Vino e Ristoranti

Il Consorzio del Pinot Grigio delle Venezie lancia le versioni “Rosè” e “Ramato”

Il rosè (o rosato che dir si voglia) è l’ultima emblematica frontiera del pianeta vino.

Una novità che sta dilagando dalla Francia (Provenza in particolare) agli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna al Canada, dalla Germania all’Italia (vedi il successo del Prosecco versione rosè).

Una moda ben presto recepita dai produttori più lungimiranti che seguono gli umori del mercato.

Produttori lungimiranti, dicevo, come coloro che al vino rosato sono legati dalla peculiarità del proprio vitigno principe, al di là delle mode estemporanee. 

FOTO SERVIZIO PINOT GRIGIO

Nel nostro Paese uno di questi vitigni è il Pinot Grigio, vino icona delle Tre Venezie sul quale nel 2017, in tempi non sospetti quindi, è stata avviata una ricerca guidata dal Centro Ricerca Viticoltura ed Enologia di Conegliano. Ricerca incentrata proprio sulla versione “rosata” o “ramata” del Pinot Grigio Doc del Veneto, del Friuli-Venezia Giulia e della Provincia Autonoma di Trento, una delle aree a vitigno unico più estese al mondo.

Non la rincorsa ad una moda, dunque, ma, al contrario, la riscoperta di una tipologia che a tutti gli effetti rappresenta la storia e la tradizione vitivinicola di questo vino-vitigno, legato a doppio filo al Nordest italiano fin dalla fine dell’Ottocento, dove viene oggi prodotto l’85% del Pinot Grigio nazionale e il 43% di quello globale.

Vino che, dopo l’emanazione del decreto del Ministero delle Politiche Agricole e la successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo con la prima modifica ufficiale al Disciplinare di Produzione, permetterà al Consorzio delle Venezie Doc, senza mettere mano alla base ampelografica, di riportare in etichetta i termini “rosato”, “rosé” o “ramato” riferiti alla specifica tipologia e che a tutti gli effetti formalizza una tipologia già esistente.

Albino Armani (presidente Consorzio Pinot Grigio delle Venezie)

Benché sia principalmente diffuso e conosciuto a livello mondiale per la sua versione bianca, il Pinot Grigio deve il suo nome proprio al tipico colore grigio dell’uva che è il risultato della vinificazione “tradizionale” con le bucce che vengono lasciate macerare per un tempo variabile. Ecco lottenuto, così, il colore “ramato” o “buccia di cipolla”. 

Lo scopo del progetto, finanziato dalla Regione Veneto, è quello di studiare e confrontare le proprietà ampelografiche di 17 cloni di Pinot Grigio provenienti da diversi areali produttivi di Italia, Francia, Germania e Serbia: forma e compattezza del grappolo, forma dell’acino, spessore della buccia, proprietà coloranti (quantità di polifenoli e antociani), resistenza alla botrytis.

Sono tutte informazioni qualitative fondamentali per la progettazione del nuovo vigneto e per la gestione dei processi di vinificazione, in particolare nelle fasi di ammostamento e macerazione.

Uno studio di grande interesse scientifico e divulgativo, su due annate, che permetterà non solo di selezionare attraverso l’analisi dei diversi campioni e delle micro-vinificazioni i cloni di Pinot grigio migliori per la produzione del “rosato”. Ma di definire anche una vera e propria “identità del colore” da applicare anche in etichetta, scegliendo quindi il termine più coerente rispetto al risultato ottenuto – rosato o ramato – nell’ottica di cogliere le migliori opportunità e tendenze di mercato.

“Nel frattempo – racconta Diego Tomasi, direttore del Centro di Ricerca di Conegliano che ha guidato lo studio “Abbiamo provveduto ad allestire un altro impianto sperimentale con lo scopo di confrontare 13 diversi portainnesti tutti innestati su Pinot grigio.

Il cambiamento del clima, delle tecniche agronomiche, dei caratteri dinamici del suolo e delle attese qualitative obbligano ad una attenta e forse diversa scelta del portiannesto.

Le verifiche fisiologiche e di espressione genica dovrebbero portare in poche stagioni a nuovi consigli per il viticoltore”.

“È ormai evidente che il trend del rosato sia in forte crescita – chiosa il presidente del Consorzio, Albino Armani – e mi preme sottolineare che la nostra attenzione verso la tipologia esula da qualsiasi moda del mercato o del momento.

È un lavoro del tutto indipendente iniziato già agli albori della nostra Doc, che vanta basi molto solide e importanti studi preliminari sull’aspetto enologico e viticolo.

La ricerca sarà utile ai nostri produttori di Pinot grigio per poter fare un grande rosato e categorizzarlo in maniera precisa e scientifica, soprattutto ora che abbiamo ottenuto l’approvazione della modifica del disciplinare che ci permette finalmente di formalizzare una categoria che da sempre è nostra”.
(GIUSEPPE CASAGRANDE)

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Nelle foto: il presidente del Consorzio delle Venezie Albino Armani e alcuni grappoli di Pinot Grigio.


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