Tribuna

Pranzo o cena?

Prima di invitare persone a mangiare da noi è necessario stabilire il tipo di trattenimento che vogliamo offrire e, secondo l’occasione che si vuole festeggiare, il numero degli ospiti, senza trascurare l’ampiezza della casa nonché la quantità di posti disponibili.

Lo sappiamo tutti che non è la stessa cosa invitare a pranzare o a cenare. Sono due momenti diversi della giornata che necessitano anche di menu differenti e implicano pure abbigliamenti distinti, cosa non trascurabile secondo il bon ton.

Condividere il cibo con qualcuno ha in sé un significato profondo, carico di simbolismo. Il pasto è un rito, anche se oramai quasi nessuno lo percepisce in questo modo.

Tutti i conviti dell’antichità iniziavano al tramonto. I Romani più abbienti dell’epoca imperiale trasformarono le antiche solennità, speciali e rare nel corso dell’anno, in avvenimenti più frequenti, indotti dal desiderio di manifestare la loro opulenza. Tale consuetudine fu ripresa dopo i secoli bui dalla società cortigiana del Rinascimento e il convito diventò una rappresentazione teatrale della magnificenza dell’anfitrione.
Così ancora nel ‘700, quando il pasto principale dei ceti abbienti era ancora solo quello serale, frequentemente con invitati.

Io personalmente tra pranzo e cena faccio un distinguo fondato sulla tipologia di persone che penso di invitare alla mia tavola.
A parte il piacere dell’improvvisata ossia dell’invito a caldo in tutta amicizia all’ora di pranzo, se intendo organizzare qualcosa di molto easy invito a pranzo preferibilmente persone che siano amici intimi o anche stretti parenti, sia nella quotidianità settimanale sia nelle festività.
Questo orario induce a sentirsi più sciolti, meno formali, consente maggiore famigliarità. È sostanzialmente meno impegnativo soprattutto per l’ospitato, quindi è orario perfetto quando non si vuole dare un tono troppo convenzionale all’invito.
Tale orario potrebbe andare bene se si abbia occasione di invitare capi o colleghi, o persone singole, che possono presentarsi anche in abbigliamento informale.

Trovo molto più convenzionale convocare persone per una cena.
L’apparato è diverso, il menu è diverso e altrettanto il tempo e la cura impiegati. Alla sera è diversa anche l’atmosfera per quanto si voglia improntare la riunione su un tono di intimità, al di là della qualifica degli invitati.

L’orario serale, inoltre, rappresenta occasione di maggiore relax, di piena libertà da altri impegni, invoglia a una sorta di confidenzialità negli argomenti della conversazione, specialmente se dopocena ci si indugia a gustare un liquorino o un calice di vino prezioso che in gergo enologico viene detto “di meditazione”.

È a cena, comunque, che vanno invitate le persone di riguardo.

donna Maura
m.sacher@egnews.it


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