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Ogm o Droni per la salute del mais?

Il mais, nelle sue varietà, risulta il cereale più diffuso al mondo, oltre il 90% ha destinazione zootecnica, nutrimento base di molti modelli intensivi di allevamento, ma è una pianta facilmente attaccata da insetti quali la temuta piralide e da specie fungine che distruggono il raccolto o lo guastano, inquinando le sue proprietà.

Pericoli che gli agricoltori conoscono molto bene; il mais in queste condizioni non può essere destinato all’alimentazione né degli uomini né degli animali, giacché le aflatossine che si sviluppano sono classificate “agenti cancerogeni per l’uomo”.
La produzione di aflatossine può avvenire non solamente in campo, a causa di condizioni climatiche stressanti per la pianta come la persistente siccità o per altri fattori colturali, come scarsa irrigazione, epoca di semina ed epoca di raccolta, ma anche durante le fasi di stoccaggio del raccolto.
Ciò indubbiamente crea un danno sia alle aziende agricole sia a quelle zootecniche, e provoca conseguenze dirette nel settore caseario come la recente scoperta in un’azienda friulana di quantitativi di latte contaminato da aflatossine.

Questo è stato uno dei problemi discussi nell’assemblea di Confagricoltura Pordenone, svoltasi a Sequals. “È  assolutamente ingiusto, ha rilevato il suo presidente, che le imprese zootecniche vengano messe sul banco degli imputati a causa di questo problema, quando spesso acquistano in buona fede del mais magari contaminato e non lo possono sapere. Bisogna trovare delle soluzioni (ogm compresi), altrimenti in queste condizioni vengono doppiamente danneggiate”.

Tuttavia alcune Regioni hanno emanato linee guida per arginare il problema dei funghi e della contaminazione tra le piante malate e quelle sane, ad esempio: anticipare la raccolta, diminuendo il tempo di permanenza in campo dopo la maturazione fisiologica; non lasciare essiccare il mais sul campo; regolare la trebbiatrice per ridurre le rotture ed eliminare la maggiore quantità di impurità possibile; ridurre l’intervallo di tempo tra raccolta ed essiccazione; mantenere l’umidità finale della granella adeguata alla durata dello stoccaggio, eccetera (fonte: Agricoltura Regione Lombardia).

Spesso con alti livelli di aflatossine coincide la presenza di insetti infestanti, specie la piralide del mais, considerati tra i maggiori responsabili della contaminazione, e per la veicolazione delle spore fungine e per il danneggiamento alla pianta che aumenta il rischio della sua esposizione all’attacco fungino.

Almeno una soluzione alternativa agli ogm, per rinforzare il mais, c’è: attaccare la piralide.

Da alcuni anni nelle campagne lombarde è iniziata una lotta biologica utilizzando il Trichogramma brassicae, un imenottero che per sua natura ama molto le uova di piralide. Ma c’è di più: ora non occorrono né braccia umane né mezzi meccanici per spolverare sopra i campi di mais nugoli di queste specie di vespe, basta un “drone”.  

Un vero “aiuto dal cielo” dalla forma altamente tecnologica, fornito di un serbatoio carico di palline di cellulosa biodegradabile piene di larve di imenotteri, che – sganciate sopra i filari di mais – nel giro di due/tre settimane si schiudono e si sviluppano con nascite scalari. Ciò permette di coprire il periodo da inizio luglio a fine agosto e neutralizzare le uova della piralide, che in questo periodo riesce a incrementarsi fino a tre generazioni.  

Impatto zero: senza inquinamento, il drone è alimentato con una batteria, senza veleni e senza perdite di raccolti da calpestamento.

Coldiretti Lombardia con l’Associazione Mantovana Allevatori ha chiesto alla Regione di valutare la possibilità di incentivare e supportare tale tecnica, nell’ambito del PSR 2014-2020.

Maura Sacher


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