Proveniente da un vitigno eroico, salvato dall’ostinazione di un uomo nella pianura ravennate, oggi è prodotto dal Consorzio di Bagnacavallo, che raccoglie 16 produttori.
Ogni vino ha la sua storia, ma quella del Bursồn è tanto straordinaria quanto affascinante e merita di essere raccontata. Tutto ebbe inizio da Antonio Longanesi, un uomo miracolosamente scampato alla morte durante la seconda Guerra mondiale, contadino da generazioni, che scopre sulla sua terra, una vite selvatica sconosciuta. Incuriosito, Longanesi decise di salvare questo unico esemplare e lo fece innestare.
Con la prima uva fece del vino che, insolitamente per un territorio di pianura, venne con un’alta gradazione alcolica (14 gradi). Da allora il buon Antonio diffuse la vite fra i contadini del suo territorio che iniziarono a utilizzare l’uva ottenuta per aumentare la gradazione alcolica delle altre uve rosse. Così nacque il Bursồn, chiamato in questo modo dal soprannome della sua famiglia.
Oggi questo vitigno sconosciuto che ha preso il nome dal suo salvatore, produce un vino corposo ancora poco conosciuto, ma ottimo a naso e palato. L’uva Bursona è prodotta nella piana ravennate, in quel di Bagnacavallo, dall’omonimo Consorzio, nato nel 1997 che raccoglie 16 produttori. Il vino ottenuto da questo vitigno misterioso ha una gradazione alcolica di 14/15 gradi, è molto corposo e in bocca ha un’entrata leggermente dolce.
E’ un vino aristocratico, che può essere scambiato per un amarone o per un brunello. Il vino Bursồn del Consorzio “Il Bagnacavallo”, è prodotto in due versioni, etichetta blu ed etichetta nera, secondo un rigido disciplinare.
Per il vecchietto Longanesi, che oggi all’invidiabile età di 91 anni si aggira ancora fra i vigneti del suo podere, il vino Bursồn, rappresenta la sua ricetta di longevità.
Piero Rotolo
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