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Il futuro del commercio in Europa caratterizzato dalla vendita diretta del vino

Si sta discutendo in questi giorni, presso la Commissione Europea, una proposta avanzata dalla Presidenza dell’Intergruppo Vino del Parlamento Europeo riguardante la possibilità di adottare misure volte all’abbattimento delle barriere esistenti alla libera commercializzazione del vino tra i diversi paesi appartenenti all’Unione Europea.

  

 

 

Come noto, l’attuale normativa comunitaria in tema di commercializzazione e vendita di vini è disciplinata dalla direttiva UE n. 218 del 2008, all’interno della quale vengono definiti i limiti quantitativi per le vendite a distanza del vino, stabilendo al venditore un valore massimo di commercializzazione di 90 litri, per i vini in genere, e 60 litri per gli spumanti.

La proposta avanzata alla Commissione Europea intende sollecitare l’organismo comunitario alla effettuazione di una attenta disamina che porti all’adozione di una completa rivisitazione della normativa comunitaria esistente, abbattendo definitivamente gli ostacoli esistenti alla libera vendita dei prodotti, in particolare all’abolizione di qualsiasi ostacolo che si frapponga alla libera commercializzazione.

Ciò si rende necessario, come afferma la FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), in virtù del crescente espansionismo della vendita a distanza di prodotti effettuata mediante l’utilizzo di strumenti informatici c.d. e.commerce, che sempre più sta divenendo oggi lo strumento principale per la commercializzazione e pubblicizzazione dei prodotti vinicoli delle piccole e medie aziende.

Tale fenomeno sta interessando anche l’Italia, dove oltre il 30% dei prodotti viene venduto mediante l’utilizzo di strumenti informatici (c.d. e.commerce); ma, secondo recenti sondaggi, tale espansione non riguarda il settore vinicolo.

La causa di tale disinteresse è dovuta al sistema normativo presente in Italia, il quale, a causa del complesso iter procedimentale di vendita e dalla presenza di numerose imposizioni fiscali al produttore, fa sì che il prodotto finale debba essere necessariamente maggiorato per un ammontare pari al valore delle accise ulteriori rispetto a quelle normalmente imposte dal mercato interno, e delle spese del trasporto del prodotto finale. Tutto ciò rende il prezzo finale del prodotto molto più alto rispetto alla vendita tradizionale.

Le conseguenze di tale fenomeno si ripercuotono inevitabilmente sui piccoli imprenditori, i quali, non potendo usufruire di un potente strumento quale la e-commerce, non sono in grado di poter rendere noto sul mercato il proprio vino e, quindi, sono impossibilitati nel poterlo vendere.

Al contrario, l’abbattimento di tali barriere preclusive alla libera vendita, permetterebbe alle piccole aziende di riuscire dapprima a pubblicizzare il loro prodotto e, mediante la vendita dello stesso, ad acquisire anche una certo grado di notorietà.

In conclusione, la proposta avanzata presso la Commissione europea, laddove venisse fatta propria attraverso una normativa comunitaria ad hoc, darebbe definitivamente l’attuazione a uno dei principi cardine del Trattato Istitutivo dell’Unione europea che, agli articolo 28 e 29, sancisce il principio secondo il quale l’Unione Europea favorisce la libera circolazione delle merci, vietando l’apposizione di misure restrittive che ostacolino l’importazione e l’esportazione dei prodotti.

 

Francesco Vaglio



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Redazione

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