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O mangi ‘sta minestra o … e si sceglie il male minore

Nella minaccia del peggio, si opta per il male minore, ossia si mangia la minestra, anche indigesta.

Che poi ti resta sullo stomaco, buttarla giù è come “inghiottire rospi”, e non certo “come bere un bicchier d’acqua”.

Che poi in fondo è sempre la solita minestra, minestrone, zuppa, o polenta, quella che ci propinano e tanto ci si è “fatto il callo” che nemmeno ci accorgiamo.

 

Anche perché sono anni che non cambia.
Anzi, forse oggi più che mai la minestra, l’informazione è a senso unico.
Tutti i media sono allineati con un’unica versione dei fatti, quella che viene dall’alto, da chi ci vuole far mangiare la minestra, anche riscaldata.

Pochi giornalisti sono veramente indipendenti e coraggiosamente non temono ripercussioni sul piano professionale o personale.
Nonostante una certa massa di leoni da tastiera si scatena in insulti.

A volte ci si mette pure qualche algoritmo a censurare le opinioni.

E allora ci si adegua. Finché si può tacere.

Ribellarsi, arrabbiarsi, cercar di far ragionare altre persone sulle evidenti incongruità delle notizie, delle imposizioni del pensiero piatto, è talvolta “masticare amaro”.

I proverbi parlano generalmente per immagini, dicono che sono la saggezza dei popoli.

Essi rispecchiano spesso a pennello le situazioni che si ripetono nel tempo e nei modi con cui gli uomini affrontano eventi simili.

O mangi ‘sta minestra o

I detti popolari come questo sono riferiti a chi deve compiere qualcosa contro la propria volontà.

La frase completa, come ben sapete, è la seguente: “O mangi ‘sta minestra o ti butti dalla finestra” che qualche spazientito genitore un tempo passato osava pronunciare a tavola alla prole schizzinosa.

Dico “osava” giacché oggi con i figli bisogna andarci piano con imposizioni, ingiunzioni, ricatti, e poi si rischierebbe l’accusa di istigazione al suicidio.

La più elegante versione di questo detto fa la parodia del vecchio slogan pubblicitario “O così o pomì”, entrata a far parte del linguaggio comune per tanti anni.

Ma in tal caso la scelta era quasi tra pari, anzi no, l’opzione voleva far preferire la più comoda, la salsa già pronta.

L’alternativa alla nostra minestra, invece, sarebbe drastica, la nostra fine, la nostra soppressione.

O credi alla notizia che ti viene somministrata o sei fuori, puoi sparire, non hai diritto di replica.

Abbiamo avuto due anni di minestroni con ingredienti sempre poco variati sul tema della pandemia e non appena qualcuno osava reagire, facendo presenti le perplessità sulla verità propagandata a senso unico, con tanto di prove, la brodaglia si arricchiva di manciate di pepe.

È sempre la solita minestra

Altrettanto oggi, nella seconda “emergenza” la disinformazione continua.

Poche persone riescono a valutare gli eventi con i propri occhi e la propria testa, informandosi da sole, così come si erano abituate a fare, a fronte di video e filmati all’apparenza mandati in onda senza pregiudizi di parte.

La narrazione è talmente piena di contraddizioni che non possiamo evitare di farci domande.
Eppure sempre nel doppio racconto per la massa dell’opinione pubblica vale la campana che suona per prima.
Ma, come ci ricordano i proverbi, “La prima gallina che canta ha fatto l’uovo”.

A fronte di tante voci discordanti, alla fine, posso conclude con un altro saggio detto: “Nulla è mai come pare”.

Vogliamo accettare almeno questa come verità assoluta?

Maura Sacher

 


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