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Quando d’inverno il vigneto riposa: emozioni sul tema

Scorri, sfoglia, leggi, elimini, salvi per dopo o per quando mai, perdi ore e ti scoraggi, perché nulla ti sembra rilevabile per i tuoi interessi, ma poi trovi uno scritto che ti spalanca il cuore alle emozioni.

Si tratta di una breve comunicazione di qualche settimana fa, innocua ai fini dell’informazione, che non impone numeri o nomi da esaltare, non ricorda date e scadenze, semplicemente racconta.
Un testo da cui spira poesia e ti fa vibrare le corde dei ricordi.

E ti si apre una visione, ti si allarga l’immaginazione e il cuore ti porta sui posti, ossia là dove le campagne con i vigneti del mio Collio goriziano si tramutavano dalle tonalità cromatiche della vendemmia ai colori fiammeggianti dell’autunno, e poi, come tutti i vigneti di tutti i colli e delle pianure del mondo, seguendo i cicli nella madre terra, si spogliano e riposano, perché è “tempo d’inverno” e la Natura riposa.

Dopo che i grappoli biondi, o rossi, o neri, sono stati raccolti uno ad uno tra i pampini ancora verdeggianti, il vigneto si sguarnisce e la cantina si riempie. L’alacrità umana si sposta, lasciando riposare la terra, perché tra pochi mesi deve svegliarsi sana e rigogliosa.
Una stimolante immagine, e complimenti a chi ha redatto il titolo del comunicato “Quando la vite riposa e la cantina è silente, il vigneto è dinamico”.
Una perla di frase, che mi ha fatto vagheggiare.

Perché, è vero, anche il periodo dell’attesa come quello dei mesi invernali in vigna non è mai completamente statico, è piuttosto una “lentezza vigile”.
E poi leggo: «Inverno per la vite significa soprattutto riposo, la pianta infatti riposa e chiede di essere lasciata indisturbata perché ha bisogno di accumulare le energie necessarie ad affrontare il successivo risveglio primaverile. Questa dunque è la stagione ideale per dedicarsi a tutti i lavori di sistemazione del vigneto: potatura, sostituzione dei pali di sostegno che per qualche motivo si sono rotti, espianto delle viti che hanno raggiunto la fine della loro vita, preparazione delle buche per la messa a dimora delle nuove viti, le barbatelle».
Le piante hanno bisogno di competenza, per la potatura così come per la preparazione invernale della messa a dimora delle nuove viti, perché la terra così scoperta, sottoposta al freddo e al sole, si prepara in maniera ideale ad accogliere la nuova pianta.

E mi vedo l’amore delle persone che, con mani sapienti e grosse forbici, vanno dritti al punto giusto del tralcio e riducono la pianta, prima rigogliosa e superba, ad uno sterpo. Ma loro sanno come potarla, come mantenere la vite in perfetto equilibrio ed ottenere le massime prestazioni a partire da quella goccia di lacrima primaverile che rivela la linfa vitale della pianta.

Tra la terra madre e i suoi figli c’è un legame ancestrale da rispettare; e immergendoci in lei sentiamo i battiti del nostro cuore, il nostro respiro. Cos’è meglio del silenzio per vedere tutto ciò?

Se il vigneto è vivo e palpita anche sotto la neve, come possiamo non confidare nel rinnovamento delle mortali realtà?

Maura Sacher

PS: Ispiratore un cs dell’Ufficio Stampa di Col Vetoraz


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