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Nulla sarà più come prima, ristoranti e bar chiusi a divinis

La crisi economica del 2007 non è nulla nei confronti di questa guerra nel mondo.

Vi ricordo 2007, quante aziende andarono chiuse, fallite, imprenditori che si sono impiccati, desolazione miseria e serrande chiuse. Lo Stato non mosse un dito per salvare le aziende anzi non cavò neppure un centesimo dei suoi agi, per poi investire su colossi decotti, tipo Alitalia.

Questa pandemia è di fatto la nuova forma di guerra, forse, a chi la deve gestire, gli è scappata di mano.

Quando questa pandemia sarà finita, in attesa di un altro virus, moltissime attività commerciali e turistiche non ci saranno più.

Penso a tutti quei bar che si ritrovano tasse su tasse da pagare anche in questi mesi di chiusura, per completare il ragionamento poi vi farò degli esempi.

Il ristorante che ha perso due mesi di lavoro, si ritrova comunque le bollette della luce, che come le tasse dei rifiuti per loro sono maggiorate rispetto alle abitazioni. Facendo il conto della serva: esempio un locale i rifiuti sono mediamente € 1700,00 al mese. In questi mesi di chiusura dovrebbero toglierla, in realtà la bolletta è arrivata regolarmente.

Stessa cosa per energia elettrica altri € 1200,00, anche qui non è solo il consumo e le tasse, c’è una maggiorazione d’imposta che varia su scala regionale, ma la bolletta arriva regolare. Senza voler dimenticare acqua e gas, in totale ogni bar e ristorante ha da 8000,00 a 15000,00 euro di spese fisse, poi ogni locale ha mediamente da 2 a 5 persone, camerieri cuochi e baristi che costano da 2800,00 a 5000,00 a persona.

Ammesso che estendano  la cassa integrazione anche alle maestranze dei bar e ristoranti, in molti non ce la faranno a riaprire.

Il Governo non si sta minimamente interessando a questo settore, che rappresenta ben oltre il 30 per cento dell’economia italiana. La soluzione non è il prorogare le scadenze o il credito d’imposta, che sanno benissimo che questi vivono al di sotto di quei fatturati.

L’unica cosa che deve fare è di mettere in mano alle attività commerciali soldi veri e spendibili, non mutui. Esempio per far ripartire un bar che ha due mesi di mancato guadagno lo stato gli deve dare 20000,00 a fondo perduto, diversamente questo chiude mette sul groppone dell’Italia altre tre disoccupati e tra questi pure l’imprenditore del bar.

Il ristorante con cinque dipendenti si ritroverà a licenziare i cinque e in più la sua famiglia si aggiunge a chi cerca lavoro.

La perdita più grave non è solo di natura economica, ma la professionalità di questi neo disoccupati che andranno a impoverire ulteriormente questa fascia di mercato, che come dicevo rappresenta oltre il 30 per cento del Pil.

Gli appelli del Governo a non vendere a stranieri le attività, non servono a nulla se non decide di aiutarle in maniera concreta.

Già nella crisi del 2007 le società francesi si sono impadronite del settore lattiero caseario, determinando un calo dei prezzi del latte italiano. Sempre i francesi si sono impossessati della Telecom, per non parlare delle saline italiane che hanno di fatto reso la Francia monopolista del sale in Europa.


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