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Amarone: è guerra per il nuovo disciplinare

 

L’Associazione dei produttori rompono il tavolo col Consorzio Valpolicella. Dalla qualità si vuole tendere alla quantità.

 

In gioco ci sono le sorti dell’Amarone, da difendere e tutelare. Di qui il ritiro dal Tavolo di concertazione con il Consorzio Tutela Vini Valpolicella, dell’Associazione famiglie dell’Amarone, che hanno voluto così esprimere il loro profondo disagio. Del resto non è una novità che il vino simbolo della Valpolicella subisca da tempo uno scempio, a causa di una serie di politiche orientate alla quantità della produzione, più che alla qualità.

 

Divergenze di vedute, e obiettivi diversi, hanno portato a questa decisione, comunicata, nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Verona il 6 maggio, da Marilisa Allegrini, presidente dell’Associazione famiglie dell’Amarone. Invitando contestualmente tutti i produttori che hanno a cuore le sorti dell’Amarone, a partecipare all’assemblea indetta dal Consorzio per il 10 maggio con l’obiettivo di “scongiurare le modifiche capestro al disciplinare di produzione”. Punto nodale è la modifica al disciplinare, con l’eliminazione del limite alla Doc per i vigneti impiantati in terreni freschi e di fondovalle. Questo permette, di fatto, di produrre in grandi quantità, a scapito della qualità e della vocazione dei vigneti.

 

“La verità – ha aggiunto il responsabile del Tavolo di concertazione per le famiglie dell’Amarone, Sandro Boscaini – è che, nonostante le nostre rivendicazioni, la politica di gestione non tiene più conto delle zone vocate e si adegua solo a minimi parametri di legge, a tutto svantaggio della riconoscibilità di uno dei vini simbolo del made in Italy nel mondo. Ciò che ha determinato la mancanza di progettualità condivisa e la conseguente rottura del tavolo è stata principalmente un’abissale diversità di vedute: la nostra ha un approccio qualitativo basato sula vocazione del vigneto per cui l’Amarone si può produrre solo nei terreni vocati, quella del Consorzio pone obiettivi di quantità, sulla base delle richieste del mercato. Non per nulla negli ultimi 15 anni l’aumento della produzione è stato del 1.140 per cento, ma l’amarone non è una commodity e la sua fortuna nel mondo è dovuta al nostro assunto, non al loro”.

 

Le famiglie dell’Amarone rilanciano pertanto la sfida, appellandosi alla “tutela della qualità del prodotto senza condizioni”. Del resto, questo è lo spirito con cui, nel 2009, è nata l’associazione che ha un fatturato annuo di 140mln di euro e una produzione che va per 85 per cento all’estero, principalmente in Canada, Svizzera, Usa Tra gli associati ci sono: Allegrini, Begali, Brigaldara, Masi, Musella, Nicolis, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Venturini, Zenato. La partecipazione all’Assemblea del Consorzio è dunque molto importante, perché la posta in gioco è alta, e di fatto si traduce in una lotta contro la massificazione del prodotto.

 

Di qui l’impegno a “ripristinare i valori fondanti della produzione – ha detto il vice presidente dell’Associazione, Stefano Cesari – per questo il 10 maggio, nell’assemblea del Consorzio, proporremo l’aggiunta all’articolo 3 (dichiarante le delimitazioni delle zone produttive tra classica, doc e Valpantena) di una specifica declaratoria che differenzi la collina dalla pianura”. In sostanza, aggiunge Cesari, si chiede di differenziare le rese, per ridare equilibrio alla produzione dell’Amarone, ben consapevoli della nostra non facile posizione.

                                                                        Cinzia dal Brolo

 

 

 

 

 

 


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Piero Rotolo

Direttore Responsabile vive a Castellammare del Golfo Trapani

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