Sanzioni da operetta alla Federazione Russa e aiuti col freno tirato alla Ucraina
La comunità europea ha varato a fatica nel primo anniversario del conflitto il decimo pacchetto di ritorsioni contro la Federazione Russa a causa del suo attacco all’Ucraina.
Il presidente ucraino non è contento e ha dichiarato che era possibile fare di più.
Nel frattempo Shell una delle famigerate Sette Sorelle del petrolio di proprietà anglo olandese e la Total francese continuano a comperare gas e petrolio dalla Russia.
L’Italia ha acquistato lo scorso mese 20 milioni di metri cubi di gas nonostante i roboanti e guerreschi proclami del governicchio di destra.
I diktat degli Stati Uniti e della Nato non hanno prodotto l’effetto desiderato.
Secondo un sondaggio ritenuto attendibile dalle autorità nordamericane il gradimento riscosso da Vladimir Putin nella opinione dei russi si attesta oltre l’ottanta per cento.
Il rublo continua ad essere accettato come valuta per i pagamenti e le transazioni commerciali.
La Federazione Russa non è affatto in ginocchio nonostante le durissime sanzioni e la recente condanna di una gran parte delle nazioni facenti parte dell’ONU.
Peccato che oltre della metà della intera popolazione mondiale rappresentata dai sette paesi che hanno votato contro e dalle trentadue nazioni che si sono astenute rappresentino la maggior parte degli abitanti dell’orbe terracqueo.
La vecchia e decadente Europa langue da decenni in una crisi di nascite e non si intravede soluzione alcuna al problema.
L’economia della Russia ha trovato nuovi partner e clienti e ha rafforzato nonché incrementato i rapporti con nazioni che si affacciano nei mercati mondiali.
In Asia, Africa e America Latina grazie anche al cambio di governo in importanti nazioni si sono aperti ed ampliati nuovi mercati.
Vanno a compensare gli affari e gli scambi perduti in seguito alle reiterate sanzioni.
Cina e India sono diventate ottimi clienti di materie prime e gas forniti ad ottimi prezzi.
Sul piano militare ad un anno dall’inizio del conflitto la situazione è ad un punto abbastanza critico per Volodymyr Zelens’kyj e sodali.
L’ esercito ucraino non fa più progressi sul campo e in alcuni territori sta perdendo città e posizioni strategiche importanti.
Nonostante l’invio di massicce forniture di munizioni, camion, sistemi contraerei quali l’Iron Dome e missili a corta gittata lo slancio dei mesi scorsi si è arrestato.
E non serviranno le cessioni di esigui quantitativi dei panzer Leopard di ultima generazione, dei carri francesi AMX – 10, dei tank inglesi Centurion in attesa degli Abraham nordamericani.
I carri e i blindati russi sono in netta preponderanza e per addestrare equipaggi di carristi occorrono mesi.
Gli Abraham sono molto difficili da guidare e non sono troppo maneggevoli.
Inoltre soffrono molto per la trazione e gli spostamenti su terreni fangosi e innevati.
In molte nazioni cresce ogni giorno l’insofferenza al conflitto e la contrarietà all’invio di armi.
Gli Stati Uniti e anche l’Italia hanno ribadito che non invieranno aerei da combattimento.
La Polonia vorrebbe “regalare” sei F 35 ma Joe Biden ha stoppato l’iniziativa.
È ben consapevole nonostante gli anni e la incessante flatulenza che lo connota che inviare stormi di cacciabombardieri in Ucraina significherebbe una pericolosissima escalation del conflitto.
E incombe l’ombra di speculazioni e loschi affari perpetrati dalla classe dirigente Ucraina.
Recentemente Volodymyr Zelens’kyj ha dovuto estromettere e sfiduciare la metà dei membri del suo governo a causa della scoperta di traffici di armi, aggiotaggio di materiali bellici e sanitari, appropriazioni di ingenti somme di denaro e altre amenità criminali in tempo di conflitto compiute da autorevoli esponenti della classe dirigente ucraina.
Finché c’è guerra c’è speranza……
Umberto Faedi
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