Tribuna

Scegliersi il posto a tavola

Dove mi metto? è la domanda che spesso esce spontanea davanti alla mensa imbandita. Il prendere posto è un momento di incertezza per tante persone bene educate, si arriva nei pressi e ci si blocca facendo gruppo, in attesa di indicazioni, infatti nessuno dovrebbero piazzarsi di propria iniziativa dove vuole lui, a meno che non stia in trattoria.

Se il convivio ha una certa solennità, chi organizza ha predisposto i segnaposto con il nome degli ospiti davanti a ciascun piatto e trova il modo di preannunciarlo ai commensali, così ognuno è preparato e cerca discretamente la propria postazione e, raggiuntala, dovrebbe restare in piedi dietro la sedia, finché la persona più autorevole non si è accomodata. Ciò vale in una sala con cento persone in presenza di autorità, come per ogni singolo tavolo.
Ahimè, non tutti gli uomini sanno che a loro tocca sedersi dopo le signore, sempre e ovunque, nelle case quanto nelle trattorie: l’educazione non varia a seconda del locale!

E ci si deve ben guardare dal rimuovere le targhette coi nomi, qualora ci si trovasse collocati lontano da persone di proprio gradimento o vicino a sconosciuti! Quanto detesto questi “furbetti”. Quanto scompiglio portano.
Inoltre, è davvero maleducato far spostare chi è già seduto per chiedere di liberare una sedia.

Nei ritrovi informali, invece, non sono opportuni i segnaposto ma ovviamente i posti in casa mia li assegno io secondo i criteri ben noti e indico cortesemente ad ognuno la sua sedia. In questo adotto una accortezza: se ho degli invitati con minor confidenza con la mia casa, riservo loro il lato della tavola che guarda lo spazio aperto, non quello che li costringerebbe ad avere davanti la parete.
Anche in ristorante il posto migliore è quello rivolto alla sala.

Ma anche in ristorante, per un’occasione speciale, un particolare festeggiamento, spetta all’anfitrione, cioè a colui/colei che ha promosso il banchetto, distribuire i posti, come in casa, secondo i crismi dell’etichetta.

Ci sono persone che hanno fissata nel dna la difficoltà a stare composti e compassati in un consesso dove si deve restare seduti per ore e forse sono gli stessi che in un pranzo che va per le lunghe soffrono visibilmente se non si possono muovere.
Ed ecco che in una folta tavolata scelgono una seduta all’estremità o vicina alla porta o comunque in una postazione agevole alle sue abitudinarie alzate. Se ciò non altera l’armonia della compagnia e ci si accontenta di stare defilati, anche spesso dalla conversazione, al Galateo poco importa, quello che invece al Galateo disturba è l’imposizione del posto ad altri, al partner, all’amico o all’amica, scegliendosi il compagno a fianco, “siediti qui, siediti là”, solo per non sentirsi soli, cosicché ad altri può essere precluso il posto che preferirebbero.

Una tavolata è armonica quando c’è equilibrio di vicinanza tra persone con condividono almeno qualche interesse in comune, il che favorisce la conversazione, e si gusta meglio il cibo.

Maura Sacher
m.sacher@egnews.it


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