Tribuna

Degustando i vini di Castellammare del Golfo

Da poco spenti gli echi di Mediterraneo Packaging,  rimangono le impressioni di un we in cui protagonista è stata la crescita dell’olio e del vino italiano, a braccetto con quelle iniziative in grado di valorizzarla. Oltre a questo, rimangono nell’archivio della memoria le gradevoli sensazioni enogastronomiche che hanno fatto da contorno alla manifestazione.

La Sicilia da sempre nel cuore di ogni gourmet, ultimamente è sempre più considerata come patrimonio enogastronomico. Persino il New York Times recentemente si è espresso a riguardo, eleggendola come il territorio dove si mangia meglio al mondo. Castellammare del Golfo lo ha confermato in pieno, oltre che con la cucina anche con i vini del suo territorio, al passo con il resto della viticultura siciliana in costante crescita.

Ognuna delle tre cantine locali degustate in occasione delle cene a margine del concorso ha ben figurato. Il primo vino a presentarsi al bicchiere è stato “Vezzo” il Grillo dell’Azienda Terre di Bruca, giovane realtà nata nel 2009. Il frutto del lavoro dei Fratelli Barbera, che da subito hanno voluto perseguire un’identità strettamente connessa al territorio, aiutati dall’enologo Vincenzo Bambina rispettoso della viticultura tradizionale.

Vitigno autoctono Siciliano sempre più apprezzato negli anni,  grazie a vinificazioni più selezionate che ne hanno saputo trarre i caratteri migliori. Quello di Terre di Bruca si presenta in toni floreali intensi ma non aggressivi, risultando coerente anche in bocca. Piacevole al palato, grazie alla sapidità e alla freschezza che richiamano il nuovo sorso. Nel finale persistente si rintracciano le note minerali che ne impreziosiscono lo spessore gustativo. Un vino che rispecchia pienamente le tipicità dei vini bianchi del mediterraneo.

Della stessa Azienda anche “Friends” da uve Frappato, un altro classico ampelografico della trinacria che nel nome svela la sua natura. Vino di impatto non impegnativo che coinvolge con i suoi sentori di Ciliegia e piccola frutta rossa, trasformandosi in un gusto ricco anche grazie ad un tannino non invadente  ed alle sue caratteristiche di equilibrio. Doti che lo rendono particolarmente versatile ad accompagnare diversi momenti della convivialità.

Il secondo incontro è con l’Azienda Di Legami della famiglia omonima, che porta avanti la tradizione ereditata dai nonni e curata dall’enologo Sebastiano Polinas. Anche qui il vigneto è composto da varietà autoctone e fortemente focalizzate sulla coltivazione biologica, in cui la Sicilia tutta è tra le regioni più attive.

Il Grillo dell’Azienda, “Berlinghieri” dal luogo di produzione, interpreta il territorio in maniera differente dal precedente, declinando sui toni della frutta matura estiva e di agrume, ma contenendone l’esuberanza. Allo spessore del sorso concorrono la componente minerale e la grande freschezza, che ne allungano il piacere e la persistenza. Pur risultando pienamente figlio del suo territorio ha un dinamismo che lo spinge verso modelli più internazionali, senza per questo risultare snaturato.

Nel rosato Zafaràna da uve Perricone, il ventaglio aromatico risulta più contratto ma ugualmente piacevole. Giocato sui sentori di fragola, piccola frutta rossa e sfumature floreali. La sua facilità di approccio ne favorisce un largo impiego sulla tavola. Anche Di Legami presenta  un Perricone anch’esso “Berlinghieri”, dal naso abbastanza complesso e, da cui si stagliano le note di frutto rosso maturo, spezie, humus di sottobosco e legno. L’equilibrio del palato non nasconde la piacevole presenza tannica che si stempera in una buona persistenza.

L’ultimo incontro con la viticultura del Trapanese e dedicato all’Azienda Magaddino,  ormai alla terza generazione di produttori e gestita su settanta ettari di vigneto da Simone. Anche qui il vitigno autoctono è la caratteristica che garantisce l’aderenza alle peculiarità territoriali. Il bianco è ancora un Grillo che denuncia una personalità ancora diversa dai precedenti, a conferma dell’autenticità di vini che non inseguono mai un cliché. Naso di frutto tropicale intenso ma che si mantiene dritto e non si allarga in note ridondanti, impreziosito da sentori minerali. Il palato è gustoso, intenso e dotato di piacevole lunghezza.

L’altro bianco, da uve Catarratto, è ispirato alla stessa filosofia produttiva, in cui però il bouquet olfattivo vira su toni floreali e sfumature erbacee. All’assaggio come gli altri vini dell’Azienda, si distingue per l’equilibrio e la buona persistenza finale. Nel lotto degli assaggi non poteva mancare un altro grande autoctono Siciliano. Tocca allora a Magaddino l’onore di proporre il Nero D’Avola, dai tipici sentori di frutti di bosco freschi e spezie dolci.

Gusto pieno al palato, dal tannino pronto e piacevole, dotato di grande morbidezza pur conservando un dinamismo che gli impedisce di sedersi. Tirando le somme dei vini degustati, non si può che sottolineare l’effettiva crescita generale del movimento vitivinicolo Siciliano, di cui la quota Trapanese si conferma degna rappresentante.

Bruno Fulco


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