Curiosità

Vino bianco, rosso oppure orange?

Venuti alla ribalta negli ultimi anni, gli Orange wines, di un deciso color ambra, sono ottenuti dalla macerazione sulle bucce di vitigni a bacca bianca.
Ma si tratta di una moda del momento oppure di una nuova consapevolezza, tesa soprattutto alla ricerca di un quanto più possibile modo naturale modo di vinificare?

Un tempo, negli anni cinquanta e sessanta, la vinificazione in Italia avveniva in ugual modo per i vitigni a bacca bianca e per quelli a bacca rossa: le bucce (in botanica chiamate epicarpo) restavano sempre macerare con il mosto durante la fermentazione, estraendo tutti quei tesori che sono celati nella sottile pelle dell’acino: sono soprattutto sostanze coloranti come antociani e flavoni, ma anche tannini nobili, lieviti (saccaromiceti) ed aromi (terpeni) e la “pruina” una sorta di cera a protezione. Va da se che il colore risultava molto più inteso del giallo paglierino dei vini convenzionali.

Ma i vini Orange sono oggi soprattutto una filosofia. Una ricerca della naturalità del vino che parte dal campo (questi produttori sono generalmente biologici, biodinamici o naturali) e prosegue in cantina con vinificazioni fatte rigorosamente con lieviti indigeni, un uso ridotto al minimo, se non l’eliminazione completa, della anidride solforosa e con fermentazioni lasciate il più naturali possibili e senza filtrazioni. Spesso vi è anche una riscoperta delle antiche tecniche di vinificazione, quali anfore o altri vasi vinari. Un grande rispetto per la natura che basa gli interventi in campo e in cantina sui cicli lunari, spesso seguendo calendari basati su moti stellari come quello di Maria Thun. In piena armonia con la natura.
Il risultato?
Vini con complessità olfattiva di miele e di frutta, più struttura (e tannini), taglienti e dalla grande longevità, carattere e persistenza; l’uso dei lieviti indigeni per la fermentazione garantisce profumi e aromi caratteristici e tipici del vitigno, non snaturati, con profumi franchi e non ingannevoli.
Vini non facili, non per tutti i gusti, che richiedono conoscenza e attenzione i cui colori e profumi possono ingannevolmente sembrare quelli del passito, ma che al gusto risultano invece secchi e decisi.

Ma il vino dei nostri nonni, diciamolo francamente, non era un gran che!
Obietta Patrick Uccelli della Tenuta Dornach “è stato fondamentale passare attraverso la vinificazione tradizionale, quella suggerita dai francesi per intenderci. Ed ora che abbiamo acquisito le giuste conoscenze, possiamo “tornate indietro” applicando al passato le conoscenze acquisite”. Una sorta di “ritorno al futuro” insomma.

Nonostante dietro a questi vini si nasconda ancora qualche produttore poco abile che vuol far passare difetti per potenzialità, esplorando questo mondo si ha modo di scoprire una nuova idea il vino, con filosofie interessanti e soprattutto salutari e rispettose del territorio e della natura.
Un nome tra tutti? Josko Gravner, ma non è certo il solo.


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Sonia Biasin

Giornalista pubblicista, diploma di sommelier con didattica Ais e 2 livello WSET. Una grande passione per il territorio, il vino e le sue tradizioni.

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