Stile e Società

TTIP, è tutto così chiaro?

Nonostante le gravi preoccupazioni paventate da una parte dell’opinione pubblica, alimentate da movimenti che si sono attivati in Europa e soprattutto sospettate da seri socio-economisti, non è proprio del tutto semplice capire dove va a spirare il vento, sia a livello governativo nazionale sia a livello delle compagini nei vari settori interessati ai negoziati sul TTIP.

Sotto la sigla “TTIP”, acronimo di “Transatlantic Trade and Investment Partnership”, si cela un trattato di liberalizzazione commerciale tra l’Unione Europea e gli Stati oltre Atlantico, con l’intento dichiarato di abbattere dazi e dogane. Ma un’opposizione popolare, con la raccolta di oltre 3 milioni di firme, NO AL TTIP striscioneben 100 mila persone in piazza a Berlino, e moltitudini radunate in altre città, nonché le informazioni fornite da una parte dei mass media, fanno pensare ci siano più “motori” di interessi sotto le trattative.

Per ora sorvoliamo sulle altre clausole, la cui incidenza non è da sottovalutare, e soffermiamoci sulle trattative in merito alle Indicazioni Geografiche che assieme a “food security and food safety” e tutela dei consumatori sono stati i principali argomenti dell’ultimo incontro, lo scorso 5 novembre 2015 presso l’Ambasciata d’Italia a Washington, come ci informa AICIG (Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche).
Anche in quella sede gli interlocutori italiani hanno insistito al fine di ottenere una protezione per le produzioni Dop e Igp comunitarie sul territorio statunitense. Dopo quasi tre anni di trattative, i punti di frizione tra le parti sono sempre gli stessi e pare non vengono fatti progressi.

Registriamo, così come inviateci, le dichiarazioni degli interventi al meeting di novembre.
«Il sistema delle Indicazioni Geografiche – ha detto Emilio Gatto, Direttore Generale della Qualità del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali – rappresenta il traino dell’intero settore agroalimentare nazionale con prodotti conosciuti in tutto il mondo. Ma le produzioni Dop e Igp sono anche modelli di sviluppo sostenibile ed una garanzia per il consumatore finale».
«Informazioni chiare sull’origine dei prodotti – ha sottolineato Pier Maria Saccani, Segretario di Aicig – sono fondamentali; è necessario individuare standard comuni in tema di indicazioni geografiche non solo per tutelare i produttori ma anche per salvaguardare i consumatori sempre più interessati e attenti alla tracciabilità».
Nelle conclusioni dell’incontro, Paolo De Castro, membro del Parlamento Europeo e relatore permanente sul TTIP, diplomaticamente ha affermato: «È il momento di accelerare sul Ttip, tanti sono i punti di contatto tra Europa e Stati Uniti, bisogna cercare di superare le divisioni», e inoltre: «Sicuramente per l’Europa non è ipotizzabile un accordo senza Ig, ma sono convinto che anche dalla sponda americana dell’Atlantico potranno comprendere le nostre ragioni che alla fine sono anche volte a tutelare i consumatori americani in merito alla provenienza geografica dei prodotti».

Il testo dell’accordo TTIP, quando vedrà la luce, dovrà essere approvato dal Consiglio europeo e dell’Europarlamento, infine, per entrare in vigore necessita della ratifica di tutti i 28 paesi membri dell’UE.
Tappe lunghe, ma c’è un punto che pare insormontabile. «Il tema delle etichettature con la protezione dei prodotti Doc e Igp è ferma ai blocchi di partenza perché per gli americani resta un tabù. stop ttip.pngGli stessi americani che, invece, vogliono accesso al mercato europeo con il loro carico di Ogm, che pure non sono oggetto di trattativa, ma rappresentano gran parte delle coltivazioni Usa», scrive l’economista Giuliano Balestrieri su un quotidiano nazionale. È soprattutto questo che preoccupa i difensori del nostro Made in Italy.

Maura Sacher


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