Stile e Società

Il Terrano Doc Friuli Venezia Giulia sarà transfrontaliero, c’è un disciplinare

Parliamo di un dato: il Terrano, noto agli eno-turisti che visitano le zone dell’estremo lembo orientale d’Italia come un vino rosso, secco, fortemente acidulo, dal retrogusto forte di terra, è un vitigno autoctono della zona carsica.

Il Carso è un altipiano roccioso che parte dall’estremità nord-orientale della provincia di Gorizia, dai piedi delle Alpi Giulie, e corre, a mezzaluna, abbracciando la provincia di Trieste per allargarsi in territorio sloveno e finire nel massiccio delle Alpi Bebie nel nord-ovest dell’Istria croata.

In questa posizione geografica il Terrano, ovvero il “Teran” nell’idioma locale, che sarebbe una varietà della famiglia dei Refoschi, originale della zona fin dall’antichità, secondo innumerevoli testimonianze storiche, primo fra tutti Plinio il Vecchio, negli ultimi anni è stato al centro di diatribe tra i tre Stati di pertinenza.
Per fronteggiare la rivendicazione sul nome da parte della Croazia, i vignaioli carsici dell’area italo-slovena nel 2015 hanno chiesto alle rispettive autorità di riconoscere una denominazione comune, avvalendosi dei riconoscimenti DOC Friuli Venezia Giulia del 1986 e PTP (Denominazione Tradizionale Riconosciuta) protetta in Slovenia dal 2004.

Superate le resistenze allora poste dal Mipaaf, retto da Michele Martina, e ricevuta la benedizione dalla Regione Friuli Venezia Giulia, attenta alla protezione delle minoranze, linguistiche ed etniche, l’altro ieri a Trieste è stato presentato il disciplinare della doc transfrontaliera del Terrano, che assume la denominazione ufficiale di “Teran”, termine univoco nei due idiomi locali.

Nel disciplinare, oltre all’area geografica di produzione, vengono definite le caratteristiche del vino, viene stabilita la varietà (Refosco) e vengono precisati i procedimenti enologici. Inoltre, il documento stabilisce la quantità di uva per ettaro.

In appendice, c’è solo una cosa che non quadra: i comunicati stampa riportano “è stato superato il problema relativo all’arricchimento del saccarosio, permesso in Slovenia ma vietato in Italia. Le parti infatti hanno convenuto di fare riferimento alla normativa europea”.

Maura Sacher


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