Stile e Società

Sale italiano risorsa economica da salvare come distretto produttivo

Il sale, definito anche “oro bianco”, da oltre sei mila anni è una risorsa per il benessere dell’umanità e fin dalle origini utilizzato come fonte di lavoro per le popolazioni locali e reddito soprattutto per i potentati che ne gestivano il commercio controllandolo con varie forme di monopolio e di specifiche gabelle.

Fondamentale per la conservazione di carni, pesce, pellami e per la sopravvivenza del bestiame, ma impiegato anche in medicina, il sale ha suscitato molte guerre fra le popolazioni e segnato il destino di intere civiltà, così che i dominanti potevano monopolizzare la produzione salina come risorsa economica e di scambio. I Romani attribuivano un tale valore al sale che i soldati ne ricevevano una razione giornaliera, dando origine al termine di “salario” quale compenso lavorativo, e la Via Salaria fu il percorso principale dei commerci salini che dal porto di Ostia attraversava gli Appennini per raggiungere il porto di “Castrum Truentinum”, l’odierna Ascoli Piceno.

Delle numerose saline italiane dell’antichità (quasi ogni importante città di mare aveva la sua, da Siracusa a Roma, da Venezia a Trieste), oggi sopravvivono quasi una ventina, di cui solo quattro quelle marittime ancora sfruttate industrialmente: Sant’Antioco in Sardegna, Trapani in Sicilia, Santa Margherita di Savoia in Puglia, e Cervia in Romagna.

Considerando che sono presidio Slow Food solo il sale artigianale Antica Salina Nubia di Trapani, Igp dal 2012, e il sale integrale di Cerva a Cervia, mentre sarebbero da riconoscere e valorizzare almeno una dozzina a fronte di mare e miniere (come in Toscana o Calabria) in grado di fornire prodotti riconosciuti, disciplinati e certificati, ognuno con propria caratteristica da entrare di diritto tra le eccellenze a denominazione, arriva dal Centro studi dell’Osservatorio Economico dei Vini Effervescenti una proposta affinché il sale made in Italy diventi un prodotto di qualità tipico, un patrimonio nazionale da valorizzare, una risorsa da tutelare, certificare e promuovere.

Oltre agli aspetti legati all’estrazione del sale, queste saline rappresentano un’importante area di elevato valore naturalistico, dove si può trovare un compromesso sostenibile tra gli aspetti economico-produttivi e quelli ambientali, che tra l’altro attraggono sempre più visitatori, per creare risorse, occupazioni, startup locali di ognuno dei Distretti Produttivi Integrati e Turistici che esistono lungo la penisola italiana.
Tutte le saline italiane, infatti, sono diventate zone di interesse per gli aspetti naturalistici e non a caso buona parte di esse sono oggi tutelate nell’ambito di parchi nazionali, regionali o di riserve naturali, come ad esempio le saline di Margherita di Savoia e quelle di Comacchio. Il loro valore ambientale è evidenziato soprattutto dalla presenza di particolari specie botaniche e di svariate specie di avifauna, a loro volta tutelate.

A fronte di tutto ciò, il presidente del Centro studi dell’Ovse, Giampietro Comolli, lancia un appello alla Coldiretti per una crociata a difesa di un sale tricolore che abbia in etichetta una sorta di carta d’identità con nome e cognome, e non sia più percepita come una commodity senza differenze qualitative compensate dal mercato.

Maura Sacher


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