Tribuna

“I cibi di quelle terre lontane”

Alla Casa del Vino di Isera la mostra fotografica  di Giorgio Ceriani "I cibi di quelle terre lontane"

Alla Casa del Vino di Isera la mostra fotografica di Giorgio Ceriani “I cibi di quelle terre lontane”

Inaugurata sabato nelle sale nobili di Palazzo De Probizer rimarrà aperta per tutta l’estate 2023 fino al 17 settembre. Le emozioni del fotografo roveretano giramondo raccontate in mille diapositive e audiovisivi.

Una donna birmana che prepara sul fuoco un piatto di riso nel cortile di casa. Le pannocchie di mais bianco del Chiapas. I grilli e i coleotteri della Thailandia. I serpenti della Cambogia pronti per essere scuoiati e cucinati. Sono alcune immagini simbolo delle mille fotografie scattate da Giorgio Ceriani ed esposte a Isera nelle sale di Palazzo De Probizer al piano nobile della Casa del Vino della Vallagarina. La mostra, inaugurata nei giorni scorsi, rimarrà aperta per tutta l’estate fino al 17 settembre. 

La passione dell’ing. Ceriani per i viaggi e per la fotografia

Una donna del Myanmar prepara il riso nel cortile di casa- Myanmar – Pagan

Giorgio Ceriani, bolzanino d’origine, roveretano d’adozione, ingegnere, ora in pensione, ha diviso la sua vita tra l’attività professionale e l’interesse per la fotografia, sviluppata prevalentemente nella ricerca dei motivi antropologici e culturali che sono stati e che sono alla base della vita, delle tradizioni e delle architetture, antiche e moderne, nelle varie parti del mondo. Partito dall’habitat trentino, nel corso degli anni ha realizzato una serie di mostre fotografiche sia in bianco e nero che a colori. Oggi si occupa di fotografia digitale applicata anche alla realizzazione di alcuni volumi fotografici, aiutato dalla moglie Lorenza, pure professionista e fotografa che ha incontrato dopo la scomparsa della prima moglie Licia. Viaggiatore instancabile, conferenziere brillante, con una cultura enciclopedica, riesce ad emozionare l’uditorio con i suoi racconti e le esperienze vissute nei numerosi paesi che ha avuto occasione di visitare: Europa, Africa, Asia, Americhe. Racconti ed esperienze documentate nelle sue fotografiche e nei suoi audiovisivi.

Quando, quel giorno, i rami si piegarono ascoltando una dolce melodia cinese

I serpentelli pronti per essere scuoiati e cucinati alla griglia

“Ho avuto la fortuna – racconta Giorgio Ceriani – di viaggiare molto, di conoscere paesi, popolazioni e tradizioni diverse, di fermarmi spesso per raccontare attraverso la fotografia le mie emozioni. Voglio fare solo un esempio ricordando come, in una sperduta parte della Cina del Sud (viaggiavo da solo con autista e due interpreti), l’interprete locale, Lu, una bella ragazza, ad un certo punto fece fermare l’auto. Si avvicinò ad un piccolo cespuglio ed iniziò a cantare una melodia cinese: in poco tempo tutte le estremità dei rami si piegarono lentamente verso di lei per “ascoltare” il canto. E’ una delle emozioni che non dimentico. Lo stesso vale per l’incontro con la natura e la storia delle popolazioni e dei loro cibi che fanno parte di questa mostra.”

Il cibo, un motivo di incontro e di scambio tra le culture dei popoli

Nei suoi viaggi Giorgio Ceriani ha sempre riservato un’attenzione particolare al cibo. E non poteva essere altrimenti visto che rappresenta uno dei più importanti motivi di incontro e di scambio tra le culture e le tradizioni dei popoli. In questa mostra è racchiusa l’esperienza ultracinquantennale del fotoreporter giramondo roveretano come è stato ribattezzato dall’assessore alla Cultura del Comune di Isera Franco Finotti.

“Attorno al cibo ruotano mille saperi e profonde simbologie. Camminare sul crinale, sul discrimine tra il cibo che dà la vita e ciò che può essere veleno o tabù è una sfida che l’umanità ha sempre dovuto accettare trasformandola in tecniche raffinatissime o mantenendo istinti primordiali”.

Ceriani: “Una curiosità atavica mi ha avvicinato alle tavole del mondo”

“C’è una curiosità atavica  – confessa Giorgio Ceriani – che mi ha portato ad avvicinarmi alle tavole del mondo, ad entrare nei mercati delle popolazioni più povere o nelle sontuose residenze indagando con metodo, disciplina ed interesse chiedendo alla fotografia di rappresentare atmosfere, suggestioni, perplessità. Con quale scopo vi chiederete? Fornire una via di conoscenza e di contatto per riconoscerci in una umanità che con un lavorìo incessante è accomunata da questo sforzo per mettere assieme il pranzo con la cena. Consapevole del privilegio di entrare nelle intimità più recondite. La mia è un’indagine inesauribile. In questa Mostra presento solo alcune portate con un cenno alla globalizzazione di alcuni cibi italiani, a quelli estetizzanti e ai cibi del futuro che ci propone l’Intelligenza artificiale.”

Katia Malatesta: “Quelle pietanze gustate con gli occhi durante i suoi viaggi”

Quando, negli anni Novanta – ha evidenziato Katia Malatesta, storica delle Arti Visive, presentando la Mostra – Giorgio Ceriani ha cominciato a fotografare i mercati, i prodotti e le pietanze gustate, almeno con gli occhi, durante i suoi viaggi in paesi lontani, la passione per la fotografia del cibo non era ancora un fenomeno globale. Negli ultimi anni la rete ha aperto possibilità prima impensabili di condivisione orizzontale e simultanea delle immagini; non ultime, quelle del cibo, reso più appetitoso e invitante con l’uso di filtri e strumenti avanzati di postproduzione, e subito postato sui social, con il consueto condimento di hashtag e il corale ritorno di like. L’antica convivialità, assaporata nel faccia a faccia dei commensali, lascia spazio a una ‘tavola’ estesa ma virtuale e in remoto”.

La “food photography” vanta una tradizione antica nella storia della fotografia. A cominciare dalle prime ricerche artistiche fiorite nel solco della tradizione pittorica della natura morta, per arrivare ai giochi di forma, materia, ombra e luce dei peperoni di Edward Weston (1930), o, più vicino a noi, alle uova spaccate in un tegamino fotografate pionieristicamente a colori, alla metà del secolo, da Federico Vender, il grande fotografo scomparso ad Arco nel 1999, che ha voluto donare all’Archivio fotografico storico provinciale il suo raffinatissimo archivio personale. 

Il cibo scandisce la nostra vita e intercetta aspirazioni, ansie, convinzioni

“Il cibo scandisce la nostra vita pubblica e privata, svolge un ruolo determinante nelle feste e nelle pratiche religiose, intercetta aspirazioni, desideri, ansie, convinzioni e valori che orientano i nostri comportamenti e le nostre scelte di acquisto. Lo sa bene Giorgio Ceriani, come attestano le note scritte a commento delle centinaia di fotografie che selezionate nel proprio archivio a riassumere oltre vent’anni di viaggi che erano allora, come lui stesso ricorda, molto più complicati e costosi. Si ha la sensazione, sfogliando questo singolare diario per immagini, di un percorso nato forse per caso, sull’onda di una curiosità sempre viva e aperta all’incontro con le diverse culture, e progressivamente consolidato in progetto, di natura inizialmente personale e interiore. Ogni scatto un tassello, una tappa, un frammento di memoria capace di restituire il senso della strada percorsa, con l’accresciuta consapevolezza di sé e dell’altro maturata soprattutto attraverso l’incontro, autentico e profondo, con l’Estremo Oriente.

L’alimentazione, un tema non solo geografico, ma anche politico e sociale

Allo sguardo retrospettivo, oltre la fascinazione, la scoperta, la sorpresa, emergono potenti le connotazioni

etiche, sociali, economiche e ambientali di quello sguardo fotografico sul cibo di terre non di rado agli

estremi dell’ingiustizia alimentare. “La mostra di Giorgio Ceriani – conclude Katia Malatesta – è anche un invito, attualissimo, alla responsabilità. In un tempo marcato dalla crisi strutturale legata ai cambiamenti climatici, ai conflitti, alla povertà, ci ricorda che l’alimentazione è tema geografico e politico. E tuttavia, com’è giusto, la fotografia di Giorgio non è un manifesto. Ritroviamo, nella successione delle immagini, quella ricerca di forma – texture, pattern, geometrie, sensualità del colore – che da sempre guida gli approcci artistici alla

food photography. Assaporando il cibo per gli occhi di Giorgio Ceriani rammentiamo allora che la fotografia del cibo, come quella di viaggio, è, semplicemente, fotografia. In tutte le sue accezioni.”

Italo Calvino e il vero significato del viaggio nei paesi che noi visitiamo

E a proposito di cibo e di viaggi, Tommaso Martini, presidente Slow Food del Trentino Alto Aige, presentando la mostra, dopo aver ringraziato l’amministrazione comunale di Isera, ha ricordato le parole scritte da Italo Calvino nel saggio “Sotto il sole giaguaro” pubblicato postumo nel 1986 dall’editore Garzanti, a un anno dalla scomparsa dello scrittore. “Il vero viaggio – scriveva Calvino – in quanto introiezione d’un “fuori” diverso dal nostro abituale, implica un cambiamento totale dell’alimentazione, un inghiottire il paese visitato, nella sua fauna e flora e nella sua cultura (non solo le diverse pratiche della cucina e del condimento ma l’uso dei diversi strumenti con cui si schiaccia la farina o si rimesta il paiolo), facendolo passare per le labbra e l’esofago. Questo è il solo modo di viaggiare che abbia un senso oggigiorno, quando tutto ciò che è visibile lo puoi vedere anche alla televisione senza muoverti dalla tua poltrona”.

Nello stesso anno, il 1986, Carlin Petrini fondava a Bra (Cuneo) il movimento Slow Food per dare valore e centralità al cibo, diffondendone conoscenza e consapevolezza educando i consumatori al gusto del cibo buono, pulito e giusto.

La mostra, promossa dal Comune di Isera con la collaborazione di Slow Food Valle dell’Adige e Alto Garda, con il supporto della Casa del Vino della Vallagarina e il patrocinio della Cassa Rurale della Vallagarina, rimarrà aperta fino al 17 settembre con i seguenti orari: martedì-venerdì dalle 18 alle 20, sabato e domenica dalle 11 alle 13 e dalle 18 alle 20. (Giorno di chiusura il lunedì). Ingresso libero. (GIUSEPPE CASAGRANDE)

 


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