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Come ti affondo il ristoratore

Una dura reazione quella di Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe Confcommercio – Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, alle parole di Pier Luigi Bersani. Durante una trasmissione televisiva lo scorso giovedì infatti, il politico aveva accusato i  ristoratori di evadere il fisco.
L’ennesima criminalizzazione di una categoria che invece di essere il vanto dell’Italia – non dimentichiamo che buona parte del turismo è attratto proprio dal cibo italiano – viene tartassata e a cui, in tempo di covid, ora viene fatto pagare lo scotto più duro, imponendo loro misure draconiane e prive di logica che quasi certamente soffocheranno molti di coloro che erano resistiti alla prima ondata.
La dichiarazione di Cursano è stata secca e decisa:  «Le parole di Bersani hanno fatto più male alla categoria dei ristoratori di quanto abbia fatto il coronavirus. Non tanto e non solo perché dimostrano un retro pensiero superficiale e falso, ma soprattutto perché nascondono la voglia di una certa politica di dividere tra imprese di serie A, che meritano di essere salvate, e imprese che possono essere lasciate morire.
Non intendiamo accettare questa logica vergognosa e pretendiamo le scuse pubbliche immediate da parte dell’ex ministro Bersani che, è bene non dimenticarlo, con le sue riforme ha contribuito a penalizzare le realtà più piccole, cambiando il volto dei centri storici delle nostre città».
Ed ancora «Bersani si dovrebbe scusare per queste parole, pronunciate in un momento in cui ci sono 400mila lavoratori dei pubblici esercizi a casa in cassa integrazione e il rischio concreto che entro fine anno muoiano 50mila imprese, non per colpa del virus, ma per la mancanza di un’adeguata copertura finanziaria necessaria a compensare le perdite delle imprese. Perché una cosa deve essere chiara: il governo ha il diritto di attivare le restrizioni che ritiene necessarie, ma non quello di scaricare i costi solo sui privati».
Conclude poi Cursano: «Il settore dei pubblici esercizi, in barba ai luoghi comuni di Bersani, ha contribuito a tenere in piedi il sistema fiscale del Paese e ora chiediamo solo che un po’ di quanto abbiamo dato ci venga restituito per permetterci di sopravvivere. Il nostro settore conta 1,3 milioni di lavoratori, in larga maggioranza donne, e crea un valore aggiunto di oltre 90 miliardi di euro l’anno e merita qualcosa di più delle livorose parole di Bersani”.
Una mancanza di visione così come la decisione della chiusura anticipata dei pubblici esercizi. Fipe-Confcommercio, ha più volte ribadito la propria perplessità e contrarietà alla chiusura degli stessi alle ore 18:00. Per la sigla sindacale non esiste, come dimostrato da fonti scientifiche, nessun nesso tra la frequentazione dei Pubblici Esercizi e la diffusione dei contagi, e quindi diventa ancor più difficile accettare una simile imposizione. Senza contare la beffa per tutti gli investimenti fatti per l’adeguamento dei locali alla normativa.
Pur apprezzando le dichiarazioni del Presidente del Consiglio e gli interventi urgenti e specifici a favore del settore messi in atto, la Federazione auspica che gli stessi siano economicamente significativi, certi e immediatamente esigibili per tutte le imprese del settore.
E per far sentire la loro voce, il 28 ottobre, hanno sfilato in migliaia, in 21 piazze d’Italia, in una protesta che è più un disperato grido di aiuto per salvare il proprio lavoro.

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Sonia Biasin

Giornalista pubblicista, diploma di sommelier con didattica Ais e 2 livello WSET. Una grande passione per il territorio, il vino e le sue tradizioni.

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