrazia permettendo, visto che i bandi necessitano di una caterva di scartoffie e di passaggi amministrativi, pertanto un’eternità di lungaggini anche per l’approvazione dei progetti.
Forse tra 5 anni arriveranno i permessi e qualche altro annetto per efficientare gli impianti.

Era ancora in carica Patuanelli quando in un’informativa alla Camera (13.07.2022) concluse il suo lungo discorso con queste parole: «La criticità ci costringe a fare più che parlare».
E poi i soliti “stiamo cercando di accelerare…”, “rendere disponibile la risorsa che c’è”, “consapevoli del fatto che”. .. Insomma “ci stiamo lavorando”.

E intanto si comincia dai baracconi mangia soldi, tipo Commissioni e Commissari, Programma di sviluppo, Fondo per lo sviluppo, Fondo per il rilancio, Studi di impatto sostenibile, studi di fattibilità …
Ah, dimenticavo c’è anche il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC) e pure una speciale sezione nel PNRR.

Il tutto rimandato a questa nuova legislatura, che ha due ministeri ad hoc: ministri dell’Ambiente e della sicurezza energetica, e dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
E questi che intendono fare?
Speriamo non si mettano a dar retta a certe organizzazioni, che mirano più a tutelare la Natura che gli Umani. E poi non dicono niente sullo scempio delle campagne per posizionare chilometri quadrati di pannelli solari.

È urgente trovare una soluzione equilibrata

Prima di tutto sfruttare quei canali di accumulo che i nostri antenati avevano realizzato e che si vedono ancora lungo i campi coltivati, rimettere in sesto quei piccoli specchi d’acqua, in mezzo a paesaggi incolti e che stanno andando in deperimento non tanto per mancanza idrica ma per incuria con imputridimento.

In alcune zone questi laghetti, se curati e protetti, potrebbero anche avere finalità turistiche, inseriti nel paesaggio.

 

Costruire riserve idriche è indispensabile non solo per l’uso agricolo, industriale o civile, bensì anche antincendio, e Dio sa se quest’estate con le migliaia di boschi incendiati non ce n’era bisogno!

Maura Sacher


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