Stile e Società

Fèlsina affonda le radici nel passato proiettandosi in un credibile futuro

Classici, capisaldi chiamateli come volete, certo è che nella formazione di generazioni di appassionati del vino, c’è una serie di bottiglie che tutti prima o poi hanno degustato. Tra queste sicuramente sono presenti quelle di Fèlsina, autorevole rappresentante della Toscana del vino. Per questo motivo una degustazione dei prodotti di questa azienda, stavolta proposta dalla delegazione Onav di Roma, è sempre cosa molto più che gradita.

Ancor di più in questa occasione visto che a presentarla c’era Giuseppe Mazzocolin, memoria storica dell’Azienda che ha traghettato Fèlsina nell’enologia moderna ma trascinandosi appresso per intero, il bagaglio culturale del territorio in cui le sue viti affondano le radici. Rapito dall’insegnamento a cui si dedicava con passione, ha dedicato all’agricoltura la sua formazione umanistica tenendo vivo quel mondo rurale e contadino che ha fatto da sfondo al suo esordio con il vino.

Testimonial autentico della tradizione, parola tanto abusata ma che con Mazzocolin si scrolla di dosso ogni aspetto di banalità, per legare assieme il lavoro dell’uomo al grano, all’uva e all’olio, protagonisti del territorio e delle vicende umane dell’agricoltura dei tempi che furono. Nessun atteggiamento da consumato vigneron, ma un autentico racconto di vita agricola che passa da uomini come i fratelli Agostino e Remigio Buracchi, esperti di vigna e di cantina, fino all’amicizia con Luigi Veronelli e alla collaborazione con l’enologo Franco Bernabei.

Quella di Fèlsina è la storia di un complesso culturale rappresentativo del sistema mezzadrile Italiano. Nonostante l’abbandono dei campi nel dopoguerra, il territorio racchiude sempre gli stessi quattordici poderi. Il sistema ancora oggi è quello della fattoria e, tra le diverse coltivazioni quella dell’olio è importante come quella del vino. Proprio dall’olio è iniziato il suo intervento, presentando con tutto l’orgoglio e la passione possibile due delle sue produzioni, da cultivar Leccino e Raggiolo tipiche del centro – nord.

Il Frutto del progetto “Olio secondo Veronelli” intrapreso nel 2002, che ruota intorno al concetto di terroir analogamente come avviene per il vino. Coadiuvato nella presentazione da Simona Cognoli di Oleonauta, che nella capitale sta facendo un grande lavoro sulla cultura dell’olio, ha presentano con dovizia di particolari le sue produzioni evidenziandone le caratteristiche rivelate all’assaggio, a tutto beneficio dei presenti alle prese con i primi approcci a questo grande patrimonio dell’enogastronomia italiana.

Per i vini invece ad affiancarlo c’era Alessandro Brizi, delegato Onav di Roma con cui tra le tante informazioni su territorio e tipicità, è stato possibile degustare sei vini della produzione Fèlsina. Una bella chiacchierata che ha ruotato sempre intorno al territorio su cui si sviluppa la viticultura aziendale. Quasi un’ossessione per Mazzocolin che ha tenuto  a rimarcare più di una volta come tutto nasca da li ed in particolare l’importanza fondamentale della coerenza di un vino con il suo ambiente.

Risultato ottenuto attraverso l’attenzione non solo in vigna, ma nell’impegno dell’Azienda a preservare tutto l’ecosistema, anche regolando le attività umane e l’impatto della tecnologia nella zona. Un presupposto necessario che serve a creare le giuste condizioni per permettere al Sangioveto, clone locale del Sangiovese,  insieme agli altri impiegati, di esprimersi come fa da sempre. In questo habitat le radici affondano in un suolo in cui macigno, galestro ed alberese, pietre tipiche toscane e del Chianti, assicurano ai vini il loro profilo.

I vini di Fèlsina sono oggi gli eredi naturali di quelli di sempre che se pur affinati dall’evoluzione delle tecniche di vinificazione, ricalcano le linee guida del vino che ognuno produceva per se e per il proprio consumo. La degustazione è iniziata  con un  bianco, I Sistri da uve Chardonnay,  tra le poche presenze internazionali nell’ampelografia aziendale. Vitigno con cui l’azienda ha sostituito il Trebbiano che oggi utilizza solamente per il  Vin Santo.

La prima produzione de I Sistri è datata 1987,  da allora la ricerca su cloni e portainnesti è stata continua, il risultato è un vino estremamente piacevole dai profumi pieni e corposi del frutto maturo, impreziosito dal passaggio nelle barrique usate che gli conferisce quella nota burrosa, quasi di pasticceria. Vino di grande fruibilità, tratto distintivo che attraversa l’intera produzione di Fèlsina.

Caratteristica confermata anche dal Chianti Classico Berardenga 2016, che tra gli aromi di viola e prugna matura, rilascia note di spezie e sottobosco. In bocca il tannino è presente e piacevole così come la sensazione di freschezza che lascia al palato.

A seguirlo il Fontalloro 2007, IGT Toscana le cui uve provengono da territori di diversa composizione siti tra Chianti Classico e Chianti Colli Senesi, che regalano ricchezza a questo vino tra i più amati per ogni appassionato della viticultura toscana e non. Qui il frutto richiama prevalentemente l’amarena il tabacco scuro e una nota di dolcezza, gli aromi delle erbe di campo essiccate, legno invecchiato e caffè. Al palato l’acidità è piacevole, con tannino composto ma ancora in corsa per dare il meglio di se.

Poi è stato il turno di Rancia, Chianti Classico Riserva 2016 presentato in formato magnum, che agevolando il miglior rapporto ossigeno / vino, ne ha esaltato le peculiarità in termini di finezza ed eleganza. In questo bicchiere infatti,  seppur giovane si intravede già il progetto di un grande vino, nella sua sfumatura balsamica verde, nei toni delle spezie del legno e nell’accenno al cacao che si eleva sui sentori terragni del sottobosco. Frutto pieno e maturo, equilibrato e gustoso sebbene si percepisce che il vino è soltanto all’inizio del suo cammino.

Sensazione che l’altra magnum di Rancia Chianti Classico 2007 ha confermato immediatamente. In questo l’impianto del vino è immutato e il percorso evolutivo si rivela nella terziarizzazione che amplia la complessità nelle note, da quelle balsamiche, al cacao, agli aromi del legno, dalle spezie che si fanno più dolci ai sentori di sottobosco che affinano le loro spigolature arrotondandosi. Tutto in un grande equilibrio gustativo che si distende in lunghezza.

La chiusura è toccata di nuovo al Fontalloro, stavolta annata 2004. Frutto maturo quasi disidratato, seguito dalle spezie dolci e dagli aromi caldi delle erbe medicinali e del caffè. Una  vino di grande complessità che ha chiuso una serata in cui Fèlsina si rivelata a molti per la prima volta e ha confermato agli altri il valore immutato della sua viticultura.

Bruno Fulco


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