Il Grande Evento non è ancora iniziato e già troppe sono le polemiche, dai costi e dallo scandalo negli appalti alle discutibili ottimistiche aspettative di 20 milioni di visitatori, di cui 6 dall’estero e 14 dall’Italia, e persino questo numero di italiani che aspirerebbero ad una capatina a Milano Expo 2015 appare sbalorditivo, non si muovono in tanti nemmeno per le ferie di luglio e agosto.
Forse quello che è andato un po’ sotto silenzio, senza suscitare troppo clamore, almeno fuori Lombardia, è la notizia dell’incerto futuro utilizzo del mega complesso, non perché non sia stato previsto, anzi, ma perché alla scadenza del bando indetto per aggiudicare le aree del milione di metri quadrati, nessuna domanda è stata presentata.
È, dunque, più che lecito domandarci che uso verrà fatto di tutto ciò che è stato prodotto in questi lunghi faticosi anni per mostrarsi “perfetti” all’appuntamento del 1° maggio col Mondo.
Il fatto è che per costruire il polo espositivo, situato al limite del territorio comunale di Milano con un lembo nel Comune di Rho, sono state eseguite innumerevoli opere su proprietà agricole ed industriali, stravolgendo l’esistente, basta leggere qui http://www.expocantiere.expo2015.org/il-cantiere per comprendere l’entità degli interventi, e qui per vedere l’estensione (una piastra lunga circa 2 km e larga dai 350 ai 750 m) https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=7n4FUOwyao0.
Le linee guida del Masterplan post Expo indicano criteri precisi per l’investimento a posteriori sull’area, metà da destinare al verde, base d’asta 315 milioni e mezzo, escluse offerte al ribasso e proroghe. Asta deserta, zero domande. Nero futuro?
Poco importa al comune cittadino di chi ora se ne dovrà occupare per trovare soluzioni, stante che lo smantellamento dei padiglioni dovrà concludersi il 31 luglio del 2016, ed entro il 31 dicembre dello stesso anno dovrà essere approvato lo strumento urbanistico di riqualificazione.
Già, è in gioco una maxi trasformazione urbanistica, chiamiamola pure “riqualificazione”, burocraticamente “variazione di destinazione d’uso”, dato che l’idea del piano post era un mix di destinazioni urbanistiche, ovverossia edifici con appartamenti residenziali, negozi e uffici, oltre un parco “pluritematico” di 440mila mq, che viene fatto risaltare per il conforto dell’opinione pubblica.
È stata ventilata l’ipotesi di una cittadella per lo sport e un nuovo stadio del Milan, persino la RAI avrebbe considerata la possibilità di realizzarvi una nuova sede, il tutto da integrarsi con il Parco pluritematico il quale dovrebbe contemplare “agroalimentare, biodiversità, sostenibilità e ambiente”, unitamente a “ricerca, incubazione, formazione, sostegno a imprese innovative” e infine a “sociale, culturale e terzo settore”. Parole, parole, parole …
Se entro dicembre 2016 non si giungerà ad una soluzione proficua per la collettività, dopo lo smantellamento delle strutture fieristiche (dove queste andranno a finire è un’altra storia da raccontare), si può paventare che il destino della zona ex Expo sia quello di tanti altri mega impianti: l’abbandono, a cui seguirà un degrado totale dell’area, buona solo come rifugio per i vagabondi. Nuovo tema per un servizio di ‘Striscia la notizia’. E intanto noi lo anticipiamo.
Si farà in tempo prima che le erbacce crescano nei vialetti e le residue strutture cedano alle intemperie?
Maura Sacher
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