Vino e Ristoranti

Premiati i gioielli Schwarzhof Maso Nero  dell’Azienda Zeni

Nei giorni scorsi la Guida “Il Vino per tutti” ha premiato con la clessidra di Platino l’azienda agricola Zeni di San Michele all’Adige dei fratelli Andrea e Roberto Zeni per i gioielli bio di Maso Nero Schwarzhof.

L’azienda è ufficialmente certificata bio dal 2015.

Ha consegnato il premio il decano dei giornalisti enogastronomici trentini Giuseppe Casagrande, commissario europeo nei concorsi enologici nazionali ed internazionali. 

La storia dell’azienda Zeni affonda le radici in epoca asburgica.

Risale, infatti, al 1882 la licenza concessa dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe di aprire un’osteria con mescita dei vini della casa nei pressi del ponte sul fiume Adige in località Grumo di San Michele.

Nonno Roberto festeggiò l’avvenimento che gli costò anni di pratiche e domande per ottenere la concessione offrendo alla popolazione il Teroldego ottenuto dalle uve del vigneto “Pini” in Campo Rotaliano, culla del Teroldego.

Il Campo era stato bonificato dall’imperatrice Lorena d’Asburgo imbrigliando il corso del fiume Adige e del torrente Noce.

Con la bonifica anche il vigneto Pini si ampliò consentendo al nonno di acquistare altri appezzamenti in località Pinotti, Zaraosti, Broili, Sortì. 

L’innovazione dell’azienda risale 1973 quando i due fratelli Roberto e Andrea Zeni, ancora studenti presso la Scuola Enologica di San Michele all’Adige, misero in bottiglia una piccola partita di Teroldego Rotaliano (circa mille bottiglie), presa in prestito dal padre Romano.

Nel 1975, finiti gli studi, l’idea di sviluppare l’attività vitivinicola del padre si concretizzò e i due fratelli fondano due nuove società: l’Azienda Agricola R. Zeni e la Distilleria Zeni.

Nel 1988 l’azienda ha acquistato un vigneto di 12 ettari denominato Schwarzhof Maso Nero, collocato sulla collina di Sorni, lungo la Strada del Vino a una altitudine di quattrocento metri, con esposizione Sudovest e con una pendenza oscillante tra il 40 ed il 50%, terreno calcareo dolomitico.

Il maso, data la situazione precaria ed obsoleta del vigneto, ha subito un grosso miglioramento fondiario che ha coinvolto sia la sistemazione del territorio, che la tipologia del sistema d’allevamento del vigneto. 

Nel 1994 la conversione del vigneto Maso Nero inizia a dare i primi frutti conferendo un’ulteriore impronta qualitativa a vini come la Nosiola, il Sauvignon Blanc, il Pinot Nero e il Moscato Rosa. Sempre nello stesso anno la volontà di credere in un vitigno autoctono trentino, la Nosiola, massima espressione del territorio, ha portato a credere nelle potenzialità dell’uva Nosiola come base per uno spumante rifermentato in autoclave con il metodo Martinotti. Nasce così “Arlecchino”, vino simpatico, ottimo come aperitivo, ma che si presta bene anche per accompagnare antipasti e primi piatti a base di molluschi e crostacei. 

Tra le bollicine dell’azienda ricordiamo il TrentoDoc Maso nero millesimato, la Riserva Blanc de Blancs, il Maso Nero Rosé e il Dosaggio Zero da uve Pinot Bianco. E, sempre a proposito di Riserve, il Teroldego Rotaliano Pini affinato in piccole botti di rovere e il mitico Moscato Rosa, fiore all’occhiello dell’azienda. Oggi l’azienda produce 200 mila bottiglie ottenute dalla lavorazione di una superficie vitata di circa venti ettari. In alto i calici.

Nella foto: il giornalista Giuseppe Casagrande consegna la clessidra di Platino alla famiglia Zeni: A sinistra Rudi, figlio di Roberto. A destra Andrea Zeni.


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Redazione

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