
La scommessa di Valérie Bossi Fedrigotti

In Vallagarina, nello splendido anfiteatro della tenuta Sant’Antonio di Pomarolo, la nipote del conte Federico rilancia con l’enologo Nicola Biasi il Pinot Bianco Oxenfeld. Nobile vitigno che Valérie intende valorizzare in attesa delle bollicine Trentodoc che stanno completando l’affinamento sui lieviti.

Blu & white: questo il “dress code” suggerito da Valérie Bossi Fedrigotti nella lettera d’invito per la presentazione del nuovo progetto Oxenfeld legato alla storica Tenuta Sant’Antonio e al battesimo enoico del Pinot Bianco che nasce sulle colline di Pomarolo in Vallagarina.
“Dopo tanti anni sotto lo stesso marchio di famiglia, sentivo la necessità di esplorare nuove strade e affermare una mia distinta identità vitivinicola” ci ha confessato la nipote del mitico patriarca conte Federico Bossi Fedrigotti. Benvenuti in questo angolo di paradiso, un anfiteatro naturale circondato da vigneti (7 ettari) e da una chiesetta romanica del XIII secolo, dedicata a Sant’Antonio Abate, che domina la Valdadige.
Il battesimo del Pinot Bianco 2024, primo gioiello del progetto “Oxenfeld”

Valérie, con un elegante abbigliamento blu & white, ha accolto gli ospiti all’ingresso dell’antico palazzo nobiliare e nel giardino dove ha presentato il primo “gioiello” del progetto Oxenfeld: il Pinot Bianco 2024, un nobile vitigno che Valérie intende rilanciare e valorizzare. Il battesimo è stato salutato da una nutrita schiera di amici, imprenditori e vignaioli.
Di origine francese (luogo d’elezione la Borgogna, ma è diffuso anche in Germania, Austria, Francia e Italia), il Pinot Bianco è considerato uno dei vini bianchi più eleganti al mondo, capace di espressioni suadenti e sfumature variegate. Un vino fresco, sapido ed equilibrato che non oltrepassa mai i limiti oltre i quali la complessità espressiva nuoce alla piacevolezza del sorso.
In Italia le zone più vocate si possono circoscrivere alle regioni alpine, in particolare: Trentino Alto Adige, Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia.
Seimila le bottiglie prodotte in attesa di un Trentodoc Blanc de Blancs

In occasione dell’evento il Pinot Bianco Oxenfeld è stato al centro di una interessante tavola rotonda condotta dall’enologo Nicola Biasi e moderata dal giornalista del Gambero Rosso Giuseppe Carrus, curatore della Guida Vini d’Italia. Seimila le bottiglie prodotte, un segnale importante per un rilancio in pompa magna della Tenuta di Sant’Antonio in attesa di un Trentodoc, un Blanc de Blancs (Chardonnay in purezza), che sta completando l’affinamento sui lieviti.

Numerosi gli interventi che si sono alternati nel corso del dibattito, in particolare al termine della Masterclass con degustazione di cinque Pinot Bianco di diverse annate.
Il prof. Marco Stefanini della Fondazione Edmund Mach, responsabile a San Michele del programma di miglioramento genetico della vite, si è soffermato sulle condizioni pedoclimatiche ideali dove il Pinot Bianco può raggiungere un livello qualitativo di assoluta eccellenza. Interessante anche l’intervento del presidente della Cantina di Bolzano, Philipp Plattner: “Le uve che danno vita al nostro premiatissimo Pinot Bianco – ha confessato – sono raccolte nei vigneti selezionati dall’enologo Stephan Filippi sulle colline che circondano Bolzano e beneficiano di notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte.
” Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Cantina Vivallis Mauro Baldessari che ha esaltato la vocazione dei vigneti posti alle pendici del Monte Stivo che si affacciano sul versante destro del fiume Adige e che beneficiano di condizioni climatiche ideali sia per il Pinot Bianco che altri vitigni.
La degustazione dei cinque Pinot Bianco di diverse annate

Cinque i Pinot Bianco proposti in degustazione dall’enologo trentino-friulano Nicola Biasi che tra l’altro – va ricordato – produce il famoso e pluripremiato “Vin de la Neu” in Val di Non e presiede la Rete di Imprese che promuove sul territorio nazionale i cosidddetti vitigni Piwi resistenti alle malattie fungine. Ha aperto le danze il friulano Pinot Bianco 2023 di Jermann, elegante ed avvolgente con una simpatica “nuance” sauvignoneggiante, splendida espressione del terroir del Collio.
E’ seguita la degustazione di un alsaziano: il Pinot Blanc 2022 Kritt di MarcKreydenweiss, penalizzato dal passaggio in legno. Ancora Friuli con il Pinot Bianco Collio 2023 di Villa Russiz, sapido, fresco, balsamico.
Dulcis in fundo l’altoatesino Pinot Bianco 2024 Dellago della Cantina di Bolzano, fresco, sapido, elegante, di grande struttura ed infine il Pinot Bianco 2024 Oxenfeld della Tenuta Sant’Antonio, luminoso, fresco, sapido, dal bouquet floreale con piacevoli note fruttate. Elegante ed equilibrato. Chapeau!
L’etichetta ricorda la costellazione del Boote di origine babilonese

Un vino elegante – dicevamo – che meritava un’etichetta altrettanto elegante. “Osservando una sera d’agosto dell’anno scorso – ha confessato Valérie Bossi Fedrigotti – le costellazioni che si vedevano nel cielo della tenuta di Sant’Antonio, abbiamo notato con Nicola anche quella dell’Aquilone, la costellazione del Boote di origine babilonese.
E’ una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo e rappresenta un contadino con i suoi buoi. Sorpresa: mi ricordava lo stemma di famiglia: Von Ochsenfeld (Campo dei buoi).
Troppo bello per essere vero e così l’abbiamo riprodotta sulla nostra prima etichetta. Per quanto riguarda la scelta della bottiglia, invece, abbiamo optato per la Renana come omaggio a tutti gli elementi verticali di Sant’Antonio: il campanile della chiesa romanica di Pomarolo e i cipressi secolari che ne disegnano i contorni.”
Molto apprezzati gli appetizer e la gigantesca paella di Federico Parolari

Di alto lignaggio – noblesse oblige – il menu preparato dallo chef Federico Parolari e da Andrea Martini, patron del catering roveretano «Buonissimo».
Tra gli appetizer molto apprezzati il gazpacho ai tre pomodori con stracciatella, il pinzimonio con verdure di stagione e salsa Greca, la tartare di carne salada trentina con l’extravergine del Garda e cialda croccante di mais, i fiori di zucchina in tempura con ricotta nostrana.
Ed ancora: gli spiedini capresi con pomodoro datterino, mozzarelline di bufala e pesto di basilico, i mini toast in tempura con stracchino di bufala e mortadella Bologna, la capasanta scottata avvolta con il lardo della Val Rendena, il doppio crunch farcito con speck trentino, Fontal di Cavalese e pomodorini secchi nella prima versione e con patè di peperoni e caponata di verdure nella seconda versione.
Come portata principale lo chef stellato Federico Parolari ha preparato a vista – ormai è diventato il suo piatto cult – una gigantesca paella valenciana di carne, pesce e verdure. Molta apprezzata. Chiusura con i dolci al cucchiaio: tiramisù, chese cake al limone e ai lamponi, mousse al cioccolato. Pasticceria mignon assortita, macaron e mini muffin con cioccolato bianco e mirtilli.
In alto i calici. Prosit! (GIUSEPPE CASAGRANDE)
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