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Incontro con il gigante, in tutti i sensi, della cucina italiana: Antonino Cannavacciuolo

Non sono piccola di statura, anzi sono alta, perché misuro 1.70 senza tacchi. Eppure vicino a Antonino Cannavacciuolo mi sento veramente piccola. Lo incontro appena arrivo a Villa Cordevigo, dove parteciperò alla cena di Fish & Chef, in cui Tonino interpreterà i sapori del Garda.

Sta chiacchierando all’entrata con Giuseppe D’Aquino, chef resident del wine relais. Mi presento e gli dico che poco dopo lo intervisterò, giusto tre domande, e lui, con un simpatico accento campano, esordisce dicendomi: “Mi raccomando solo tre, perché la quarta va pagata!” Già mi piace come persona. Deposito il mio borsone in camera e scendo per l’intervista.

 

Hai cominciato la tua carriera giovanissimo, sei approdato in due ristoranti stellati in Alsazia, com’è stato l’impatto per te, ragazzo del sud, in una realtà francese e così territoriale?

Prima di partire per la Francia, a 14 anni, sono stato nella penisola sorrentina, dove ho lavorato in alcuni cinque stelle. Poi dopo il servizio militare sono partito per il nord Italia, dover ho fatto alcune esperienze anche lì, ed in seguito ho fatto degli stages nei tre stelle alsaziani, Auberge de l’Ille e il Buerehiesel. E’ un’esperienza che consiglio a tutti i ragazzi che iniziano questo lavoro, perchè nei tre stelle Michelin, che rappresentano il top, si capisce veramente che cosa significa fare ristorazione.

 

Tra poco inzierà “Cucine da incubo” in cui impersonerai il Gordon Ramsay italiano, come ti senti in questo ruolo?

All’inizio l’ho presa con un altro spirito, pensavo di fare televisione, insomma di fare un po’ l’attore, invece ho visto che quando entro in un ristorante sono io, nel mio ruolo di chef. Ho fatto un buon lavoro, un lavoro di “riparazione”. Ho fatto notare i problemi che ci sono intorno alla ristorazione, non solo il cucinare, ma anche negli acquisti, nello sviluppo del menù, nel numero del personale impiegato, che attorno ad un piatto non c’è solo il food-cost della spesa, ma ci sono un mare di spese. Quindi se fai una buona spesa e una buona gestione ti puoi salvare, sennò è difficile fare ristorrazione al giorno d’oggi.

 

Gualtiero Marchesi dice che tra gli chef oggi c’è troppa televisione, troppo cinema, e che dovrebbero restare più in cucina, tu cosa ne pensi?

Marchesi per me è l’espressione della cucina italiana, il top, e lo possiamo solo ringraziare per ciò che ci ha dato e per quello che oggi noi stiamo facendo. Ma, secondo me, oggi non è un momento facile per la ristorazione italiana e avere a che fare con la televisione, che è un ottimo mezzo di comunicazione perché arriva in tutte le case, puoi aiutarci molto e, soprattutto, può aiutare le nostre aziende.

 

Parliamo di Fish & Chef, sei pronto stasera per interpretare il pesce di lago e tutti gli altri prodotti del Garda, tu che arrivi dal mare?

Io arrivo dal mare, ma come tutti sanno, Villa Crespi sta sul lago. Nonostante ciò, non ho mai cucinato il pesce di lago, non l’ho mai trattato, perchè volevo dare alla cucina che propongo la mia impostazione mediterranea. Allora mi sono detto: già tanti ristoranti cucinano il pesce di lago, io voglio fare quello che ho imparato.  Quindi per me stasera è anche una sfida, un divertimento, poter cucinare il pesce di lago insieme a Giuseppe D’Aquino, lo chef della casa che ci ospita, che tra l’altro ho scoperto essere un “terrone” come me!

 

L’intervista è finita. Con una curiosità tipicamente femminile gli chiedo quanto è alto e lui risponde: 1.91. Ora non mi resta che assaggiare la sua cucina.

Isabella Radaelli

i.radaelli@egnews.it


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