All’Accademia di Agricoltura di Verona per presentare il nuovo libro
I luoghi sono simboli e racchiudono identità e storie che li rappresentano e che non possono essere mai banalizzate, per l’Accademia di Agricoltura Lettere ed Arti di Verona questo è ancora più vero.
Dalla fondazione in epoca Veneziana al periodo Asburgico e successivamente durante l’unità d’Italia in queste stanze ricche di valori e suggestioni è passato tutto il sapere in ambito agricolo e non solo e GRASPO si è presentato qui con umiltà attenzione e sensibilità per presentare ad accademici, giornalisti e produttori i vini ed i contenuti del nuovo libro.
Se il tema è quello della Biodiversità ad aprire le relazioni non poteva mancare Gianfranco Caoduro presidente onorario e fondatore di WBA perché la Biodiversità è valore vero.
La biodiversità può essere definita come la varietà degli organismi a tutti i livelli, da quello intraspecifico, delle varianti genetiche dei singoli individui di una specie, al livello interspecifico, relativo alle differenze tra specie e gruppi tassonomici; essa comprende anche la diversità ecosistemica, cioè la varietà dei vari ambienti presenti in un dato territorio.
La biodiversità rappresenta quindi la risorsa più importante dei sistemi naturali del nostro pianeta. La sua tutela, pertanto, è funzionale alla stessa conservazione degli ecosistemi, dai quali dipendono direttamente o indirettamente tutte le attività antropiche.
II mantenimento di un’elevata biodiversità nell’ambiente deve rappresentare un obiettivo irrinunciabile per le attività produttive, soprattutto nel settore primario.
A seguire, Attilio Scienza, oggi sicuramente il più qualificato e preparato ricercatore sull’evoluzione genetica della vite a definire cosa significa Biodiversità Viticola.
La biodiversità della vite – per Scienza – è a tutti gli effetti una risorsa culturale (e non solo colturale) dell’Italia.
La diversità biologica della vite coltivata, risultato di migliaia di anni di selezione e determinata dalle mutazioni, dalla ricombinazione genica e dall’effetto delle pressioni selettive operate dal clima e dall’uomo, è un’eredità che la natura e i nostri antenati ci hanno lasciato e che non può essere ricreata in laboratorio: una volta distrutto questo capitale non potrà essere ricostituito e sarà perso per sempre.
Se si vuole conoscere la storia di un territorio viticolo attraverso le vicende che hanno accompagnato l’affermazione dei suoi vini, è necessario una riflessione che parta dai suoi vitigni, perché solo attraverso questi è possibile sviluppare la storia degli uomini, della loro cultura materiale, della loro evoluzione culturale, dei cambiamenti climatici e del sistema sociale in genere. I vitigni infatti sono gli elementi stabili per una infinità di generazioni di viticoltori: gli uomini muoiono ma i nuovi abitanti, pur aggiornando le abitudini, mantengono e spesso incrementano i vitigni dei loro predecessori.
Prima di questo la vite in Italia presentava un’ampia variabilità, che è peraltro ancora importante e sicuramente ben superiore a qualunque altro Paese al mondo.
Fortunatamente in Italia, soprattutto nella sua parte più meridionale, i cambiamenti socio-economici sono avvenuti più lentamente ed hanno evitato una erosione genetica devastante, come invece è avvenuto in altre viticolture continentali.
Sottolineando che il ruolo di GRASPO è quello di salvaguardare e preservare questi valori tra nostalgia e sinestesia.
Date queste premesse autorevoli diventa facile per Aldo Lorenzoni , presidente di GRASPO, raccontare il lavoro dell’associazione parlando di numeri, 50.000 km fatti incontrando oltre 150 produttori, 150 analisi del DNA e soprattutto 62 microvinificazioni fatte nell’ultima vendemmia.
Un racconto sintetizzato nella nuova pubblicazione che fa sintesi del lavoro fatto fino ad oggi e diventa lo strumento ideale per accompagnare le degustazioni di questi originalissimi vini.
Si tratta di un testo realizzato proprio con questo scopo, un libro da bere, una esperienza che affonda saldamente le radici nei vitigni del passato ma che presenta o ripresenta sorprendentemente vini moderni che guardano al futuro.
Non solo quindi di un mero catalogo di vitigni a rischio estinzione o a rischio erosione genetica ma di una esperienza immersiva in questo mondo dimenticato, fatto di storie di autentico eroismo se parliamo dei tanti viticoltori custodi incontrati ma anche un racconto di quanto gli ampelografi di tutta Italia hanno fatto per identificare e preservare questi vitigni.
Con umiltà ed attenzione vengono riportati racconti e testimonianze che ci aiutano a comprendere meglio gli aspetti tecnici e legislativi che sottendono le azioni di ricerca ampelografica, abbinando ad ogni vitigno un custode, un ricercatore od un racconto con l’obiettivo di stimolare nel lettore la curiosità, non solo relativa al singolo vitigno, ma all’affascinante e complesso mondo della ricerca ampelografica.
Luigino Bertolazzi, accompagnandoci alla degustazione, ricorda che parliamo di “vitigni da bere” raccontando miti, storie, custodi e vitigni tra i più iconici dell’ampelografia veronese ricordando il ruolo fondamentale del Centro di Ricerca della Provincia e di Tito Angelini dell’Ispettorato Agrario di Verona,
E finalmente si assaggia … la Brepona o Molinara bianca, la Bigolona, La Marcobona, L’Invernenga, l’Ottavia e il Liseiret per le bianche. Due rosati la Rossara e la Rossetta di Montagna, la Quaiara o Vulpea, la Rossa San Floriano, la Denela, la Pelara, la Forselina, la Simesara, la Pontedara, la Saccola rosè e da ultimo l’Hoertroete un rosso prodotto da una sola vite che ha 422 anni in età…. Con uno sguardo al prossimo importante appuntamento ..il viaggio continua
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