Tribuna

Quanto è chic il vin d’honneur

I francesismi nelle formule di cortesia sono ritenuti una finezza, una sciccheria che nelle intenzioni di chi le adotta dovrebbero indicare l’elevato tono dell’evento, come denota il bel R.S.V.P. (répondez s’il vous plaît) in italiano garbato corrispondente a “Si prega di dare conferma”, aggiunto in calce all’invito formale, spesso ahimè ignorato da molti.

In verità, la formula gallica del vin d’honneur nasce per essere applicata alle occasioni veramente importanti, dove ci sia un ospite d’onore da salutare e omaggiare per la sua presenza, per dargli uno speciale benvenuto insomma, in particolare se si tratta di un convenuto di prestigio. Vale anche se gli ospiti costituiscono un gruppo in visita, e pertanto è un modo gentile di accoglienza. 
È intuitivo che questi sono casi di alta ufficialità, non solo in ambiente diplomatico ma anche in quello del business.
Invece, molto spesso leggiamo la formuletta anche sui cartoncini di invito o sulle locandine con il programma di una manifestazione culturale, che ora viaggiano preferibilmente per e-mail, “Seguirà un vin d’honneur”.

Essendo io anche una organizzatrice di eventi, mi sono più volte sentita dire: perché non concludiamo la manifestazione offrendo una bicchierata (o un piccolo rinfresco)? Infatti, sembra che evidenziare sul comunicato che viene offerto qualcosa, da bere o da mangiucchiare, faccia affluire un maggior numero di persone, decretando il successo della manifestazione. Che poi questo qualcosa offerto si riduca ad un calicetto di frizzantino e un paio di ciotole di patatine i convenuti sono contenti lo stesso, pronti a ripresentarsi le prossime volte che vedranno un simile invito.
Scontato è concludere una vernissage o festeggiare l’inaugurazione di un nuovo esercizio commerciale con un rinfresco, ma certo è improprio usare la dicitura “Seguirà un vin d’honneur”, semplicemente perché il rinfresco non viene “offerto” in onore di un ospite importante, ché anzi è l’artista o l’esercente (o l’organizzatore dell’evento) ad “offrire” per ringraziare i presenti di essersi ‘scomodati’ per intervenire.

Volendolo inquadrare nella corretta prospettiva, il “vin d’honneur” calza bene invece ad un ricevimento di nozze, rappresentando da quella sorta di aperitivo o cocktail consumato dagli invitati prima del pranzo, per permettere a costoro di felicitarsi in anteprima con i neo coniugi o di scambiare quattro chiacchiere tra di loro e conoscersi prima di mettersi a tavola, in attesa degli sposi dal tour fotografico.

In pratica il “vin d’honneur” sostituisce o precede, a seconda delle occasioni, il “brindisi” in onore delle persone più importanti nel consesso.
Il Galateo italico consiglia di usare le espressioni conformi alla nostra lingua e alle nostre tradizioni. Strabordare non è mai bon ton né chic.

donna Maura
m.sacher@egnews.it


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