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Parliamo della mortadella di Bologna

di Pier Luigi Nanni   Questo salume è stato il primo a meritarsi un riconoscimento che si può definire l’antesignano de “Origine Controllata” o “Protetta”, ben nove secoli fa: precisamente quando una delle Corporazioni di Arti e Mestieri più antiche di Bologna, quella dei “Salaroli”, determinò norme precise per la sua preparazione, sottoponendo la mortadella a rigidi controlli di produzione e fregiandola di un apposito sigillo.

Tuttora conservati presso l’Archivio di Stato di Bologna, gli statuti della “Societas Salarolorum”, risalenti al XIII° sec ed il più antico è datato 1242, documentano come questo insaccato fosse tutelato e garantito dalla Corporazione, anche per mezzo di sanzioni che venivano inflitte a chiunque non ne rispettasse i regolamenti.

Fin da allora, il nome del capoluogo emiliano è legato per antonomasia a quello del salume stesso, universalmente noto appunto come “BOLOGNA”.

L’origine del termine “mortadella” è alquanto controversa: chi lo ritiene derivi dal latino “murtatum”, che indicava carne insaccata e condita col mirto, myrtum; altra ipotesi è quella che lo fa derivare dal tardo latino “mortarium”, il mortaio nel quale i frati bolognesi, a cui risalerebbe l’origine dell’insaccato, pestavano l’impasto di carne mescolato al grasso ed alle spezie.

Alcune citazioni si ritrovano in una ricetta toscana del ‘300, ma molto variegata negli alimenti utilizzati: veniva prodotta con fegato, uova, maggiorana, prezzemolo ed uva passa. Decisamente molto diversa da quella già prodotta un secolo prima a Bologna.
La prima codificazione ufficiale e ricetta per la preparazione, è stata scritta nel 1549 dallo ‘scalco’, l’odierno cuoco, di corte degli Este di Ferrara, Cristoforo da Messisbugo.

Solo nel ‘600 e grazie all’Accademico bolognese Vincenzo Tanara, autore di numerosi trattati di agronomia e culinaria, che questo salume si trasformerà all’incirca nel prodotto che conosciamo oggi, grazie all’aggiunta di carni grasse quali gola, pancetta, parte della schiena senza la cotenna e carne magra di coscia, lombo e/o spalla senza grasso. Inoltre, possono essere impiegati acqua, aromi con esclusione di quelli di affumicatura e sostanze aromatizzanti ottenute per sintesi chimica ma di origine naturale vegetale o animale, spezie ed erbe aromatiche, il pistacchio, zucchero [dose max. 0,5%], nitrito di sodio e/o potassio [dose max.140 p. p. m.], acido ascorbico, sale sodico, glutammato monopodico.
Le parti carnee, opportunamente condizionate termicamente, vengono sottoposte a sgrossatura ed omogeneizzazione. La miscela risultante è immessa nell’impianto di triturazione che riduce la granulometria dei diversi componenti attraverso il passaggio in una serie di piastre con fori di diametro decrescente, ciascuna preceduta da un particolare coltello, chiamato “sterminio”. Il tipo e la sequenza degli organi di taglio sono legati alla composizione della miscela, alla temperatura di alimentazione ed alle caratteristiche dell’impianto stesso di triturazione.

È norma che l’ultima piastra deve avere fori < di 0,9 mm. e la temperatura < di +1°C.
Per la “preparazione” dei lardelli, il grasso può derivare dalla gola o dalla schiena: il primo è migliore, in quanto stabile alle alte temperature, mentre l’altro può subire la fusione. Tale composto è refrigerato ed introdotto nella cubettatrice e successivamente immesso in una macchina chiamata “scalda-lava-asciuga lardelli” per poter eliminare tutto quel grasso che fonde alle basse temperature.

Con macchinari sterilizzati, si esegue la ”impastatura” di tutti i componenti in ambiente sottovuoto o a pressione atmosferica, con l’aggiunta della concia composta da: sale, macis, cannella, semi di carvi e di coriandolo, noce moscata, chiodi di garofano, anice stellato, a volte anche latte in polvere, inoltre, nelle versioni aromatizzate, anche aglio e tartufo: il tutto completato con i “lardelli”, tondelli di grasso suino tagliato a cubetti più o meno grandi. Gli involucri utilizzati, sono naturali, quali la vescica di maiale, o artificiale, con pezzatura da 500 g ad oltre 2 q.

La “cottura” avviene in stufe ad aria secca ed è un’operazione particolarmente delicata, in quanto in tale momento si determina l’aspetto esterno, il colore e la consistenza. L’entità del trattamento è legato al diametro del prodotto e la temperatura al cuore del prodotto stesso, non essere inferiore a 70 °C: il tempo di cottura si aggira tra 12 e 23 ore.

Dopo tale operazione, il prodotto deve essere rapidamente “raffreddato”: la temperatura al cuore, deve raggiungere nel minor tempo possibile valore < a 10 °C. evitando così la comparsa di acidificazioni dovute dai microrganismi presenti nell’impasto e l’inaridimento tendendo il budello che l’avvolge senza che si verifichino raggrinzimenti: si esegue subito una doccia fredda e poi si utilizzano delle apposite celle refrigeranti.

Sul bollo, si trova ad una delle estremità dell’insaccato, cioè dall’etichetta, nel caso di prodotti confezionati sottovuoto, si può verificare la provenienza delle carni utilizzate:
– S – esclusivamente con carni di puro suino;
– B – con carni suine ed ingredienti di carni bovine;
– O – con carni suine ed ingredienti di carni ovine;
– C – con carni suine ed ingredienti di carni equine.
La “MORTADELLA BOLOGNA” all’atto dell’immissione al consumo deve possedere:
Caratteristiche Organolettiche
– aspetto esterno – forma ovale o cilindrica;
– consistenza – il prodotto deve essere di consistenza compatto e non elastico;
– aspetto al taglio – la superficie di taglio deve essere vellutata e di uniforme colore rosa vivo. Nella fetta essere presenti, in quantità non inferiore al 15% della massa totale, quadrettature bianco-perlacee di tessuto adiposo, i lardelli, eventualmente unite a frazioni muscolari: devono essere completamente assenti sacche di grasso e gelatina, mentre il velo di grasso limitato;
– colore – rosa vivo uniforme;
– profumo – tipico ed aromatico;
– gustosità – sapore tipico e delicato senza tracce di affumicatura.
Caratteristiche Chimiche e Chimico-Fisico
– proteine totali: > di 13,5%,
– rapporto proteine/acqua: < di 4,10;
– rapporto proteine/grasso: < di 2,00;
– rapporto proteine/collageno: < di 0,20;
– ph: > di 6,00.
L’area di produzione della mortadella comprende tutto il territorio delle regioni:
Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto, Lazio, Toscana, provincia di Trento.
La storia della Mortadella è davvero plurisecolare ed è intrecciata strettamente con la gastronomia bolognese: chissà che uno degli appellativi attribuiti alla città, la “Grassa”, non sia stato ispirato in parte proprio dalla ricca consistenza che caratterizza questo suo tipico prodotto.
Il profumo è caratteristico ed accattivante, speziato ed inconfondibile, mai pungente e tanto meno aggressivo, sempre delicato e suadente.
La gustosità è piena, giustamente sapida così pure l’omogeneità del retrogusto e mai coprente. L’aroma dell’impasto perfettamente equilibrato e dalla giusta presenza dei lardelli, che sono ben incorporati nella massa stessa senza staccarsi nel momento che si affetta, ne conferiscono una riscontrabile dolcezza.

VALORI NUTRIZIONALI DELLA MORTADELLA X100 g
– valore energetico : 317 kcal –
– proteine : 14,70 g –
– carboidrati : 1,50 g –
– lipidi : 28,10 g –
– acqua : 52,30 g –
– sodio cloruro . 0,60 g –
– calcio : 0,009 g –
– ferro : 0,002 g –
– potassio : 0,13 g –
– fosforo : 0,18 g –
– vitamina B1 : 0,0002 g –
– vitamina B2 : 0,036 g –


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Redazione

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