Stile e Società

La Scolca tocca quota 50 mercati di export all’alba della sua 103esima vendemmia

Chiara Soldati: “Risultato che ci rende orgogliosi, ma ci attendono tempi difficili in cui sarà fondamentale la collaborazione e il supporto del mondo istituzionale”.

È iniziata la vendemmia numero 103 per La Scolca. La cantina piemontese guidata da Chiara Soldati, quarta generazione della famiglia e da poco Cavaliere del Lavoro, ha inaugurato una promettente raccolta delle uve, nonostante le paure dovute al caldo e alla siccità di quest’estate.

A giocare un ruolo fondamentale, l’inizio anticipato della vendemmia, iniziata il 24 agosto, e in particolare l’abbassamento delle temperature.

“Le elevate temperature e la siccità non hanno avuto gli effetti che temevamo sul Cortese – racconta Chiara Soldati, CEO di La Scolca – che si rivela ancora una volta un vitigno estremamente resistente.

Ora possiamo contare su un clima più fresco e soprattutto su un’escursione termica importante. Un vero e proprio regalo della natura, che ci permette di lavorare sui mosti a 14-16 gradi centigradi, condizione climatica ideale. Teniamo le dita incrociate, non vediamo l’ora di scrivere un’altra grande pagina nella nostra storia centenaria”.

Ma non solo uva: La Scolca raccoglie anche i frutti del grande lavoro svolto negli ultimi anni in tema di internazionalizzazione, raggiungendo i 50 mercati di export. Un risultato importante, che permette all’azienda della famiglia Soldati di avviarsi al meglio verso la fine di un ottimo 2022.

“Siamo estremamente soddisfatti del risultato conseguito – prosegue Soldati – è la giusta ricompensa per il nostro impegno nel diffondere il brand in tutto il mondo. Abbiamo instaurato rapporti diretti con i nostri partner viaggiando in tutti i Paesi interessati.

Crediamo infatti che una rete di relazioni solide sia la chiave per garantire longevità al nostro marchio e aver raggiunto un numero così alto di mercati ne è la dimostrazione.”

Un traguardo, quello raggiunto da La Scolca, frutto anche della crescita del segmento premium del mercato vitivinicolo, con una nicchia di consumatori altospendenti sempre più disposti ad acquistare prodotti di qualità assoluta, strizzando un occhio in particolare al Made in Italy di cui La Scolca è storico testimonial.

La cantina di Gavi può infatti contare su una presenza più che consolidata tra i grandi brand dell’Italia del vino in tutto il mondo, grazie alle sue etichette, ma anche alla sensibilità verso tematiche attuali come la sostenibilità ambientale, economica e sociale.

E a proposito di tematiche attuali anche La Scolca, come tutto il mondo dell’imprenditoria, sta attraversando un periodo tutt’altro che semplice tra pandemia, guerra, inflazione, aumento dei listini ed un futuro più che mai incerto.

A tal proposito, saranno di fondamentale importanza una stretta collaborazione tra le aziende e le istituzioni, che possa supportare gli operatori del settore e tutelare uno dei comparti più redditizi per l’Italia, e una ridefinizione degli accordi bilaterali commerciali con nuovi Paesi.

“Le aziende e le attività operanti nel settore enogastronomico e vitivinicolo, inclusa La Scolca – conclude Chiara Soldati – si aspettano un sostegno importante da parte delle istituzioni. Non possiamo permetterci di lasciare le aziende in balia di un periodo complicato, sia per la grande mole di posti di lavoro che esse creano, che per l’inestimabile valore culturale che rappresentano.

Tutti i Paesi del mondo ci riconoscono come custodi dell’alta enogastronomia prima di ogni altra cosa e se iniziamo a sacrificare le nostre eccellenze del food & wine allora saremo costretti a rinunciare al nostro patrimonio identitario. Ma questa sinergia non deve limitarsi solamente ai confini nazionali.

È più che mai necessario ridefinire gli accordi bilaterali con Paesi che possono accelerare il nostro sviluppo, come ad esempio la Turchia, l’Australia e tutto il continente africano. Mercati in cui risulta difficile essere competitivi a causa di una politica di dazi eccessivamente penalizzante, che rischia di arginare le potenzialità delle eccellenze del Made in Italy.

Per queste ragioni è necessario un lavoro di squadra che coinvolga le aziende e le istituzioni nel preservare il nostro cibo e il nostro vino, ricchezze che nessun altro Paese al mondo può vantare”.

 

 

 

 

 


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