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Non se ne può più: giù le mani dai nostri mari

Della discriminazione che l’Europa agisce nei confronti dell’Italia anche in materia di pesca ci siamo lamentati più volte, accogliendo le delusioni e la rabbia dei nostri pescatori e delle categorie che li rappresentano.

Abbiamo sempre confidato che sui processi decisionali, che lassù vengono adottati e, ahimè, prevalentemente a discapito del settore ittico e agroalimentare italiano, almeno i nostri rappresentanti in seno alle Commissioni e al Parlamento qualche forte voce l’avrebbero alzata, per difendere i nostri mari, la nostra pesca, la nostra economia, la nostra tradizione gastronomica.

Ma, neanche a dirlo, chi si vanta di rappresentarci o è sordo o è muto, alle volte tutte e due assieme. Solo quando parlano alla televisione italiane si fanno grandi, dando a credere all’opinione pubblica che lavorano per l’interesse nazionale.

In pratica adesso l’abbiamo capito chiaro, una volta per tutte.
A Bruxelles non decidono niente in merito alla pesca. Tutto è in mano alla FAO, o meglio alla Commissione Generale della Pesca nel Mediterraneo, CGPM, organismo esistente dal 1949 che si è preso la competenza del mar Mediterraneo, il mar Nero e le acque adiacenti. Tra i suoi paesi membri vi sono alcuni Stati facenti parte dell’Unione europea (cioè Italia, Francia, Spagna e Grecia, Cipro e Malta), nonché l’Unione stessa.
In base allo Statuto interno della CGPM, l’Unione, quale membro dell’organizzazione internazionale al pari degli altri Stati membri, pertanto, è tenuta ad adeguare il proprio ordinamento agli atti vincolanti adottati dalla stessa.
Limpido no?

Il nocciolo della questione è proprio questo: a destare preoccupazione degli addetti ai lavori del comparto ittico è il processo decisionale dei regolamenti, chiaramente affidato agli Uffici, senza passare ad altri livelli di discussione, e voto, tra i parlamentari.
Ossia, in pratica, le proposte che arrivano dalla CGPM vengono tutte rapidamente accettate e trasposte automaticamente in Regolamenti UE, senza alcun coinvolgimento del Parlamento europeo riguardo la normale procedura legislativa.

Insomma, ancora una volta siamo in mano all’arroganza grezza di burocrati.
La categoria dei componenti il sistema burocratico non ha anima ed è cieca e sorda ad ogni ricaduta economica e sociale sui cittadini.

Il consumatore non può nemmeno immaginare a quante normative è assoggettata l’attività di pesca.
Non ne possiamo più.
Se ne rendano conto quelli che stanno sui loro scranni imbottiti!

Maura Sacher


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