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Emozioni oltre il Gusto, tutta l’essenza della Francia

Emozione Oltre il Gusto: quattro chiacchere con Sergio Bruno, importatore di vini francesi

Emozioni Oltre il Gusto

Sergio Bruno, AD di Emozioni Oltre il Gusto

Quattro chiacchiere con Sergio Bruno, fondatore e titolare dell’import di vini francesi,  in occasione della convention per la presentazione dell’ultimo catalogo vini che si è tenuta a Bologna nei giorni scorsi.

Sergio, come nasce questo tuo amore appassionato per la Francia?

Dalla mia passione per il buon vino e il buon cibo! E dal desiderio – come appassionato – di scoprire vini intriganti. La Francia, con le sue denominazioni iconiche, ha sempre rappresentato un punto di riferimento per la qualità, e così ho iniziato a incuriosirmi sempre di più, cercando di capire cosa rendesse quei vini così unici.

E come sei arrivato ad aprire un commercio di vini francesi?

Alcuni vini di Emozione oltre il Gusto

È nato tutto quasi per caso: degli amici mi hanno coinvolto per rilevare una piccola realtà che importava uno Champagne e qualche altra etichetta francese.
In quel momento ho intravisto un’opportunità per entrare nel mondo del vino come operatore, con il desiderio  – magari inizialmente solo da comparsa – di diventare un giorno un attore vero e proprio nel settore.
Dopo poco, però, ho ritenuto giusto lasciare quell’iniziativa e affrontare il progetto in modo più concreto, con una strategia d’impresa adeguata.
Avrei potuto arricchire quella piccola gamma inserendo qualche vino italiano, ma dopo un’attenta riflessione ho capito che, se volevo fare le cose seriamente – e non solo come sfogo della mia passione – dovevo costruire qualcosa di solido, puntando a diventare uno specialista dei vini di Francia.

Un catalogo sempre più ricco, che direi coprire ormai tutte le zone vitivinicole francesi. Come selezioni le tue aziende?

Emozioni oltre il gustoMi hai fatto proprio una bella domanda, perché la ricerca e la selezione sono forse la parte più intrigante di questo mestiere… be’… anche quando concretizzi una trattativa ha il suo perché!
All’inizio mi sono fatto guidare dalla necessità di inserire le regioni vitivinicole francesi più conosciute sul mercato italiano, così da avere una proposta solida per costruire una base clienti e avviare l’attività.
Con il tempo ho ampliato l’orizzonte, cercando di coprire progressivamente tutte le aree mancanti.
Oggi possiamo dire che tutte le macro-regioni vitivinicole francesi sono presenti nel nostro catalogo: alcune con maggiore profondità, altre un po’ meno.
Quindi oggi procedo nel seguente modo: una volta individuata la regione da esplorare, inizia la vera e propria selezione.
Ricerco aziende interessanti – tramite fiere internazionali o lunghe esplorazioni sul web – e verifico che non siano già distribuite in Italia, né tramite canali tradizionali né online.
Se tutto è in ordine, passo alla parte più divertente ma non per questo non impegnativa: l’assaggio dei campioni… un duro lavoro che qualcuno deve pur fare!
I criteri su cui mi baso sono semplici ma rigorosi:
• Qualità del prodotto: facilità di bevuta e voglia di ribere. Trovo che questi aspetti siano fondamentali, perché racchiudono il senso stesso del godersi un calice di vino, senza complicazioni, con piacere e naturalezza.
• Serietà del produttore.
• Prezzo adeguato: lo considero sempre alla fine, per non farmi condizionare. È importante, certo, ma solo se tutto il resto è già convincente.

Quel è il sentimento dei consumatori nei confronti dei vini francesi?

C’è, e c’è sempre stato, molto interesse verso i vini francesi. Tuttavia, in questi anni ho notato che ci sono alcuni aspetti che vanno chiariti con i consumatori.
Il primo è legato al prezzo: spesso si pensa che il vino francese sia molto più costoso rispetto a quello italiano. In realtà, al netto delle spese di importazione, ci sono grandissime opportunità per gustare vini eccellenti, spesso a prezzi persino più accessibili di molti italiani.
Il secondo punto, per me cruciale, è che il panorama vitivinicolo francese è meno conosciuto di quanto si immagini – persino in regioni iconiche come Champagne, Borgogna o Bordeaux. Questo apre una grande opportunità per chi, come me, crede nel valore del racconto e nella divulgazione: c’è tantissimo da far scoprire.
Per fortuna, la curiosità non manca. E grazie anche alla rete dei nostri collaboratori in tutta Italia, cerchiamo ogni giorno di intercettare chi ha voglia di aprirsi a cose nuove, di conoscere e lasciarsi sorprendere.

Oggi sembra aver preso piede il così detto “wine paradox”. Vini a basso prezzo ma di qualità. Come si pone Emozioni oltre il gusto a questa tendenza?

È un tema che ci tocca da vicino e che, purtroppo, riflette una certa disinformazione di fondo.
Quando qualcuno chiede, ad esempio, una bottiglia di Champagne a 15 euro, è evidente che non conosce né i prezzi reali in cantina, né i costi legati all’importazione, allo stoccaggio, alla distribuzione.
Ma oltre alla questione del prezzo, spesso manca anche la capacità di valutare il valore reale di ciò che viene proposto: il lavoro artigianale, la storia, la cura dietro ogni etichetta.
In questi casi cerchiamo sempre di capire con chi abbiamo a che fare: se si tratta di una persona semplicemente poco informata, siamo felici di spiegare e accompagnarla nella scoperta. Se invece percepiamo un approccio puramente opportunistico, allora preferiamo non insistere.
Emozioni oltre il gusto non vuole essere solo un distributore, ma anche un tramite culturale tra chi produce con passione e chi è pronto ad ascoltare, conoscere, e soprattutto apprezzare.

Come hanno influito le pesanti sanzioni del codice della strada sul mercato del vino in generale?

È indubbio che le nuove sanzioni abbiano avuto un impatto sul consumo di vino, soprattutto fuori casa.
Quello che però noto con dispiacere è che molti operatori del settore preferiscono discutere del problema, piuttosto che cercare o proporre soluzioni concrete.
In tanti locali che ho visitato, per lavoro o per piacere, ho visto raramente un approccio propositivo. Si parla poco del fatto che un calice di vino accompagnato da un pasto non porta a sforare i limiti di legge. Quasi mai ho visto proporre strumenti semplici come gli alcool tester usa e getta, che costano circa un euro e potrebbero essere tranquillamente offerti a chi consuma.
Credo che serva una comunicazione più consapevole che responsabilizzi il cliente senza spaventarlo.
Purtroppo, nel nostro settore si dà spesso per scontato che la comunicazione sia compito di qualcun altro. Invece dovrebbe essere una responsabilità condivisa, soprattutto da chi lavora a diretto contatto con il pubblico.

La tendenza al no/low alcool si sta diffondendo molto anche in Francia. Come vedi questa nicchia di mercato?

Proprio quest’anno ho iniziato ad approfondire il tema, perché prima di esprimere giudizi mi piace capire, conoscere, farmi un’opinione basata sull’esperienza.
Ho partecipato a qualche evento in Francia dove ho avuto modo non solo di assaggiare diversi no/low alcool, ma soprattutto di confrontarmi con i produttori.
Quasi tutti lo vedono come una nuova nicchia di mercato, interessante ma ancora in fase esplorativa, e che difficilmente sottrarrà spazio al vino tradizionale.
Alcuni stanno cercando di cavalcare il trend, ma mancano strategie chiare, anche perché non è ancora evidente se si tratti di un fenomeno passeggero o di una trasformazione più profonda.
Personalmente, penso che chi ama davvero il vino difficilmente lo abbandonerà per queste bevande, se non per curiosità.
Dal punto di vista tecnico e qualitativo, il divario con il vino vero è ancora evidente.
Serviranno tempo, ricerca e innovazione per arrivare a prodotti che possano essere davvero soddisfacenti.

Come credi si dovrebbe superare la distanza tra i giovani e il vino?

Sergio Bruno con la moglie Milena collaboratrice di Emozione oltre il Gusto

Parto da un concetto semplice, ma che vale per l’essere umano in generale: come si può amare qualcosa che non si conosce?
Secondo me, molti giovani non amano il vino semplicemente perché non hanno mai avuto l’occasione giusta per incontrarlo davvero.
In altri casi potrebbe non trattarsi di mancanza d’amore, ma piuttosto di disponibilità economica.
Credo che l’unico modo per superare questa distanza sia una comunicazione nuova, comprensibile, leggera e accattivante.
Bisogna parlare ai giovani con il linguaggio delle storie vere: quelle di uomini e donne che dedicano la vita alla vigna, quelle dei territori che possono essere scoperti non solo attraverso il calice, ma anche viaggiando, visitando, condividendo.
Il vino, per appassionare, deve tornare a essere racconto, emozione, cultura viva, possibilmente fatto dal vivo.
Secondo me bisognerebbe tornare a raccontare le cose dal vivo, magari con i protagonisti veri e non più soltanto attraverso i social.

Emozioni oltre il gusto


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Sonia Biasin

Giornalista pubblicista, diploma di sommelier con didattica Ais e 2 livello WSET. Una grande passione per il territorio, il vino e le sue tradizioni.

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