Stile e Società

Napoli e Trieste finiscono in cialde

Napoli e Trieste, due città accumunate dal concetto che il caffè è un rito, uno stile di vita, dove ogni ora della giornata è buona per una sosta a rigenerarsi con lo squisito “oro nero”, al bar o nella propria dimora, ma anche in un corridoio dell’ufficio, in piedi o seduti, da soli e ancor meglio in compagnia.

A Napoli, per antonomasia patria della “tazzulella” e della caffettiera, e a Trieste, capitale dell’import-export, fin dal 1700 porto dei traffici dei preziosi sacchi di chicchi, sono state dedicate le due nuove edizioni annuali di caffè in cialde di una nota marca che si avvale del fascino di Mister Clooney per fare promozione. L’intento aziendale è di ispirarsi alla grande tradizione locale, e le due città italiane rappresentano senza dubbio un mito in fatto di cultura del caffè.

Trieste è nel mondo anche l’immagine dell’unica città in cui esistono quasi una ventina di modi per ordinare un caffè al bar: ‘stretto’, ‘lungo’, ‘nero’, ‘deca’, ‘capo’, ‘capo in B’ (bicchiere), ‘capo con’ (schiuma), ‘capo senza’ (schiuma), ‘macchiato’, ‘gocciato’, ‘con panna’, ‘senza panna’, eccetera, e i forestieri devono in fretta abituarsi, anche perché la presa dell’ordine è così veloce che non c’è tempo di mettersi a discutere sul caffè che si desidera veramente. Trieste è anche sede del Museo del Caffè che lo scorso anno nell’ambito di TriestEspresso Expo 2012, ha stretto il suo quinto gemellaggio con i Musei nazionali europei, e ne è la sede ideale giacché qui l’industria del caffè vale 291 milioni di euro dall’importazione dei chicchi alla tazzina del bar, con una movimentazione attuale di 115mila tonnellate all’anno.
Napoli dal canto suo ha un’altra tradizione che affonda in quella generosità e creatività che contraddistingue i napoletani e nasce da lontano, nelle epoche in cui la miseria faceva sentire tutti sullo stesso piano. Si tratta del “caffè sospeso”: un cliente ordina un caffè sospeso, paga due caffè ma ne riceve uno, l’altro resta a disposizione, fino a quando una persona indigente entra nel bar e chiede se c’è un caffè sospeso, in tal caso è come se gli fosse stato offerto dall’altro avventore. Questa usanza è ormai scomparsa, ma lo scrittore Luciano De Crescenzo l’ha fatta riscoprire e ora Napoli ha la “Giornata del Caffè Sospeso”, il 10 dicembre.

A Napoli, il prestigioso ‘Gran Caffè Gambrinus’ guarda caso è sito in Piazza
Trieste e Trento, e la città partenopea ha in comune con la alabardata la caratteristica di concepire le caffetterie come templi di cultura, dove le élite letterarie e artistiche si davano (e si danno, almeno in quelle sopravvissute al riciclo dei locali per altre attività) appuntamento, per riunioni, conferenze, eventi culturali o anche solo per mettersi seduti a studiare qualche oretta con solo un caffè davanti, anche se a Napoli c’è sempre un contorno di delizie dolciarie che a Trieste mancano.

La dedica alla due città di una miscela in capsule è solo un’iniziativa di marketing, ma per quanto un nome possa evocare un’atmosfera, un ricordo, nulla è paragonabile alle percezioni di tutti i cinque sensi stimolati dall’essere proprio lì, in un caffè a Napoli o a Trieste, a sorseggiare goccia a goccia in piena consapevolezza.

Maura Sacher
m.sacher@egnews.it


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