Tribuna

Quei pochi grappoli marci che danneggiano il vino italiano

A volte basta poco a rovinare il lavoro di molti. Si fa una grande fatica, si affrontano sacrifici di ogni sorta per elevare i propri standard di qualità e di credibilità e poi tutto viene vanificato da una manciata di personaggi senza scrupolo. E’ avvenuto di nuovo come una triste ricorrenza che si ripete nel tempo.

La frode sul vino purtroppo sembra una piaga da cui non si riesce a venir fuori. Questa volta sono ben due gli eventi fraudolenti ad essersi succeduti nel giro di pochi giorni. Due operazioni che hanno inferto nuove ferite alla credibilità ed all’onore di tutti quei viticoltori ed operatori del vino Italiano, che sono la quasi totalità e a cui va il merito di distribuire per il mondo perle di italica eccellenza.

A Bologna due milioni di litri di vino circa sono stati posti sotto sequestro dalle Fiamme Gialle, coordinate nella maxi operazione con l’Ispettorato Repressione Frodi del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo. Un valore commerciale di circa 750 mila euro, ma molto più alto in termini di visibilità negativa per tutto il settore.

La truffa è venuta alla luce durante una verifica della Finanza, che insieme al Mipaaft ha fermato appena in tempo l’immissione sul mercato di vino fuori legge da parte di una cantina di Imola. La sanzione prevista di un milione e ottocentomila euro non basta a risarcire i produttori di vino onesti, sui quali qualcuno è sempre pronto a gettare qualche ombra grazie a questi gentiluomini.

Durante i controlli è emerso anche che dalla contabilità dell’azienda, mancavano 500 mila litri di vino bianco e un milione e 300mila litri di vino Igt. Probabilmente oggetto di altri commerci irregolari e chiara violazione dell’articolo 72 della legge 238 del 2016, del Testo unico del vino. L’altra ignobile enotruffa riguarda i Castelli di Jesi, territorio dei vini bianchi più premiati dalle guide nazionali, che si sono visti all’improvviso schizzare fango addosso.

Qualcuno senza pensarci due volte ha offuscato il lavoro della grande viticultura locale, mettendo in commercio 15 mila litri di falso Verdicchio dei Castelli di Jesi. Fortunatamente il vino contraffatto, è stato prontamente rinvenuto presso due punti vendita di una grande realtà della Gdo internazionale in località Perugia e Monsampolo del Tronto.

Il sequestro è il frutto di un’indagine avviata già ad aprile dall’Ispettorato Centrale tutela qualità e repressione frodi prodotti agroalimentari (Icqrf) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, con la collaborazione della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno. Indagine successivamente delegata e portata a termine in questi giorni, nell’ambito di un’indagine di polizia giudiziaria che si è conclusa con la denuncia di un imprenditore del settore.

Il vino sequestrato era stato messo in commercio suddiviso in dame da 5 litri, per un totale di tremila pezzi. Tremila piccole crepe nel rispetto di tutti quelli, che di questo lavoro fanno quotidianamente la loro vita. Questo ennesimo atto fraudolento, è in realtà una costola dell’operazione che aveva già portato al sequestro di 150 mila litri di Verdicchio Doc contraffatto.

Queste operazioni sono i risultati che la Guardia di Finanza ottiene da un incessante lavoro di indagine a campione sulle aziende. Una pratica volta a rivelare i disallineamenti produttivi che si nascondono nei numeri delle rese, della capacità di impianti e attrezzature di cantina, oltre che nel controllo delle politiche sui prezzi medi dei vini messi in commercio.

Una lotta senza quartiere che si spera diventi sempre più ardua, nella speranza di stanare quei pochi cialtroni che lavorano per rendere vani gli sforzi della parte sana della nostra enologia. Feccia, per niente nobile, una sorta di oidio umano, che non serve a nulla per il vino italiano ed è sempre troppo poco disprezzata.

Bruno Fulco

 

 


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