Tribuna

Più formazione per ristoranti e hotel, Italia a Tavola propone la Laurea Accoglienza

Nel corso del convegno di apertura della 10ª edizione del Premio Italia a Tavola, appena conclusa a Bergamo, è emersa la necessità di capire e sfruttare il potenziale dell’Horeca, e avvalersi di operatori sempre più qualificati, partendo dalle basi, dalla formazione nelle scuole e sul campo.

L’incontro, dal titolo “Più formazione per ristoranti e hotel. Da un nuovo alberghiero alla laurea accoglienza”, ha evidenziato una panoramica generale della situazione grazie alle esperienze dirette portate dai relatori e da molti partecipanti al dibattito, con il dito puntato sulle differenze di formazione di base e di approccio al lavoro nel settore, non solo per le nuove leve ma pure per chi si ritiene già esperto del settore.

Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola, coordinatore della prima parte del Convegno, ha subito chiarito la sua posizione: «Abbiamo l’immagine di un cibo che è solo presentazione degli chef star, ma non è quello di cui noi vogliamo discutere. Vogliamo dare l’idea di tutto il mondo che ruota attorno ad un piatto: c’è una prima rete, quella dei produttori, ci sono le grandi industrie alimentari e le piccole-medio imprese (da non dimenticare); poi chi lavora nei ristoranti, negli hotel e ancora chi fa impianti elettrici, per la climatizzazione, per cotture, insomma chi partecipa alla grande catena del settore: se non teniamo conto che c’è tutta questa realtà attorno al cibo, è difficile immaginare un futuro. Noi abbiamo identificato due interventi urgenti sui quali lavorare: formazione e innovazione. Per quanto riguarda la formazione c’è molto da fare, basti pensare che non c’è un sistema ben coordinato ed efficiente a livello di istituti alberghieri e che non esiste la possibilità di continuare i propri studi in ambito universitario».

Non sono mancate denunce forti, come chi, intervenendo nel dibattito, ha detto «Purtroppo arrivano ragazzi dagli istituti alberghieri con grandi conoscenze di piatti innovativi, ma senza sapere cosa siano i piatti tradizionali e senza conoscere le tecniche base, l’impasto ad esempio».
E più nello specifico da parte di Lino Stoppani, presidente Fipe, il quale, ricordando che «occorre tanta gavetta nel nostro settore e quindi molto tempo da spendere imparando dai propri maestri», si è espresso con scetticismo riguardo al «sostegno incondizionato dichiarato dalla politica sia reale, perché al momento suona come una contraddizione. La recente legislatura ha fatto scelte che hanno rischiato di portare alla deriva il nostro settore perché ha consentito a tutti di poter fare tutto (anche con rischi relativi alla sicurezza alimentare) e ha azzerato l’importanza dei requisiti professionali».
Per Giorgio Palmucci, presidente di Confindustria Alberghi, «È necessario che si sappiano le lingue, ma che si conoscano anche le culture dei diversi Paesi per saper accogliere al meglio qualunque cliente».

Riguardo all’idea di Italia a Tavola di istituire una Laurea in Accoglienza, Stoppani ha commentato: «Sicuramente è una buona idea che porterebbe indubbi vantaggi culturali e poi vantaggi specifici che rafforzano le nostre eccellenze di settore. Vanno tuttavia valutati rischi legati innanzitutto a quello che sarebbe un accesso ritardato alle professioni», mentre Costantino Cipolla, dell’Università di Bologna ha commentato: «Il settore è un grande mix di conoscenze, di arti, di scienze ed è per questo che l’idea è buona se avviata in un Ateneo che sappia offrire tutte queste discipline. Una cosa è certa: non si può più fare a meno di pensare che un percorso universitario non sia necessario».

 

Maura Sacher


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