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L’ISPRA ha ragione e siamo tutti cretini, non gretini

L’ISPRA, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ogni anno pubblica un Rapporto sul consumo del suolo, monitorando le variazioni delle superfici agricole, seminative, naturali del nostro Paese, ossia quanto viene perso, trasformato, artificializzato, urbanizzato.

I rapporti dell’ISPRA documentano che il cosiddetto “consumo del suolo” in espansione orizzontale da una parte include il danno di superfici naturali ed agricole, per realizzare infrastrutture edilizie (ad esempio la costruzione di fabbricati industriali e commerciali, parcheggi, reti ferroviarie e autostradali con i loro svincoli, campi sportivi, aree estrattive, discariche, eccetera), e da un’altra parte comprende l’estensione di aree agricole in ambiti naturali.

Nell’edizione 2019 del Rapporto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, l’ISPRA presenta i nuovi dati sul consumo di suolo in Italia, calcolandolo regione per regione, e dichiara che, con l’aumento del 180% di consumo di suolo dagli anni ’50 ad oggi, la superficie naturale in Italia si riduce ogni anno, aumentando gli effetti negativi sul territorio, sull’ambiente e sul paesaggio.
Negli ultimi sei anni, secondo le stime, «l’Italia ha perso superfici che erano in grado di produrre tre milioni di quintali di prodotti agricoli e ventimila quintali di prodotti legnosi, nonché di assicurare lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio e l’infiltrazione di oltre 250 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde aggravando la pericolosità idraulica dei nostri territori. Il recente consumo di suolo produce anche un danno economico potenziale compreso tra i 2 e i 3 miliardi di euro all’anno dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici del suolo».

Aumentando gli effetti negativi sul territorio, sull’ambiente e sul paesaggio, come riconosce l’ISPRA, si incide anche sul clima delle aree locali, regionali, nazionali, mondiali. In parte, certo, essendone solo una concausa. E si tratta di migliaia di ettari, anche con il beneplacito delle amministrazioni locali. Benché, al momento, qualcuna pare ci abbia ripensato.

Sono anni che le varie associazioni ambientaliste manifestano ed arrancano i partiti dei verdi per farsi ascoltare, e oggi una ragazzina svedese è stata immolata alla causa della difesa dell’ambiente. Non ci addentriamo nelle motivazioni dei cambiamenti climatici del Globo Terrestre, i quali riteniamo rientrino nei cicli della storia della Terra e dei popoli, un problema montato ad arte dai catastrofisti e da chi cerca di averne tornaconto, pensiamo, invece a quanto siamo cretini a lasciar scomparire milioni e milioni di ettari di verde in tutto il mondo (la deforestazione a partire dall’Amazzonia, ma anche nell’Europa Balcanica) e pure in casa nostra, ad esempio, con i disboscamenti in pianura e collina per dar spazio a nuovi impianti agricoli e vigneti a vantaggio di aziende che tendono a quotarsi in Borsa, o abbattimenti di alberature in città per far spazio a zone pedonali, parcheggi, nuovi stadi, o ad opere faraoniche di infrastrutture lasciate morte a metà.

Mentre vanno perduti ecosistemi locali ad opera dell’uomo, ci si lamenta dell’innalzamento della temperatura globale dell’atmosfera, incolpando di ciò genericamente l’attività umana, ma senza riferirsi a quella diretta e precisa della sorta di esseri, che ne vogliono trarre vantaggio, ben individuabili.
Lasciamo pure agli scienziati, ai climatologi, ai vulcanologi, ai geofisici il loro lavoro di studio, noi nel nostro piccolo, pur dando voce agli imprenditori agricoli che fanno egregiamente il proprio mestiere, per rispetto del Mondo in cui viviamo, se non siamo del tutto cretini.
Non possiamo che condivide l’opinione che proteggere il suolo dagli abusi, in nome di discutibili interessi economici, significa anche guardare al benessere futuro delle generazioni che seguiranno.

Maura Sacher


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