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Il made in Italy ha una nuova bandiera

Inizialmente si era capito che questo nuovo “segno unico” dovesse essere apposto, da ora in poi, su tutte le etichette e andasse a sostituire le altre insegne a tre colori sui prodotti, cosicché solo il genuino made in Italy se ne potesse fregiare.

Invece no. Ma allora che c’azzecca lo slogan “contro il falso cibo italiano” con il “segno unico distintivo”, logo studiato in seno al Ministero dell’Agricoltura e presentato all’Expo dal Ministro Martina? È davvero distintivo del vero made in Italy, come la bandiera indicherebbe? Magari.

Che strana l’idea del tricolore con le onde. Le interpretazioni offerte, in verità, sono triplici, onda per onda, e per nulla chiare, anzi, direi ambigue.
Qualcuno della stampa ha ricordato che nel disegno originale l’ondulazione somigliava troppo ad un “morso”, insomma tre denti uno su ogni colore (anche una dentatura sbilenca).
segno_unico_distintivo_made_in_italyEffettivamente poteva apparire un affronto al più alto simbolo sotto cui una nazione e il suo popolo deve identificarsi. Cosicché, ecco l’ultima pensata: i tre colori a gradini, l’ondulazione a morso rimane e il logo non rappresenta la bandiera se non per i colori.

Riaffiora, tuttavia, l’altro richiamo, che si allinea alle parole che sottolineano il simbolo: “The extraordinary Italian Taste”, allusive appunto al senso del gusto. Le critiche sono puntualmente arrivate.

In effetti, la dicitura “Italian Taste” che cosa indica di specifico, che gli Italiani hanno buon palato? Non dice nulla e di ben più fondamentale sulla esclusività italiana della materia prima! Per esempio le squisite marmellate fabbricate in Italia utilizzano frutta dei paesi dell’est e africani, il cioccolato è fatto con nocciole turche, i tonni in scatola di marche nazionali provengono dall’Oceano Indiano e dal Nord Atlantico, tanti formaggi sono fatti con il latte importato, e così via. Possono essere considerati made in Italy solo perché escono da stabilimenti sul suolo nazionale?

Ma come storia non basta. Il Ministro ha precisato che il logo non sarà stampato sui singoli prodotti, bensì verrà utilizzato in occasione delle fiere internazionali, all’interno dei punti vendita della grande distribuzione estera, nelle campagne di comunicazione e promozione in Tv, sui media tradizionali, su Internet e sui social media.
Per questa mossa sono stati impegnati 70 milioni di euro, «all’interno di una più ampia strategia di internazionalizzazione del Made in Italy finanziata con 260 milioni di euro».

Domanda pedestre: serve spendere tanti soldi per una bandiera su un manifesto da sbandierare, quando basta quella di stoffa a sventolare negli stand nazionali all’estero?

Maura Sacher


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