Vino e Ristoranti

Lo strano vino di Josko Gravner

Non chiedete a Josko Gravner dati tecnici sul suo vino: quanto zucchero ha, il suo grado di acidità: non li sa, perché comunque non intervenendo in alcun modo sul vino, saperlo gli è superfluo.
Parte da questo semplice assunto, un modo di coltivare e vinificare tutto personale: partendo dal biodinamico, ed arrivando alle anfore da vinificazione per la fermentazione e l’invecchiamento.
La perfezione dei filari di vigne che crescono in un anfiteatro naturale ad Oslavia, nelle colline del Collio, proprio al confine con la Slovenia, riflette la tenacia e la laboriosità di questo popolo rude, a volte burbero, poco incline ad inutili espansioni ma pieno di forza vitale.
Seguendo i dettami Steineriani, cipressi e altre piante da frutto, interrompono la monocoltura, creando alternanza; un stagno incastonato tra le valli ricrea quell’equilibrio naturale andato perduto con la chiusura indiscriminata negli scorsi decenni di tutti i fossati e poi tanti nidi artificiali, per ospitare uccelli e ricreare un equilibrio naturale perfetto.
Ovviamente nessun trattamento chimico, solo rame e zolfo alternati dall’uso di alghe marine e propoli, ancora in fase sperimentale ma con buoni risultati,
Ma a rendere unico il vino di Gravner sono i pochissimi grappoli per vigna, cui viene anche tolta la punta per ottenere migliore concentrazione, e la raccolta tardiva, a metà ottobre, quando tutti gli altri hanno già finito di vinificare.
Alla continua ricerca di metodi naturali, Gravner parte nel 2000 e se ne va in Georgia, dove ancora oggi i contadini producono il proprio vino con le anfore. Ne carpisce i segreti ed inizia ad importarle perche qui vengono prodotte senza residui di metalli pesanti e coibentate con semplice cera d’api.
È di questo periodo la decisione di espiantare progressivamente tutti i vitgni internazionali ed orientarsi solo su due autoctoni: Ribolla Gialla e Pignolo.
La vinificazione segue regole antiche, ormai desuete: veloce pressatura senza togliere ne raspi ne bucce, ed il mosto posto a fermentare nelle 46 grandi anfore interrate in cantina. imageUn controllo della temperatura del tutto naturale. Finita la fermentazione, si passa alla svinatura e torchiatura; il Pignolo passa subito al legno mentre la Ribolla ritorna in anfora per la fermentazione malolattica; qualche mese ancora per poi passare al legno.
Lunghi passaggi in legno prima di andare in bottiglia con un risultato finale che a prima vista può lasciare perplessi: colori ambrati che possono lasciar fraintendere ossidaura ma che una volta portati al naso sprigionano profumi puliti di tabacco ed una freschezza inaspettata.
Quindici ettari coltivati a rese bassissime, tempi lunghissimi per la maturazione del vino fanno dei vini Gravner, vini di nicchia, per intenditori, fuori da ogni disciplinare. Per esaltarne i profumi vanno serviti a temperatura non troppo fredda, magari nei bicchieri ideati dal signor Gravner in persona. Vini che a provarli sono davvero un’esperienza unica.


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Sonia Biasin

Giornalista pubblicista, diploma di sommelier con didattica Ais e 2 livello WSET. Una grande passione per il territorio, il vino e le sue tradizioni.

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