Tribuna

Perché la successione delle portate è un cliché da cui non si sgarra?

Chissà se qualcuno si è mai posto la domanda. È proprio così scontato che le minestre, liquide e asciutte debbano essere mangiate prima della carme? chi ha stabilito che nei convivi di eccelso livello il pesce vada presentato prima dell’arrosto di carne? E da dove deriva le regola che la frutta debba chiudere il pasto dopo il dolce, a parte il caffè da buon ultimo?

È di sicuro una sorpresa per molti venir a sapere che non è stato qualche estroso nutrizionista dello scorso secolo a stabilire la sequenza delle pietanze, bensì medici filosofi vissuti millenni orsono i quali classificarono gli alimenti in positivi e negativi per l’organismo, e tale catalogazione venne fatta propria dalla medicina europea fino al 1500-‘600. Fu, infatti, il sapere di Ippocrate (V-VI a.C.) ripreso da Galeno (I-II d.C.) a fondare la teoria degli “umori” connessi alla salute e alla alimentazione, secondo cui i cibi facilmente digeribili dovevano essere consumati per primi, seguiti gradualmente dai piatti più pesanti.
Pertanto la sequenza corretta, accettata ed applicata, fu: antipasti, minestre liquide, minestre solide, pesce, carne, insalate, formaggi, dolci-pasticceria, frutta (“ab ovo ad malum”, “dall’uovo alla mela”).

Si credeva che, se questa sequenza non fosse stata rispettata, i cibi pesanti sarebbero sprofondati verso la fine dello stomaco, bloccando il condotto digerente in maniera tale che la digestione sarebbe stata estremamente lenta, provocando la putrefazione del corpo e attirando gli umori cattivi all’interno dello stomaco.
Era anche di vitale importanza che cibi dalle differenti proprietà, di natura calda e secca, fredda e umida, non venissero mischiati: per esempio proteine animali con i carboidrati, come si dice oggi e come il diplomatico artefice del cosiddetto “servizio alla russa” ha applicato alle sue mense agli inizi del 1800, nauseato dall’ammasso di sapori e odori di quelle pietanze che troneggiavano tutte assieme sulle mense nobiliari e che i commensali mischiavano per saziarsi, senza alcuna priorità.

È ben vero che alcuni nutrizionisti moderni incitano a far precedere il pasto da un piatto di verdure, giacché a loro dire “ingannano” lo stomaco e fanno percepire un senso di sazietà, gonfiandolo, ossia dando veloce inizio alla macerazione. È certamente un buon trucco, visto con i miei occhi anche in certi ristoranti che servono la terrina delle verdure facendoti attendere un bel po’ la carne o il pesce, finché non svuoti il contenitore.
Ma in realtà basterebbe che ognuno eviti di alternare una forchettata di carne con una di contorno, crudo o cotto, seguendo anche il consiglio del Galateo stesso che dice di non ingarbugliare i cibi nel piatto ma di assaporarli uno alla volta.

A volte nei grandi banchetti i cuochi stellati applicano tali dettami della medicina antica senza saperlo, per esempio quando presentano un consommé o un sorbetto al momento giusto di stacco tra portate importanti.
Con buona pace di chi (la categoria dei dietologi in primis) crede di aver scoperto l’acqua calda.

donna Maura
m.sacher@egnews.it


Grazie per aver letto questo articolo...

Da 15 anni offriamo una informazione libera a difesa della filiera agricola e dei piccoli produttori e non ha mai avuto fondi pubblici. La pandemia Coronavirus coinvolge anche noi.
Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati, in questo periodo, è semplicemente ridotta e non più in grado di sostenere le spese.
Per questo chiediamo ai lettori, speriamo, ci apprezzino, di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di lettori, può diventare Importante.
Puoi dare il tuo contributo con PayPal che trovi qui a fianco. Oppure puoi fare anche un bonifico a questo Iban IT 94E0301503200000006351299 intestato a Francesco Turri

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio