Stile e Società

L’addio allo scrittore e accademico istriano Drago Orlic, grande amico dell’italia

Rimpianto e commozione in particolare nelle regioni del Triveneto, per la scomparsa dello scrittore, poeta e accademico della cucina istriana Drago Orlic. Le sue ceneri – questa la sua ultima volontà – disperse in mare nelle acque dell’Adriatico di fronte a Parenzo.

Molti lo ricordano nella veste di ideatore delle «Polentiadi», manifestazione in onore della polenta organizzata ogni anno a novembre per festeggiare San Mauro, il patrono di Parenzo, l’antica Parentium (oggi Porec), la cittadina istriana famosa per le «mule», la polenta e il baccalà come scandisce il ritornello di una celebre canzone popolare reinterpretata in chiave moderna da Sergio Pavat.

Molti i ristoranti di casa nostra consacrati proprio in occasione della kermesse parentina e che nelle varie edizioni hanno conquistato il gradino più alto del podio: l’«Aurora» di Cimego, «Castel Lodron» di Storo, la «Baita Santa Lucia» di Bezzecca, l’«Osteria Frà Dolcino» di Condino, il ristorante «Da Rita» sempre di Condino, il «Compet» di  Vignola-Falesina, il Ristorante «Prime Rose» di Levico Terme, «La Polentera» di Storo, la «Cà dei Boci» di Montagnaga di Pinè, l’«Antica Osteria Morelli» di Canezza, il «Rifugio Maranza» dello chef Paolo Betti, la trattoria «Al Tino» di Trento, chef Elio Tonetta, il ristorante «Da Pino» (San Michele all’Adige) di Danilo Moresco, chef Giuseppe Prencipe.

 

Scrittore, poeta, giornalista, brillante conferenziere, per alcuni anni rettore dell’Università di Parenzo, membro dell’Associazione degli scrittori croati (al suo attivo un centinaio di libri), Drago Orlic collaborava con il quotidiano Glas Istre. Seguitissima la sua rubrica satirica per il supplemento del giovedì «La Kost» che firmava con uno pseudonimo: Zvane Lakodelac. Sferzanti le sue battaglie per la tutela dell’ambiente, della cultura e delle tradizioni gastronomiche legate al mondo contadino e ai prodotti della terra: in primis l’olio, il vino, la grappa.

Lungimirante e visionario, mi ha coinvolto nei suoi progetti di rilancio dell’agricoltura istriana dopo la tragedia delle guerre balcaniche. Ricordo, oltre alle Polentiadi, il varo del Festival del prosciutto, le giornate del tartufo, degli asparagi selvatici, delle erbe spontanee, dei primi piatti, le manifestazioni dedicate al pesce.  

È grazie a lui che 40 e più anni fa ho scoperto non solo i borghi marini, ma anche gli angoli più reconditi e affascinanti dell’entroterra istriano.

Quante serate e quante scorribande da un capo all’altro dell’Istria. Orgoglioso dei progressi compiuti negli ultimi 20 anni dalla ristorazione istriana e dei riconoscimenti stellari assegnati dalle guide internazionali ad alcuni ristoranti gourmet, Drago però amava soprattutto le trattorie, le konobe, le osterie che privilegiavano i prodotti più umili. Tra i suoi ristoranti del cuore (che poi sono diventati anche i miei) ricordo, vicino a casa sua, la Konoba Kastel di Zbandaj famosa per le frittate con gli asparagi selvatici e la spalletta di prosciutto scottato a giravolta in padella con un goccio di Malvasia istriana. Ed ancora nella vicina Veleniki la Konoba Daniela (dove ho assaggiato la miglior tartare della mia vita), a Verteneglio la Konoba Astarea del mitico Nino e Alma Kernjus, i re delle cotture di carne e esce sotto la “campana”, a Buscina la Konoba di Fabiana per le grigliate di carne (Boskarin in primis). Per il pesce e le conchiglie il ristorante Badi (a San Lorenzo), la taverna da Anka al Porto (Punta Salvore), da Cok (a Cittanova), San Rocco (a Verteneglio) di Tullio Fernetich e la Pergola (a Zambrattia) di Fabrizio Veznaver.

Drago Orlic è stata una guida preziosa anche durante i numerosi gemellaggi in Istria di alcune Confraternite enogastronomiche italiane (le Confraternite trentine di Bacco e dello Smacafam, quelle venete del Baccalà alla Vicentina e del mantecato di Venezia, la Confraternita friulana del frico, quella ravennate dei Divini Sapori di Massa Lombarda).

Mi mancheranno le sue dotte disquisizioni, anche politiche, spesso polemiche, ma mai faziose. Mi mancheranno le sue battute al vetriolo in dialetto “ciacavo”, mi mancherà la sua simpatia.

Per me è stato un privilegio conoscerlo.

 

«Una grande perdita per la storia e la cultura delle nostre terre»: con queste parole lo ricorda Franco Favaretto, il re del baccalà mantecato della Serenissima Repubblica di Venezia, patron del ristorante “BaccalàDivino” di Mestre.  Con parole toccanti lo ricordano anche i giornalisti Renato Malaman, Giuliano Bicchierai, i fotoreporter Renato Vettorato e Davide Ortombina, l’accademico Otello Fabris che hanno avuto modo di conoscerlo in occasione dei numerosi gemellaggi in Italia e in Croazia. Commosso anche Gerardo Antelmo che aveva invitato lo scrittore istriano in Campania e Basilicata in occasione del Giffoni Film Festival. 

«Ciao simpatico folletto istriano»: con queste parole lo ha salutato la giornalista romana Alessandra Capogna. “Bei ricordi mi tornano alla mente. Caro Drago, ti voglio bene ovunque tu sia. Sono fiera di averti conosciuto. Serberò con affetto il bellissimo libro che mi regalasti: Saluti da Parenzo”. 

Ciao Drago anche da parte mia. Un abbraccio alla moglie, alla figlia Ivona, direttrice del Museo etnografico di Pisino, ai nipotini. Ora riposa in pace nel mare che tanto amavi. E ti saluterò, meglio ti saluteremo noi tutti che ti abbiamo voluto bene, accarezzando – anche questo tuo desiderio sarà esaudito – quelle onde che da Parenzo, portate dal vento, si infrangono sulle dirimpettaie coste italiane. (GIUSEPPE CASAGRANDE)


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