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Bevi che ti passa, basta sia un bicchiere d’acqua

Che bere un bicchiere d’acqua in momenti ci sedi l’ansia o ci abbassi lo stress e che bere acqua più volte al giorno faccia bene alla nostra salute l’abbiamo imparato da anni, e che soprattutto di primo mattino o durante il giorno specie a digiuno sia un toccasana ce lo dicono in tutte le salse gli spot promozionali di bottiglie targate con marchio di fabbrica.

Ora, ottemperando ai consigli “scientifici”, ci serve un bicchiere d’acqua e anche più di uno per sedare il nostro stress al bombardamento delle notizie sul futuro degli Italiani e farci inghiottire i rospi delle contraddizioni contenuti nei decreti governativi attinenti alla Grande Manovra del Popolo.

Magari bastasse un bicchiere d’acqua per risolvere tutti i problemi di questa società, anche se molti cittadini possono accontentarsi solo di acqua, a fronte di quanti altri riescono a permettersi di brindare con bollicine doc.

Canta che ti passa, si è sempre detto, ma di cantare neanche oggi si ha tanta voglia, tutti siamo muti e ammutoliti, in preda all’ansia aspettiamo l’evolversi quotidiano della quadra tra promesse elettorali e il contratto di governo. Questo sta scritto e questo no, l’abbiamo promesso ai nostri elettori e manteniamo l’impegno, la nostra parola è una sola e sempre lo sarà, ci metteremo d’accordo, andiamo d’accordo, troveremo un accordo (sì, come le famose “convergenze parallele” di democristiana morotea memoria).
E intanto i grandi opinionisti dello teleschermo non riescono a distinguere nei loro interventi la differenza tra reddito di cittadinanza e incentivi per l’occupazione, definiti sulla carta come «Patto di inclusione sociale» e «Patto per il lavoro», rimestano nel paiolo del polentone per ossequiare la linea politica dell’emittente che li ospita e non sciolgono i grumi, fornendo ad arte una visione per disorientare l’opinione pubblica.

Bevi un bel sorso d’acqua che ti passa il magone, quel che sarà sarà, ma da buoni e sani Italiani non possiamo permettere a nessuno di ritenere poltroni, anzi “divanisti”, i nostri figli ventenni/trentenni a cui finora lo Stato non ha dato l’opportunità di un lavoro stabile e/o continuativo con cui pagarsi i contributi ai fini pensionistici.
Non prendeteli in giro, signori governanti, orsù, sapete bene che essi sopravvivono principalmente grazie a compensi senza traccia.
A voi basta un bel po’ di bicchieri d’acqua per sentirvi tranquilli nelle vostre scelte?

Maura Sacher


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